Analisi & Commenti

Una grande farsa annunciata. La promessa di flessibilità pensionistica a “costo zero”

 

 

 

Dopo il cavallo di Troia del “tutto contributivo” dell’opzione donna, entrato con l’inganno soprattutto nella scuola, dove maggiore è la presenza al femminile, chi spera in una revisione delle famigerata legge Fornero, è costretto a vivere di tante promesse sin dall’inizio della sua applicazione e niente fatti.

Si consumano anni di lavoro supplementare rispetto a chi è andato in pensione soltanto quattro o cinque anni fa. Per non parlare di chi ci è andato con le baby pensioni. Si producono ulteriori danni all’economia del Paese in termini di turn over e mancata occupazione giovanile, per citare soltanto quelli più evidenti.

Questo avviene peraltro in un Paese che ha il più alto tasso di disoccupazione giovanile, nella scuola il più alto tasso di anzianità d’Europa del personale docente. Due sole generazioni pagano tutto il conto per tutti, quella di chi è prossimo alla pensione, che si vede spostare il traguardo ogni volta più in là e quella dei giovani, disoccupati, che non riescono ad entrare nel mondo del lavoro. C’è poi una larghissima fetta di dipendenti pubblici e privati, posta in mezzo fra giovani e anziani, sopraffatta dall’indifferenza e dal “chi vivrà vedrà”, mentre i governi che si sono succeduti non hanno promosso alcuna iniziativa come “i fondi pensione” o le assicurazioni integrative, un qualsiasi intervento di carattere previdenziale per i giovani che ancora studiano, i precari o i fortunati che entrano nel mondo del lavoro più o meno stabile, ma non prima dei 30 anni di età nel nostro Paese, un beneficio almeno in termini di contributivi figurativi.

Questa generazione di mezzo sembra rassegnata a non avere mai una pensione dignitosa, comincia a pensarci dopo 30 anni di servizio o giù di lì, malgrado si veda anch’essa succhiare nel cedolino dello stipendio dall’Inps e dall’erario ogni mese una cifra spropositata, per i docenti il famoso “costo Stato” del primo libretto patinato della “buona scuola” che faceva pensare a stipendi doppi rispetto a quelli netti per renderli ancora più “simpatici” all’opinione pubblica o nascondere la vergogna di mantenerli sottopagati, anche su questo ultimi in Europa. Si pretendono riscatti onerosissimi che l’Inps ha il coraggio di incassare senza pudore per periodi di studio, di pre-ruolo o di sottoccupazione che in altri Paesi sono già coperti dal bilancio dello Stato sociale, questi sì rivalutati a differenza dei contributi, impossibili da pagare e calcolati su di una vita media secolare o sull’aspettativa di vita, altra invenzione solo made in Italy. 

Anche se si volesse parlare di “tutto contributivo” tout court, non ci si pone la domanda più ovvia su quei contributi che sono considerati ai fini della pensione con i valori di alcuni decenni fa, mai rivalutati nella giusta misura rispetto al costo reale della vita. Nella Scuola, per di più, malgrado la sentenza della Consulta, ancora niente sul nuovo contratto, fermo da 9 anni per la parte economica e quindi anche per i contributi previdenziali relativi, anche questi in proporzione bassi e, in prospettiva, di una pensione bassa. Ogni anno è stato buono per parlare a vuoto e promettere un allentamento della riforma Fornero, devastante tanto da essere indicata, l’autrice formale, come la donna più odiata dagli italiani, utile solo a fare cassa sulla pelle di chi lavora ed evitare di mettere mano ai privilegi della casta, pensioni d’oro e d’argento, agli sprechi, alla corruzione della politica e negli appalti, al sostegno di banche avventuriere, all’evasione fiscale, alla corsa agli armamenti e a discutibili missioni all’estero, al carrozzone Inps, con ex Inpdap incorporato, che continua ad occuparsi di tutto, nella commistione impropria di previdenza e assistenza. Questi sono tutti costi “compatibili” con il bilancio dello Stato? E’ l’Europa, evocata a convenienza e in qualsiasi occasione, la Merkel o la troika che chiede questo, o il marcio è tutto o quasi tutto italiano?

Oggi dunque si ritorna a parlare, con qualche pretesa di maggiore attendibilità tutta da verificare, di introdurre norme di flessibilità sulle pensioni nel 2016 e si cominciano a sentire i primi interventi di improbabili difensori dei lavoratori, come il noto Presidente di commissione della Camera on. Damiano, i sottosegretari al Ministero dell’economia on. Baretta e on. Morando, lo stesso Ministro del Lavoro Poletti e vari altri che ad ogni discorso concludono con la riserva della “compatibilità dei conti…, di assicurare un futuro alle pensioni dei giovani…”, fino alle dichiarazioni più recenti che arrivano ad ipotizzare una riforma della riforma “a costo zero”. Si riparte con il piede sbagliato e all’orizzonte si rischia di vedere più tempesta che qualche segno di schiarita. Occorre allora specificare che, quando si parla di “costi”, c’è da soffermarsi per un attimo su due caratteristiche precise comprensibili a tutti, poi ci sono, se si vuole, altre letture più specialistiche. Ebbene, queste due caratteristiche fondamentali, se parliamo di opzione donna e di pensioni, sono molto semplici. La prima è che quelle cifre che si intendono stanziate nelle leggi di stabilità, obbligatorie ormai per Costituzione, sono riferite al solo anno solare in corso e, come abbiamo visto per opzione donna, poi lo Stato può riprendersi tutto e di più dalle stesse “beneficiarie” negli anni seguenti, sottraendo loro ogni mese e per tutta la loro vita cifre che vanno dai 400 agli 800 euro.

E’ lecito, quindi, chiedere subito al governo di Matteo Renzi, al PD di Matteo Renzi, al Parlamento di Matteo Renzi, se hanno in mente lo stesso meccanismo quando parlano di “flessibilità”, se stanno cercando di trovare un modo impossibile di fare “a costo zero” una finta revisione della riforma Monti/Fornero, costruire a tavolino un’altra bugia, servire un’ennesima beffa ben confezionata che verrà ancora una volta mistificata mediaticamente, per apparire come una concessione. Andiamo rapidamente a vedere l’altra caratteristica semplice del bilancio dello Stato, dopo aver capito cosa si intende per “costo”, attuale e annuale. La seconda caratteristica del “costo” sulle pensioni è più sofisticata, posto che la famigerata legge Fornero assicura allo Stato di far cassa dei nostri contributi previdenziali per miliardi di euro ogni anno, e si ritiene a torto che tutto quello che viene meno a quella cassa per loro diventa “un costo”. Cioè, se lo Stato stanziasse qualcosa nel suo bilancio 2016 e seguenti, da qui la “compatibilità” e “l’equilibrio dei conti”, dovrebbe comunque prescindere da quei proventi della Fornero che considera come già acquisiti e intoccabili. Di quale flessibilità dunque stiamo parlando?

E’ evidente che parliamo del nulla, o di opzione donna estesa a tutti e del “tutto contributivo”, o di forti penalizzazioni. A meno che non si mettano soldi veri e si smentisca l’evidenza che quella legge iniqua e dannosa non la si vuole toccare per un patto scellerato fra tutti i partiti, complici i sindacati confederali, ai quali fa comodo prendere ingenti risorse da chi ha lavorato una vita, trattenere finanche la liquidazione per anni, negare la perequazione. Spiace dover supplire alla mancata informazione, forse la prima e più grande colpa dei sindacati e degli organi di informazione asserviti. in questa Italia disinformata e manipolata. Discutano dunque di flessibilità, se davvero vogliono farlo, ma lo facciano con serietà e con chiarezza, dato che non esiste niente a “costo zero”, ma soltanto costi che possono spostarsi da un capitolo ad un altro. Per questi motivi, diciamo a Matteo Renzi, al suo governo, al suo Parlamento, al suo PD, che non ci siamo proprio, l’appiattimento e la continuità rispetto a Monti ci riporta indietro, lo zero virgola del Pil è al di sotto di tutti gli altri e causato da fattori esterni, il cambio euro-dollaro, il minor costo energetico e i tanti soldi della Bce. Chiediamo il coraggio di ripartire da 40 anni di contributi per tutti o quota 100 (età+contributi) senza se, senza ma e senza penalizzazioni. È il punto di equilibrio più ragionevole e adatto al nostro Paese, indispensabile soprattutto nella scuola italiana, sempre più affidata a docenti anziani usurati e demotivati. Anche le millantate “assunzioni” dei precari nella scuola, non diminuiscono più di tanto l’età media dei docenti italiani (40 anni era la media delle gae), coprono il turn over seppure già ridotto dalla Fornero, entrano tappabuchi e potenziatori e non si elimina lo stesso la supplentite.

Entro qualche anno in numero assoluto non ci saranno nella scuola pubblica più docenti di quanti erano prima della 107/2015, mentre c’è il rischio concreto che oltre un centinaio di migliaia di aspiranti docenti, quelli delle seconde e terze fasce, gli abilitati e specializzati pas e tfa siano invece tagliati fuori, se non si annulla un nuovo concorso già fuorilegge per il ritardo, e senza senso. Questo governo ha deciso di eliminare i precari, non il precariato. Molti, moltissimi, sono, tra quelli in servizio, i docenti e gli ata ai quali manca qualche anno, qualche mese o addirittura qualche giorno ai sacri e inflessibili “requisiti” per la pensione. Nella scuola costretti a fare un intero anno scolastico in più; vergognosa la storia degli ex quota 96 del 2012 a cavallo di due anni solari al momento della famigerata riforma, ingabbiati nell’anno scolastico allora in corso e penalizzati per 5, 6, 7 anni. Restituiscano, dunque, prima di tutto giustizia, certezze e non chiacchiere alla gente che lavora. Si finisca di penalizzare le donne italiane, che prendono in media 6000 euro annue in meno rispetto agli uomini, secondo le ultime statistiche Istat, si finisca di farlo con l’aggravante di voler affermare che si intende favorirle. Non si può continuare a parlare di pensioni e non fare nulla in concreto.

Aspettiamo uno scatto di orgoglio del sindacato, la cui non azione ai tempi di Napolitano e Monti, è concausa di quello che sta avvenendo e della sua stessa debolezza. Quando ci si vende a prezzo di saldo, è difficile dopo chiedere di essere seguiti. Lasciamo stare le varie opposizioni politiche interne o esterne a quel partito o quel movimento, la loro presenza ed efficacia non può non valutarsi che in termini di risultati. Siamo al quarto anno di vane promesse, la disinformazione e la propaganda fino a quando possono durare?

 

Salvatore Salerno (Presidente AND di Enna e Coordinatore Nazionale Dipartimento Previdenza)

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