di Redazione –
I dati emersi dall’indagine dell’Osservatorio sul Benessere dei Docenti dell’Università di Milano-Bicocca, ci dicono che quasi il 50% degli insegnanti è a rischio burnout, mentre il 20% soffre di presenteismo: si ostina cioè a rimanere sul posto di lavoro anche al di là dei propri obblighi o a prescindere dalle condizioni di salute. Una sorta di monitoraggio continuo che il laboratorio Health & Sustainability del dipartimento di Psicologia dell’Università Milano-Bicocca ha avviato per indagare il benessere dei docenti, a partire del 2007 a Milano, per estenderlo nelle edizioni del 2009, 2014, 2018 a tutta la Lombardia a cadenza biennale.
I tre principali indicatori di burnout nei docenti sono:
– Esaurimento Emotivo: si manifesta come una sensazione di stanchezza profonda, sensibilità emotiva e irritabilità. Gli insegnanti esausti emotivamente possono sentirsi sopraffatti dal carico di lavoro e dalle richieste quotidiane.
– Depersonalizzazione: questo indicatore riguarda la distanza emotiva che gli insegnanti possono sviluppare nei confronti degli studenti e del loro lavoro. Si traduce in una riduzione dell’empatia e può portare a trattare gli studenti come oggetti anziché come individui unici.
– Bassa Realizzazione Personale: questo indicatore riflette la percezione di inefficacia e la mancanza di soddisfazione nel proprio lavoro. Gli insegnanti con bassa realizzazione personale possono sentirsi demotivati e insoddisfatti delle proprie prestazioni professionali.
È fondamentale, secondo gli esperti, riconoscere questi segnali e adottare misure preventive per preservare il benessere dei docenti
Gli ultimi dati disponibili sono riferiti al 2022 e hanno coinvolto 5847 insegnanti di 449 scuole. “Il 48% dei docenti – spiegano i ricercatori di Milano-Bicocca – presenta livelli critici in almeno uno dei tre indicatori principali di burnout e il 4,6% è a forte rischio, avendoli tutti e tre a un livello critico. I dati sul presenteismo indicano che solo un insegnante su 4 non ha mai lavorato quando per ragioni di salute avrebbe fatto meglio a rimanere a casa”. Un dato preoccupante, che rappresenta un campanello d’allarme per la salute mentale di una categoria fondamentale per la nostra società.
Oltre al burnout, un altro problema diffuso tra gli insegnanti è, come si è detto, il presenteismo: una condotta lavorativa in cui la persona tende ad essere sempre attiva, presente e coinvolta nelle attività legate al proprio lavoro anche quando non dovrebbe, ad esempio perché in cattivo stato di salute. Un insegnante su cinque ha dichiarato, infatti, di aver lavorato più di cinque volte in condizioni di salute non ottimali.
Le condizioni lavorative degli insegnanti presentano delle differenze tra scuole e i diversi gradi di istruzione. I docenti delle scuole primarie riportano una situazione migliore rispetto ai colleghi delle secondarie, con migliori condizioni lavorative, maggior supporto del dirigente e una maggiore soddisfazione del proprio lavoro. I docenti più a rischio burnout sono quelli delle superiori, in particolare quelli dei licei; i docenti più giovani invece tendono ad essere più soddisfatti del proprio lavoro e a soffrire meno di presenteismo.
Nella ricerca si sottolinea ancora che, rispetto alle indagini precedenti, migliorano salute percepita e abitudini di salute per quanto riguarda l’alimentazione e il consumo di tabacco; relativamente all’attività fisica, i livelli sono migliorabili ma non critici: “Una percentuale molto bassa di insegnanti – scrivono gli studiosi – sembra invece mettere in atto comportamenti protettivi per la propria salute mentale”. Se le condizioni lavorative appaiono buone (anche se migliorabili), peggiora il “sovraccarico lavorativo” e emergono fatiche nella gestione della disciplina. Rilevata, infine, anche la necessità di una formazione continua, in particolare sulla didattica per contesti plurilinguistici e multiculturali e sulla didattica per competenze trasversali.