Educazioneduepuntozero:
Dario Missaglia, in Educationduepuntozero, riferisce ampiamente sui sconcertanti dati che emergono dal Rapporto Istat sulla condizione giovanile del nostro Paese. Su uno di questi impietosi passaggi vorrei soffermare la mia e la vostra attenzione.
“L’unico dato positivo è la conquista diffusa della licenza media, fuori da ogni condizionamento sociale, dopo un quarantennio e più di obbligo scolastico a 14 anni; ma appena ci si inoltra verso i titoli superiori, l’appartenenza alle classi sociali diventa determinante: l’Italia non ha ancora un sistema vero di pari opportunità formative per tutti; anzi, il ritorno a percentuali significative di bocciati e dispersi nel 2008-09 (con punte davvero drammatiche nel Mezzogiorno), spiega una torsione punitiva, selettiva, delle recenti dinamiche di sistema, ma anche il pauroso “buco nero” costituito da una scuola media in cui, al di là di operazioni formali consumate in questi anni, la struttura organizzativa del modello e la didattica prevalente (di tipo individualistico-disciplinarista) fanno a pugni con i processi di apprendimento non formale e informale in cui sono immerse le nuove generazioni”.
Il fatto è che a dire queste cose non è l’arrabbiato comunista ma un Istat con tutto il suo rigore scientifico e la sua indipendenza politica! La denuncia è forte! Io e Dario lo diciamo da anni che un limite grosso ad un serio riordino dell’intero ciclo di istruzione va ricercato proprio nella persistenza costante di operare per gradi successivi, prima il primo ciclo e poi il secondo! Ed è proprio in quel “poi” che tutto l’edificio vacilla! La considerazione sembrerebbe elementare, ma tale non è per chi governa il nostro Sistema di istruzione! E se si chiama sistema, come tale va affrontato, con un approccio, appunto, sistemico! Ma il passato è pesante! In effetti, è da sempre che parliamo – e pensiamo e scriviamo – in termini di cicli! Ma nella Carta costituzionale ci si limita a parlare di istruzione inferiore e superiore e a dire che la prima, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita.
Quando nel ’62 demmo adempimento al precetto costituzionale, innalzando l’obbligo di altri tre anni in una scuola media e unificata, commettemmo quel primo errore che non solo abbiamo pagato caro per tanti anni ma che continuiamo a pagare! L’errore fu quello di salvaguardare non solo l’unitarietà della scuola media – quella dei professori, altra cosa rispetto alla scuola delle maestre – ma di attribuirle anche il primo grado di secondarietà. Non si sarebbe dovuto invece, costruire un percorso ottonale lineare, verticale e continuo, come oggi abbiamo imparato a dire? Un percorso in cui non ci fossero più maestre e professori ma insegnanti a tutto tondo impegnati soltanto a far raggiungere a tutti i nostri quattordicenni il massimo delle loro possibilità cognitive, culturali, operative? Otto anni sono tanti per un soggetto in età evolutiva e vanno tutti “sfruttati” con il massimo di una intelligenza docente! Purché non sia la norma ad umiliarla! Il professore medio e secondario di primo grado pensa in termini di istruzione secondaria, non di adempimento dell’obbligo! E’ portato “di norma” più a bocciare che a promuovere!
E le bocciature per tutti gli anni Sessanta fioccarono e non fu un caso che Don Lorenzo scrisse la sua lettera, ma non ad una maestra, neanche ad un professore, ma ad una professoressa! Perché questa scelta? La maestra era salva perché ce l’aveva messa tutta sia con Gianni che con Pierino! La colpevole era la professoressa perché il suo cuore era altrove, non nel garantire insegnamenti “obbligatori” per tutti, ma nel perpetuare quella discriminazione sociale che la legge 1859/62 aveva abbattuto sì, ma solo per metà! La media continuava a costituire pur sempre non un elemento di integrazione, ma di selezione anche! E quanti anni sono occorsi perché venisse cancellato quell’esame di quinta elementare, non un fattore di promozione ma di selezione?
Nessuno intende togliere valore al fatto che, comunque, la scuola media dell’obbligo nel corso degli anni un ruolo sociale lo ha svolto, con la proliferazione delle scuole medie nei paesi più sperduti, per la caduta verticale dell’analfabetismo. Ma ciò non è stato sufficiente a nascondere la natura profonda dell’operazione del ’62: di fatto, ci si era limitati ad aprire la scuola “secondaria” a tutti, ma senza fornirla degli strumenti perché questi tutti ne potessero fruire fino in fondo.
Di questo vizio d’origine la scuola media unica del ’62 non si è mai liberata! Neppure dopo la legge 517/77, neppure dopo i programmi del ’79, neppure dopo tutte le menate della Moratti ed i ritocchi di Fioroni! Il tentativo di Berlinguer e di De Mauro di costruire un unico ciclo, com’è noto, è abortito subito! Ed oggi, le cose stanno addirittura peggiorando! Tant’è vero che ancora non è noto se esistano delle Indicazioni nazionali che riguardino la scuola media! Pare che al Miur qualcuno ci stia lavorando, mah! Poi, con l’ulteriore innalzamento dell’obbligo di due anni, è l’identità stessa della scuola media ad essere messa sotto scacco! E le cose non miglioreranno! Anche perché il nuovo obbligo è una sorta di araba fenice!
In questa situazione di estrema precarietà, le prove Invalsi proposte agli esami meritano un discorso particolare. Personalmente ne riconosco lo spessore scientifico e culturale nonché la bontà della metodologia adottata. Nessuna contestazione, quindi, anzi, ma alcune riflessioni. In primo luogo, di quella didattica di tipo individualistico-disciplinarista, di cui parla Dario, non c’è traccia; è estremamente difficile dire a quale pagina di quale libro di quale materia di quale anno di studio corrisposta quel determinato quesito; ed ancora, il supporto della memoria, in quanto a regole date, è assolutamente ininfluente ai fini della soluzione dei vari problemi proposti. In altri termini, lo studente è tenuto a rispondere non in ordine a consueti repertori, ma in ordine a processi mentali che a monte sembrano avere poco o nulla a che fare con date materie e dati contenuti. Le difficoltà incontrate dagli studenti – e non solo da loro – consistevano soprattutto nel fatto che gli oggetti da trattare erano difficilmente rubricabili, afferibili a questa o a quella materia.
Mi sembra che la prove Invalsi siano servite soprattutto a dire ai nostri insegnanti: dove sono le vostre materie di sempre, ben definite e distinte l’una dall’altra? Dove sono le vostre infinite regole, le pagine da mandare a memoria, quando ai vostri studenti chiediamo, invece, di operare in modo diverso? Non è giunto il momento in cui rivedere un po’ il tutto di questa obsoleta organizzazione disciplinare della scuola media? Sotto questo profilo, le prove Invalsi vanno accolte come una occasione preziosa per rivedere l’organizzazione dell’intero triennio medio, tenendo conto di ciò che c’è a monte e a valle, o dovrebbe esserci: perché il discorso è sempre sistemico. Occorre, cioè, andare oltre la “provocazione” Invalsi. Se la sua lezione non viene accolta ed appresa, il rischio che correremo è fortissimo: che il buco nero diventi sempre più nero, fino a costituire un limite per un rinnovamento reale dell’intero Sistema! L’Europa ci guarda sgomenta; e i nostri ragazzi continueranno nel loro inesorabile declino!
Roma, 23 giugno 2010
Maurizio Tiriticco