Analisi & Commenti

Tante ragioni per mobilitarsi nella battaglia referendaria per la scuola pubblica e democratica

I dati statistici disegnano ancora una volta (qualora ce ne fosse stato bisogno) un quadro impietoso della situazione della scuola italiana, ancora più inquietante se si mette a confronto con gli altri paesi dell’Unione Europea. Ma nonostante questo, le scelte del governo sembrano esprimere in modo sempre più marcato un neanche tanto malcelato ostracismo nei confronti dei docenti. La discussione sviluppata nel corso degli ultimi mesi e la scelta di proporre un referendum abrogativo di parti importanti della Legge 107/2015, conferma l’urgenza di intensificare la mobilitazione in tutta Italia per consentire di rilanciare davvero la Scuola pubblica e democratica, facendola uscire dalla pericolosa china in cui è stata condotta da politiche dissennate.

Ecco il freddo scenario disegnato dai numeri:

Oggi l’età media degli insegnanti è di 50 anni. Un “triste” traguardo che sicuramente potrà essere abbassato grazie alle assunzioni che deriveranno dalle graduatorie di merito del concorso scuola docenti 2016, ancora ben lontani, comunque, dalle medie europee.

Il 63,1% delle domande proviene da candidati che hanno meno di 40 anni (con un picco del 69,9% in Lombardia). L’età media generale è di 38,6 anni (39 per il bando primaria e infanzia, 38,8 per secondaria di I e II grado, 34 per il sostegno).

Per quanto riguarda i dati sull’occupazione, cresce la percentuale dei laureati italiani under 35 che trova lavoro entro i tre anni dal titolo, ma siamo comunque al penultimo posto in Ue in questa graduatoria, davanti solo alla Grecia con il 49,9%: nel 2015, secondo i dati appena pubblicati da Eurostat – solo il 57,5% dei laureati italiani aveva trovato lavoro entro tre anni dalla laurea (52,8% nel 2014) a fronte dell’81,8% nell’Ue. In Germania la percentuale è salita al 93,3%. La percentuale era al 70,5% nel 2008, prima della crisi economica.

Il 57,5% dei laureati, secondo l’Eurostat risulta occupato tra uno e tre anni dal termine degli studi ma se si considera l’intero triennio la percentuale italiana scende ancora (al 53,5% ma comunque in aumento dal 49,6% del 2014).

In Italia cresce leggermente anche la percentuale dei diplomati che risultano occupati entro tre anni dal titolo (35,9% a fronte del 32,2% del 2014) restando però anche su questo fronte molto lontana dalla media europea (66,5%) e dalla percentuale registrata negli anni pre crisi (54,9% nel 2008).

Sono in difficoltà nel trovare lavoro subito dopo il diploma i giovani con un titolo generico (risulta occupato entro tre anni solo il 26,7% contro il 23,5% del 2014) mentre i ragazzi con un titolo professionale trovano occupazione entro tre anni nel 38,1% dei casi (34,2% nel 2014) a fronte del 69,7% della media Ue (89,8% in Germania).

In Italia solo il 41,3%% risulta occupato entro tre anni dalla fine degli studi (era il 37,8% nel 2014) a fronte del 69,8% in Europa. In Italia comunque nel 2014 si registra la prima inversione di tendenza dopo un calo continuo delle percentuali dall’inizio della crisi. Se nel 2008 i punti che ci distanziavano dalla media Ue complessiva erano circa 18 (74,4% in Europa, 56,1% in Italia per i giovani tra i 15 e i 34 anni che avevano completato il percorso di studi) ora i punti sono 28 e mezzo (erano oltre trenta nel 2014).

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