
di PIO G. SANGIOVANNI –
Pubblichiamo la seconda parte del contributo scritto inviato alla segreteria della Commissione presieduta dal prof.ssa Loredana Perla, che riporta la posizione dell’Associazione Nazionale Docenti sul testo base delle Nuove Indicazioni Nazionali sulla scuola dell’Infanzia e primo ciclo d’istruzione, diffuso lo scorso 11 marzo scorso. Si tratta della sintesi delle posizioni emerse nell’ambito di una riflessione collettiva a più voci intorno alla scuola dell’infanzia e sulla sua funzione fondamentale in quel continuum formativo unitario che va dai tre ai quattordici anni. Un confronto che ha coinvolto numerosi docenti, anche non iscritti all’AND, ai quali va la nostra gratitudine.
2. Il ruolo fondamentale della scuola dell’Infanzia.
Dopo questo ampio ma doveroso richiamo agli aspetti più generali sulla dimensione stessa di “Scuola comunità educante”, abbiamo deciso di soffermarci, in modo sintetico, su aspetti più specifici dell’ampio e corposo documento, con particolare riferimento alla Scuola dell’Infanzia.
Nel testo si utilizzano spesso le espressioni “scuola del primo ciclo” e “Nuove Indicazioni per il primo ciclo”, omettendo i riferimenti alla Scuola dell’Infanzia. È necessario invece non dimenticare quest’ordine di scuola, nominarlo sempre insieme al primo ciclo per non dare l’impressione di una sorta di separazione: da una parte le Indicazioni nazionali della scuola dell’Infanzia e dall’altra le Indicazioni nazionali del I ciclo.
Molto opportuno è, a tale proposito, il riferimento alla centralità della scuola dell’Infanzia nel nostro Paese, sottolineando il fatto che essa rappresenta la prima articolazione del sistema educativo nazionale di istruzione e formazione, in quanto ordine di scuola con una propria identità pedagogica ed organizzativa. Le finalità sono chiare, ed è apprezzabile aver sottolineato il processo, lungo decenni, di sedimentazione delle pratiche educative e di formule organizzative fondate sul riconoscimento della centralità del diritto all’educazione, alla formazione e all’istruzione di tutti i bambini.
Si fa poi riferimento al Sistema integrato “zerosei”, al servizio didattico e formativo svolto dalla scuola dell’infanzia, definendolo un importante traguardo che implica l’esercizio dei principi di sussidiarietà orizzontale e verticale e di corresponsabilità educativa fra scuola e famiglia, tuttavia non c’è nessun cenno all’importante ruolo che essa occupa negli Istituti Comprensivi, in un continuum formativo unitario dai tre ai quattordici anni.
È inoltre pienamente condivisibile quanto sostenuto nel paragrafo intitolato “Una visione concreta di infanzia”, tuttavia, oltre alla necessità di “una progettualità pedagogica condivisa con le famiglie e con le formazioni sociali del territorio”, va ricordata anche la condivisione pedagogico-didattica da attuare con la scuola Primaria e Secondaria di I grado attraverso la continuità e unitarietà del curricolo verticale d’Istituto. Una sensazione di “frattura” tra la scuola dell’Infanzia e il primo ciclo d’istruzione che sembra cogliersi più avanti nel documento, laddove si fa riferimento al Coordinamento pedagogico territoriale “con i successivi gradi scolastici”.
Relativamente ai “Campi di esperienza”, che confermano sostanzialmente il costrutto e le Indicazioni Nazionali del 2012, il testo fa spesso riferimento ai suggerimenti contenuti nelle Linee guida 0-6, alla stretta continuità con quanto realizzato nei servizi educativi per la prima infanzia; a tale proposito molti docenti sollecitano la definizione di Indicazioni specifiche per la scuola dell’Infanzia, fascia 3-6 anni, in prospettiva del naturale e fisiologico collegamento col primo ciclo, con cui si condivide il PTOF. Nonostante la presenza di un paragrafo che mette in campo il passaggio dall’infanzia alla primaria, l’identità della scuola dell’Infanzia nell’istituto comprensivo, in sostanza, viene lasciata all’intuitività.
Altro elemento di criticità rilevato, riguarda il ritorno al “portfolio personale di ciascuna bambina e di ciascun bambino”, che aveva fatto capolino in passato ma che poi non ha avuto successo nella pratica della documentazione e della valutazione. Si tratta, infatti, di una scelta non condivisibile in considerazione del fatto che è possibile documentare il percorso formativo del singolo alunno in tanti altri modi, anche con l’utilizzo delle nuove tecnologie, sulle quali si è fondata la formazione dei docenti negli ultimi anni. Nel paragrafo si evidenzia nuovamente la necessità per l’insegnante di “creare un legame di fiducia e di partnership educativa con le famiglie, con le formazioni sociali presenti a livello locale, con i servizi educativi per la prima infanzia”, senza menzionare tuttavia la scuola del primo ciclo. Molti suggerimenti metodologici dei vari Campi di esperienza appaiono anacronistici, privi di innovatività e non in linea con le finalità, le competenze attese e gli obiettivi delineati.
Manca, inoltre, un profilo in uscita del bambino dalla scuola dell’infanzia; non vi è il riferimento sull’importanza della valutazione, sia pure formativa e non sommativa, così come non si approfondisce il tema del curricolo verticale, della continuità nell’istituto comprensivo e, fatto assolutamente non secondario, della presenza sempre più diffusa delle pluriclassi. Per la scuola dell’Infanzia, tra l’altro, c’è solo qualche cenno sull’utilizzo delle nuove tecnologie.
Anche nella connotazione che si vuole dare alla professionalità del docente della scuola dell’Infanzia, si preferisce fare riferimento alle Linee 0-6 dimenticando che la preparazione culturale, teorica e pedagogico-didattica dell’insegnante di scuola dell’Infanzia avviene attraverso il percorso di Laurea quinquennale a ciclo unico in Scienze della Formazione Primaria, esattamente come per gli insegnanti della scuola Primaria.
Alla fine, si ha l’impressione che non si vada in profondità negli argomenti, che si rimanga abbastanza nel vago ed è palese il ritorno ad un linguaggio che lascia pensare alla scuola dell’Infanzia come ad un servizio piuttosto che ad una scuola: “cura”, in particolare, è una parola utilizzata più volte, “condivisione pedagogica” (anziché didattica), inserimento nel territorio, ecc.