Analisi & Commenti

Morire di PCTO, tragica fatalità o piuttosto cronaca di una morte annunciata?

di Maria Rosaria IACOE

Leggere certe notizie lascia increduli e sgomenti, come ricevere un improvviso, inatteso e proditorio pugno nello stomaco.

Il primo pietoso pensiero va alla giovane età della vittima (appena 18 anni), contemporaneamente viene spontaneo chiedersi se fosse proprio inevitabile che l’irreparabile accadesse.

In mezzo a una ridda di interrogativi che turbinano in testa, non per spostare l’asse del discorso sull’incidentale e sull’interlocutorio, una domanda si fa strada:

si può morire anche di istruzione e formazione, di quella scuola che dovrebbe, a rigore di logica, aiutare a crescere e a vivere come “uomini e cittadini”? Purtroppo pare proprio di sì!

Sì, quando gli studenti sono allontanati dai saperi che chi non sa considera “inutili”; quando vengono caricati di orpelli, questi si inutili, che li allontanano dai banchi, dalle opportune riflessioni critiche che hanno guidato intere generazioni in quella sede ad acquisire quegli apprendimenti che aiutano a maturare e ad affermarsi in tutti i campi.

Viene da chiedersi anche se la nostra scuola può e sa fare PCTO. Le scuole tedesche sono organizzate per il tirocinio lavorativo, da cui però sono esclusi i licei …

E dopo la tragedia anche l’atroce beffa: alla famiglia, forse, non saranno rimborsate neanche le spese funerarie, in quanto l’assicurazione (pari a euro 5,70) stipulata dalla scuola  non basta neanche per curare una escoriazione.

L’azienda? Non è una novità che molte di loro spesso non tutelano nemmeno i propri dipendenti.

È l’ennesimo flop della scuola italiana.

                                                                        

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