Pubblichiamo il testo dell’audizione del Prof. Francesco Greco, presidente dell’Associazione Nazionale Docenti sul DdL n. 2994/2015 di iniziativa del Governo. L’audizione si è svolta presso la Sala del Mappamondo, della Camera dei Deputati, di fronte alle Commissioni riunite di Camera e Senato, nell’ambito delle questioni relative al progetto di riforma del sistema nazionale di istruzione.
Il video della replica del prof. Greco, seguita agli interventi dei senatori e dei deputati, può essere visualizzato su Youtube. Mentre il video della relazione sul seguente link
Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e
delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti
XVII Legislatura – Progetto di legge 2994/2015
Audizione Commissioni Istruzione Riunite Camera e Senato
7 aprile 2015
Prof. Francesco Greco – Presidente Associazione Nazionale Docenti
METODO
Le nostre osservazioni attengono, in primo luogo, al metodo con cui il Governo ha inteso procedere per modificare le norme del sistema nazionale di istruzione e di formazione. Oggi discutiamo di un progetto di legge presentato solo pochi giorni addietro e nondimeno sottoposto ad un iter legislativo e ad una tempistica assai singolare, forse unica nella storia legislativa della scuola italiana e di questo Parlamento.
Singolare è anche la modalità di svolgimento di queste audizioni, svolte con Commissioni riunite di Camera e Senato, di cui personalmente non ho memoria negli ultimi vent’anni in materia di riforma scolastica. Forse ciò sta a significare che al progetto di legge non verrà apportata alcuna modifica da parte del Senato? Forse anche la stessa Camera, in considerazione delle problematiche che nascerebbero da eventuali ritardi alla presunta stabilizzazione di oltre 100 mila docenti, si limiterà a ratificare il testo governativo senza alcuna sostanziale modifica, seppur necessaria? Ci chiediamo, è possibile che un progetto di legge che intenda riscrivere i cardini del nostro sistema di istruzione e di formazione possa essere discusso ed approvato, per come qualche esponente del Governo ha dichiarato, in meno di sessanta giorni, meno del tempo necessario per convertire in legge un decreto legge, che come sappiamo interessa questioni limitate, straordinarie e urgenti? Se si riconoscesse l’urgenza della stabilizzazione dei precari della scuola, perché per questa questione non si è proceduti con un decreto legge? Tanto più necessario anche in considerazione della sentenza della Corte di giustizia dell’Unione Europea e di quelle dei tribunali nazionali che continuano a condannare lo Stato italiano.
Ma forse le nostre sono solo domande retoriche. D’altronde, a non pochi, sin dalla prima lettura del rapporto “la buona scuola”, era apparso chiaro quale fosse l’insano proposito del Governo, calare sul Paese l’idea di una grande riforma della scuola, per mascherare il rimedio ad un abuso del diritto –la reiterazione dei contratti ai precari-, da chi i diritti avrebbe dovuti garantirli, lo Stato italiano. E poiché il rimedio (le decine di migliaia di assunzioni) è un potentissimo scudo ad ogni critica, perché, avrà pensato il Governo, con l’occasione non smantellare quel che ancora resiste della scuola statale e farla scivolare verso quel sistema privatistico aziendale “all’italiana”, dove non si sa dove finisce lo Stato e inizia il privato? Se così non fosse in quale altro modo potrebbe essere definita una proposta che tiene insieme due distinte questioni, quella della stabilizzazione dei precari e quella della riforma della scuola, che necessiterebbero due distinte riposte legislative? Chi può negare l’effetto condizionante della prima sulla seconda? Ci troviamo, forse tutti, precari, sindacati e Parlamento di fronte ad un grande ricatto: pane in cambio della libertà? La stabilizzazione dei precari in cambio della cessione di diritti? D’altronde, se così non fosse, non si penserebbe neanche di chiedere al Parlamento di spogliarsi del proprio ruolo e della propria funzione dando al Governo, per come lo stesso richiede, una delega su ben 17 materie (quasi tutte le questioni che interessano o possano interessare la scuola), né di attuare la riforma, per come ancora il Governo richiede, derogando importanti norme procedurali.
Pertanto, sul piano del metodo, riteniamo essenziale stralciare dal disegno di legge la parte che interessa il piano delle assunzioni per la quale ben si può provvedere con un decreto legge e, sul resto, coinvolgere con un ampio piano di ascolto tutti i soggetti coinvolti, non come quello che abbiamo visto con la “buona scuola”, apportando modifiche e innovazioni al testo proposto dal Governo, eliminando le parti più deleterie, sostituendo o integrando quelle emendabili.
MERITO
Sul piano del merito, riteniamo che il progetto di legge vada nel verso opposto a quelle che erano le legittime aspettative del mondo della scuola e dei docenti. Il modello di scuola democratica, che precedeva la stessa autonomia scolastica, viene sistematicamente smantellato; viene eliminata ogni residua forma di partecipazione e di condivisione, svuotati di ogni potere deliberativo gli organi collegiali, la cui funzione diviene meramente consultiva.
Per contro, lo Stato trasferisce ai dirigenti scolastici un potere abnorme, con un vero e proprio atto di donazione a titolo gratuito, dal pubblico al privato, per i caratteri che assume l’esercizio di questo potere, sulla vita e sul destino della scuola italiana e sulle persone che vi lavorano e svolgo la propria funzione.
Eppure, ben sappiamo come dopo ben tre lustri dall’attribuzione alle scuole dell’autonomia scolastica e ai capi di istituto della dirigenza scolastica, il bilancio non è affatto positivo; ben sappiamo che l’introduzione nelle scuole della dirigenza è stata una scelta miope e profondamente sbagliata, tanto da determinare una sclerotizzazione burocratica ed autoritaria dell’organizzazione scolastica; ben sappiamo che la dirigenza scolastica non ha contribuito a migliorare l’efficienza gestionale delle scuole e, ancor meno, non ha prodotto effetti positivi sui risultati scolastici dei nostri studenti; ben sappiamo che con l’introduzione della dirigenza scolastica è peggiorato il clima all’interno delle istituzioni scolastiche e accresciuta in maniera esponenziale la conflittualità tra dirigenti scolastici, docenti e personale ATA.
Pur consapevoli di tutto ciò, si propone di trasferire ai dirigenti scolastici sproporzionati poteri che non hanno alcun raffronto con i poteri di altri dirigenti della pubblica amministrazione. È come salire su un treno in folle corsa pur sapendo che è senza un guidatore. Ma più di ogni altra considerazione, credo basti la semplice elencazione sintetica delle competenze che si vorrebbero attribuire al dirigente scolastico per capire il ruolo egli verrebbe a svolgere nella scuola voluta dal Governo Renzi.
Il dirigente scolastico:
- svolge compiti di gestione direzionale, organizzativa e di coordinamento ed è responsabile delle scelte didattiche, formative e della valorizzazione delle risorse umane e del merito dei docenti;
- è responsabile della gestione delle risorse finanziarie e strumentali e dei risultati del servizio;
- elabora il Piano triennale d’istituto, sentito il collegio dei docenti e il consiglio d’istituto, nonché i principali attori economici, sociali e culturali del territorio;
- per l’anno scolastico 2015-2016 individua i docenti da destinare all’organico funzionale della istituzione scolastica di riferimento;
- propone gli incarichi di docenza per la copertura dei posti assegnati all’Istituzione scolastica;
- può individuare percorsi formativi e iniziative dirette a garantire un maggiore coinvolgimento degli studenti nonché una valorizzazione del merito scolastico e dei talenti;
- individua le imprese e gli enti pubblici e privati disponibili alla attivazione di percorsi formativi individualizzati;
- stipula apposite convenzioni anche finalizzate a favorire l’orientamento scolastico e universitario dello studente;
- individua fino a 3 docenti tra quelli di ruolo che lo coadiuvano nell’organizzazione dell’istituzione;
- riduce il numero di alunni e studenti per classe, nell’ambito della dotazione organica assegnata e delle risorse, anche logistiche, disponibili;
- valuta il personale docente ed educativo in periodo di formazione e di prova, sulla base di un’istruttoria del docente con funzioni di tutor;
- in caso di valutazione negativa del periodo di formazione e di prova del docente neo-assunto, provvede alla dispensa dal servizio con effetto immediato, senza obbligo di preavviso;
- provvede alla restituzione al ruolo di provenienza in caso di valutazione negativa del periodo di formazione e di prova se il personale proviene da altro ruolo docente o della pubblica amministrazione;
- sentito il Consiglio di Istituto, assegna annualmente la somma per la valorizzazione del merito del personale docente, sulla base della valutazione dell’attività didattica;
- riceve le domande per il riconoscimento dei servizi agli effetti della carriera del personale scolastico.
- Paradossalmente i poteri che verrebbero riconosciuti al dirigente scolastico sono di gran lunga più ampi di quelli del Capo Dipartimento, che è il soggetto posto a capo dell’intera organizzazione scolastica nazionale.
Si trattava invece, a nostro giudizio, di superare l’attuale organizzazione burocratica e dirigistica della scuola, prevedendo una chiara distinzione tra funzioni di indirizzo e di gestione, queste ultime demandate, come avviene in molti Paesi europei, a un organo collegiale (la direzione), ma anche prevedendo la temporaneità del mandato del rappresentante dell’istituzione scolastica e il conferimento dell’incarico attraverso l’elezione (preside elettivo) da parte della comunità professionale che opera nella scuola. Se si vuole un preside-sindaco come ha dichiarato il sottosegretario Faraone, si introduca l’elezione del preside e si affidi la gestione della scuola ad un organo collegiale, la direzione, che possa svolgere quelle funzioni che nei comuni svolgono normalmente le giunte comunali.
Nel progetto di legge vengono mortificati oltre ogni ragionevole sopportazione il ruolo e la funzione dei docenti, ridotti a mera categoria residuale, senza più alcuna certezza lavorativa e, men che meno, senza più quella libertà culturale e professionale che rappresentano la vera natura del loro lavoro. L’istituzione di albi territoriali da cui i docenti possono essere chiamati dai dirigenti è un gravissimo attacco alla dignità personale e culturale dei docenti, una ferita mortale alla libertà di insegnamento, che cessa di essere libera per come previsto dalla Costituzione, ma funzionale ad interessi che nulla potrebbero avere con le finalità che la stessa Costituzione assegna al nostro sistema di istruzione. Sulla libertà d’insegnamento intesa come autonomia didattica e come libera espressione culturale del docente, diretta a promuovere, attraverso un confronto aperto di posizioni culturali, la piena formazione della personalità degli alunni, si calerebbero i convincimenti personali, gli orientamenti culturali, pedagogici, religiosi, etc. del dirigente scolastico. Il quale, sulla base di criteri che egli stesso si è dato, potrà -come avveniva nell’antichità con gli schiavi che venivano scelti al mercato guardando la corporatura, i denti, i muscoli e quant’altro di interesse- scegliere i docenti da inserire nel suo parco buoi o cedere i propri docenti ad altro dirigente, sempre che la richiesta sia ben presentata. Credo che chi ha pensato e scritto questa parte del testo ad altro pensava, ci auguriamo che i suoi pensieri non erano riferiti a persone, a docenti e alla scuola. Altrimenti, di costui ben altro dovremmo pensare!
In merito alla questione del precariato, riteniamo che quanto proposto non solo non risolva il problema, ma creerà nuovi problemi, forieri di nuovi contenziosi giudiziari. Non si risolvono i danni causati ai tanti precari eliminando i precari. È sbagliato oltre che eticamente non corretto l’allontanamento dalla scuola di tutti coloro che hanno già svolto 36 mesi di servizio. Così è inaccettabile l’abolizione delle graduatorie senza la previa stabilizzazione di tutti gli aventi diritto, così come è ingiusta l’iscrizione in albi che non garantiscono trasparenza né prevedono criteri espliciti e oggettivi per la valutazione della professionalità docente. I precari entreranno “nudi” nei cosiddetti “albi” e potranno, in ogni tempo, dopo un’infruttuosa messa in disponibilità, uscirne “spogliati”, se non cacciati dalla stessa scuola e senza più alcuna possibilità di potervi fare ritorno. In modo non dissimile toccherà agli attuali docenti cosiddetti “di ruolo”. Anch’essi saranno ogni tre anni, ed in ogni momento, sottoposti al volere di novelli satrapi a cui questo Governo vuole affidare il loro futuro professionale e lavorativo e la vita e il destino della scuola italiana.
Auspichiamo che il Parlamento proceda con quella accortezza necessaria, che il Governo ha mostrato di non possedere, e modifichi profondamente il testo proposto o che si faccia proponente di un testo alternativo che corrisponda alle reali esigenze della scuola italiana, che sono poi quelle del nostro Paese.
Prof. Francesco Greco