“Il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre,
ma nell’avere nuovi occhi”
Marcel Proust
In questo mio secondo intervento cercherò di tracciare le linee del modello di scuola democratica proposto dall’Associazione Nazionale Docenti.
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Per la nostra scuola è certo un momento difficile, ma, di fronte ad una richiesta di cambiamento che viene dai cittadini, può anche divenire un’opportunità decisiva. Dal saper leggere il presente dipenderà la possibilità di poter incidere sul futuro. Non è necessario cercare nuove terre, per citare Proust, ma è sufficiente avere nuovi occhi.
La lettura del presente non può che partire da una domanda, la scuola attuale adempie appieno alla sua missione? Ovvero offre agli studenti occasioni di apprendimento dei saperi e dei linguaggi culturali di base? Fa acquisire gli strumenti di pensiero necessari per apprendere a selezionare le informazioni? Promuove negli studenti la capacità di elaborare metodi e categorie che siano in grado di fare da bussola negli itinerari personali? Favorisce l’autonomia di pensiero degli studenti, orientando la propria didattica alla costruzione di saperi a partire da concreti bisogni formativi?
In definitiva, la scuola del presente impegna appieno la propria funzione pubblica per il successo scolastico di tutti gli studenti? È evidente che qualora la scuola abdicasse a questa missione, fatalmente sarebbe destinata a degradare in un non luogo, incapace di offrire quel contributo significativo al progresso del nostro Paese, espressione della funzione pubblica che la Costituzione espressamente le affida.
Allora bisogna chiedersi, oggi la nostra scuola sta svolgendo appieno questa funzione? Riesce ancora a contribuire significativamente allo sviluppo, alla cura e al consolidamento dei saperi dei nostri studenti? Si tratta di domande tutt’altro che retoriche, se si pensa che la scuola italiana appare, ormai, aver perso i tratti che differenziavano le singole scuole per la specificità degli studi, per la diversità dei percorsi formativi, per le differenti categorie di docenti e di capi di istituto che vi afferivano. Una specificità che certo persiste per alcuni aspetti ordinamentali, ma che scompare e rende simili le une alle altre per l’accoglienza e lo spazio sempre più ampio dato alle tante e indefinite educazioni e alle tante fatue e indistinte attività. Una identità che si è persa con la perdita di memoria del tempo dedicato alla cura della didattica e allo studio delle discipline, del valore riconosciuto all’impegno e al merito scolastico. In altre parole, quello che si osserva è un pericoloso scivolamento verso un non luogo senza identità, ove i meri adempimenti burocratici e attività altre appaiono essere la preoccupazione prevalente, un defaticante impegno a separare l’acqua azzurra dall’acqua chiara, mentre il sistema si annichilisce. D’altronde, la situazione è di tutta evidenza, ed è attestata da atti prodotti a vari livelli istituzionali e da indagini comparative internazionali.
Allora, cambiare la nostra scuola significa creare le condizioni perché essa possa realizzare a pieno la propria missione che è imprescindibile dalla funzione educativa e formativa che le assegna la Costituzione; significa rimettere effettivamente al centro di ogni momento dell’organizzazione scolastica la relazione educativa, il rapporto maestro-allievo, insegnante-discente, docente-studente, i profitti degli studenti ovvero il processo di insegnamento apprendimento. E poiché gli esiti scolastici non dipendono solo dal singolo insegnante e dall’attività svolta in classe, è necessario un modello organizzativo che valorizzi la collaborazione e la condivisione, con un’articolazione distribuita di ruoli e di responsabilità (leadership distribuita).
Quello che proponiamo è un modello di organizzazione orizzontale e reticolare, flessibile e modulare, fondato sulla partecipazione e sulla condivisione. Un modello democratico opposto a quello attuale, poggiato sulla concentrazione di ruoli e funzioni in un organo monocratico, sempre più autoreferenziale e autoritario, introdotto nella scuola da un legislatore distratto che, nel mentre era impegnato nella riforma della pubblica amministrazione, con imperdonabile leggerezza apportava una modifica genetica ai caratteri partecipativi e democratici che hanno connotato la nostra scuola sin dagli anni ’70.
L’autonomia scolastica ha, dunque, la sua genesi all’interno di una riforma della pubblica amministrazione, ma, cosi come si è consolidata e strutturata, ha finito per trasformare il dato genetico in un elemento ontologico. In altre parole, l’autonomia e la dirigenza scolastica hanno concorso a spostare l’asse dell’organizzazione sempre più verso gli aspetti amministrativi, burocratici e gestionali, facendo perdere l’orizzonte che dovrebbe guidare la vita della scuola: il processo di insegnamento-apprendimento ovvero i risultati scolastici degli studenti.
Non può non vedersi come proprio in questo mutamento trovi origine la crisi delle nostre scuole; trovino origine la perdita di identità e di senso, gli antagonismi, i conflitti e le tensioni che animano la perenne conflittualità che oppone dirigenti scolastici a DSGA, a docenti, a studenti e famiglie.
Se è vero, com’è vero, che il bilancio di questi vent’anni di autonomia scolastica è fortemente negativo (l’organizzazione scolastica non è migliorata in termini di efficienza ed efficacia, così come non sono migliorati i risultati scolastici dei nostri studenti), altra strada non rimane che il cambio di paradigma organizzativo. Superare il modello dirigistico delle scuole è, ormai, un imperativo categorico: occorre passare da una scuola a struttura autoritaria ad una a base democratica, da un modello dirigistico-gestionale, ad un modello partecipativo, introducendo l’elettività degli organi di governo, la carriera per i docenti e un organismo di garanzia della libertà di insegnamento (Consiglio Superiore della Docenza).
Una scuola democratica
Una scuola democratica è la nostra proposta di cambiamento, un cambiamento che non solo auspichiamo, ma che riteniamo necessario se vogliamo invertire il pericoloso declino verso cui muove il nostro sistema educativo. Si tratta di una proposta di sistema che interessa non solo l’organizzazione delle istituzioni scolastiche, ma anche la condizione professionale dei docenti, l’organizzazione dell’offerta formativa sul territorio e la stessa organizzazione periferica dell’amministrazione scolastica. In questa sede, per economia di trattazione, ci limiteremo ai primi due aspetti, che io tratterò schematicamente, rinviando al sito dell’Associazione Nazionale Docenti per maggiori approfondimenti e al testo della proposta di legge 4121, presentata nel 2011 e tutt’ora pubblicata sul sito della Camera dei deputati.
Organi di governo elettivi e leadership distribuita
Ciò detto, è evidente che il modello di scuola che proponiamo postula un vero e proprio cambio del paradigma organizzativo, da un modello incentrato sugli aspetti burocratici e amministrativi, autoritario e gerarchico, qual è l’attuale modello dirigistico, ad un modello democratico fondato su una leadership distribuita e sull’elettività degli organi di governo.
La riforma del modello organizzativo rende necessario, infatti, definire una nuova architettura dell’organizzazione scolastica che possa garantire ai docenti partecipazione e corresponsabilità nelle scelte e nei risultati. Riteniamo che la partecipazione effettiva ai processi decisionali sia una leva capace di stimolare e di favorire un clima positivo e motivante; la partecipazione, a sua volta, verrebbe rafforzata dalla condivisione con la comunità professionale, attraverso l’instaurarsi di un rapporto fiduciario di natura elettiva con i colleghi chiamati a ricoprire ruoli di responsabilità organizzativa.
La leadership scolastica in Europa
“Nella maggior parte dei paesi, la leadership scolastica è condivisa tra équipe con funzioni di leadership riconosciute formalmente.” … “Le responsabilità dell’équipe con funzioni di leadership variano dalla semplice sostituzione del capo di istituto durante la sua assenza e l’amministrazione e gestione finanziaria, fino al coordinamento di determinate aree di insegnamento e alla gestione di compiti specifici.”
“Oltre una decina di paesi crea gruppi ad hoc non riconosciuti formalmente per assumere compiti di leadership specifici e limitati nel tempo. Nella maggior parte di questi paesi, questa distribuzione informale delle responsabilità di leadership integra le funzioni delle équipe con funzioni di leadership riconosciute formalmente. Soltanto in Germania, a Cipro, Islanda e Turchia, la promozione di gruppi ad hoc con funzioni di leadership non riconosciute formalmente non è accompagnata da équipe con funzioni di leadership riconosciute formalmente.” … “Nella Comunità tedesca del Belgio e in Austria, nuove forme di leadership scolastica distribuita vengono testate con progetti pilota. Nella Comunità tedesca del Belgio, questi progetti pilota stanno portando alla progressiva introduzione di strutture di gestione intermedia” … “In Austria, la redistribuzione di compiti tra équipe con funzioni di leadership riconosciute formalmente e non riconosciute formalmente è attualmente testata in alcuni progetti.” (I Quaderni di Eurydice Italia, Il capo di istituto in Europa, 2018)
Preside elettivo
L’abbandono del modello burocratico e dirigistico di derivazione aziendalistica rende necessario la temporaneità del mandato del rappresentante dell’istituzione scolastica e il suo conferimento attraverso l’elezione (Preside elettivo). Per il preside eletto la temporaneità dell’incarico e il suo conferimento attraverso l’elezione non potrebbero che accentuare il carattere di missione della sua azione che diverrebbe imprescindibile dalla qualità e dai risultati del processo di insegnamento-apprendimento e dal rapporto con l’insegnamento, che sarebbe solo sospeso per la durata del mandato.
LA SELEZIONE DEI CAPI DI ISTITUTO IN EUROPA
“In due terzi dei paesi europei, i capi di istituto sono selezionati attraverso procedure di RECLUTAMENTO APERTO, il che significa che la responsabilità di pubblicizzare posti di lavoro e di selezionare i candidati spetta alla scuola.” … “In undici paesi, i capi di istituto sono selezionati attraverso un CONCORSO, ovvero un esame pubblico organizzato a livello centrale.”
Nel resto dei paesi con modalità miste, da GRADUATORIE DI CANDIDATI.
In Portogallo il consiglio generale, composto da rappresentanti del personale docente e non docente, genitori, studenti, autorità e comunità locali, è l’organo di leadership strategica, responsabile dell’approvazione delle regole di base del funzionamento della scuola, dell’assunzione di decisioni strategiche e della programmazione, nonché del monitoraggio dell’attuazione delle sue decisioni; ha anche il potere di eleggere e licenziare il capo di istituto, che di conseguenza deve rendere conto al consiglio. (I Quaderni di Eurydice Italia, Il capo di istituto in Europa, 2018)
Carriera per i docenti
Il re-indirizzamento dell’organizzazione sugli apprendimenti porta con sé, inoltre, la necessità di una ri-articolazione funzionale del ruolo di coloro che sono preposti alla loro acquisizione, i docenti, con chiari riflessi sullo sviluppo della loro professione. Ruoli diversi richiederanno, infatti, competenze e responsabilità diversificate, oltreché la disponibilità a svolgerli in contesti differenti e, dunque, uno sviluppo della professione degli insegnanti in fasce funzionali non gerarchiche, che consenta ai docenti, che per merito raggiungano la fascia superiore, di ricoprire ruoli rilevanti, compreso quello di preside dell’istituzione scolastica.
Gli insegnanti italiani non hanno una carriera!
Al termine carriera, comunemente, viene immediatamente collegato l’aspetto retributivo, con ciò considerando, erroneamente, avanzamento di carriera il semplice aumento della retribuzione. Un equivoco particolarmente ricorrente in Italia, ma gli insegnanti italiani non hanno una carriera, nel senso proprio del termine, ma una progressione economica della retribuzione legata all’anzianità di servizio.
Il termine carriera indica il percorso personale, in un contesto professionale e lavorativo, all’interno del quale si collocano posizioni crescenti di responsabilità, di compiti e di funzioni, a cui possono connettersi incrementi retributivi.
Per gli insegnanti, come per ogni professionista, avere buone prospettive di carriera può rappresentare un fattore fortemente motivante che accrescerebbe l’attenzione verso i risultati del proprio lavoro e la cura ad affinare le pratiche didattiche e ad aggiornare i saperi disciplinari. In altre parole, la carriera sarebbe sicuramente una valida ragione per dedicare ulteriore tempo e risorse al proprio lavoro, che, in una prospettiva di sviluppo professionale, troverebbero il giusto riconoscimento.
Uno sguardo oltre la siepe, la situazione in Europa
Secondo una ricerca condotta dalla Rete Eurydice, che ha riguardato i sistemi d’istruzione dei paesi UE, le strutture di carriera si distinguono secondo l’articolazione dei livelli.
Le strutture di carriera con più livelli vengono definite “strutture di carriera multilivello”, ove a livelli più elevati corrispondono una complessità crescente e una diversificazione delle funzioni e maggiori responsabilità. Alla struttura della carriera spesso si connettono strutture retributive articolate con voci corrispondenti ai livelli di carriera, pur non rappresentandone una caratteristica determinante.
Quelle con un solo livello sono chiamate “strutture di carriera piatte”. In tal caso, parliamo impropriamente di carriera. In questi sistemi, la struttura retributiva spesso è connessa agli anni di servizio. Maggiori responsabilità o nuovi incarichi sono legati al progredire dell’esperienza che comunque non assumono il valore di una progressione di carriera, mentre l’incremento della retribuzione è legato all’anzianità del servizio. (I Quaderni di Eurydice Italia, La carriera degli insegnanti in Europa, 2018)
Articolazione della carriera nei sistemi multilivello
I sistemi di carriera multilivello, presenti in oltre il 50% dei sistemi di istruzione europei, sono assai diversificati. Dai sistemi della Svezia e di Malta a due livelli, a quello a quelli a 3, 4 e 5 livelli che troviamo nei sistemi di molti paesi europei. In Germania, il sistema di carriera multilivello si applica soltanto agli insegnanti della scuola secondaria di secondo grado (ISCED 3). Il primo livello è quello di docente (Studienrat), il secondo di docente senior (Oberstudienrat), il terzo di direttore degli studi (Studiendirektor). In Francia i livelli sono 3 [il primo è quello di Professore (professeur); il secondo è quello di Formatore di docenti (maître-formateur); il terzo Consulente pedagogico (conseiller pédagogique)]. Gli insegnanti, oltre allo stipendio incrementale, ricevono varie indennità a seconda della promozione che dipende dal grado di istruzione. Al livello ISCED 1, l’indennità annuale corrisponde a € 1.250 per un “formatore di docenti” e € 1.000 per un “consulente pedagogico”. Ai livelli ISCED 2-3, l’indennità annuale corrisponde a € 834 per un “formatore di docenti” (e € 1.250 per ogni insegnante tirocinante formato dal “consulente pedagogico”. In Irlanda, i livelli sono 5 (Docente, Assistente del preside II, Assistente del preside I, Docente con responsabilità speciali, Vice-preside, Preside). Anche in Irlanda come in Francia, gli insegnanti ricevono, oltre allo stipendio incrementale, varie indennità, a seconda del livello. Le indennità minime per livello di carriera sono le seguenti: € 3.769 per il secondo livello, € 8.520 per il terzo livello, € 3.769 per il quarto e € 9.310 per il quinto. (I Quaderni di Eurydice Italia, La carriera degli insegnanti in Europa, 2018)
Requisiti per il passaggio a livelli superiori
Per il passaggio verso un livello superiore, generalmente, vengono considerati quali requisiti l’esperienza professionale, la dimostrazione delle competenze specifiche, lo sviluppo professionale specifico, le attività di ricerca e lo svolgimento o l’ideazione di corsi per lo sviluppo professionale continuo. Tra questi possibili requisiti, i primi tre si applicano quasi ai tre quarti dei sistemi d’istruzione con una struttura di carriera multilivello. La Svezia è l’unico paese in cui l’esperienza acquisita è l’unico requisito stabilito dalle autorità educative di livello superiore. (I Quaderni di Eurydice Italia, La carriera degli insegnanti in Europa, 2018)
Consiglio Superiore della Docenza
Si deve considerare, infine, che le garanzie poste dalla Costituzione possono trovare attuazione solo se sono salvaguardate l’autonomia professionale degli insegnanti e la loro piena partecipazione al governo democratico dell’istituzione scolastica. Da qui, si rileva che lo stato giuridico dei docenti non può più essere assimilato, come ora anche sul piano disciplinare, a quello di altri dipendenti della pubblica amministrazione, ma richiede una propria disciplina e uno specifico sistema di tutele affidato ad organismi tecnico-rappresentativi della professione (Consiglio superiore della docenza). È lapalissiano che la libertà di insegnamento è intimamente legata alle condizioni del suo effettivo esercizio e che ogni limitazione, se volta a perseguire altri fini, non può che assumere i tratti di un’indebita ingerenza.
In conclusione, è tempo di prendere atto del fallimento del paradigma dirigistico e sostenere il modello alternativo di scuola democratica che noi proponiamo.
Francesco Greco
*Estratto della relazione al seminario svolto presso l’Università di Catania il 29 novembre 2019