Analisi & Commenti

Pensionamenti e assunzioni nella scuola, un’ipotesi per favorirli

di Davide Capobianco 

La precarizzazione del lavoro, lo scarso riconoscimento sociale, le basse retribuzioni, il continuo logoramento psicofisico dovuto alle condizioni stressanti di lavoro (aule spesso sovraffollate, continuo cambio di sede, impegno contestuale spesso in molte scuole, a volte molto distanti) sono alcuni degli aspetti che affliggono i docenti, aggravati anche dall’innalzamento dell’età pensionabile.

Intervenire sull’età pensionabile, abbassandola, per soggetti sottoposti a forti stress e a “malattie professionali” può, tuttavia, essere anche una soluzione per favorire il ricambio generazionale della categoria e per dare una risposta ai problemi occupazionali di tanti docenti precari che da anni attendono una stabilizzazione della propria situazione lavorativa.

La proposta per liberare ulteriori posti di lavoro, oltre a quelli determinati dai contingenti annuali dei pensionamenti secondo la normativa vigente, potrebbe essere la seguente: premesso che la differenza tra la spesa lorda che lo Stato sostiene per un docente che ha raggiunto il massimo livello stipendiale (47 mila euro circa) e un docente neoassunto (32 mila euro circa) è di pressappoco di 15 mila euro, si dovrebbe dare la possibilità ai docenti che abbiano raggiunto il massimo livello stipendiale di lasciare volontariamente in anticipo il proprio posto di lavoro che verrebbe occupato con una nuova assunzione; lo Stato sosterebbe sempre la stessa spesa destinandone una parte per il pagamento del neoassunto e l’altra parte (circa 15 mila euro) la verserebbe all’INPS fino alla data di pensionamento prevista dalla normativa vigente. In tal modo l’INPS erogherebbe al docente in anticipo pensionistico una pensione mensile a costo zero, integrata dal TFR rateizzato. Infatti, su richiesta dell’interessato, lo Stato potrebbe liquidare comodamente il TFR del docente in anticipo volontario pensionistico in rate mensili per un periodo di 10/15 anni. Ciò consentirebbe ai docenti non ancora in età pensionabile, ma che hanno raggiunto il livello stipendiale più alto (35 anni di servizio) di essere collocati in pensione senza gravare sulle finanze pubbliche.

La mia è solo un’ipotesi, la cui fattibilità andrebbe verifica e valutata, ma comunque considerata, vista la necessità da una parte di individuare soluzioni riguardo alla condizione di oggettivo malessere che interessa i docenti prossimi all’età pensionabile e dall’altra di venire incontro ai problemi di stabilizzazione di tanti giovani docenti precari.

 

Davide Capobianco, presidente Sezione AND Napoli

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