Analisi & Commenti

La comunicazione interna, scelta strategica nelle organizzazioni scolastiche

01/04/2005

di Maria Grazia Anatra

L’interesse verso temi quali la comunicazione all’interno della scuola si è avviato già da almeno un decennio per lo più all’interno degli studi sulla cultura organizzativa e la qualità dei sistemi educativi, o anche trovando accoglienza all’interno di contributi provenienti da una prospettiva più aderente al significato intrinseco della comunicazione e cioè quella della psicologia sociale, attenta a privilegiare l’analisi dei diversi fattori motivazionali, cognitivi, comportamentali, operanti tutti a vari livelli nel processo comunicativo.
Nel presente contributo si è inteso focalizzare l’attenzione sul primo approccio, consapevoli tuttavia che le due prospettive sopracitate inevitabilmente si intersecano, integrandosi vicendevolmente. Una terza prospettiva da considerare si apre sull’ampio corpo di provvedimenti legislativi riguardanti la comunicazione interna nella pubblica amministrazione che dalla fine degli anni ‘90 ha notevolmente trasformato i contesti di riferimento. L’art. I, comma 4, della legge 7 giugno 2000, n. 150, Disciplina delle attività di informazione e di comunicazione istituzionale delle pubbliche amministrazioni1, stabilisce che le attività di informazione e di comunicazione istituzionale delle pubbliche amministrazioni comprendono-accanto all’in-formazione, ai mezzi di comunicazione di massa e alla comunicazione esterna – la comunicazione interna. In particolare la Direttiva sulle attività di comunicazione della pubbliche amministrazioni del 7 febbraio 2002, inserisce la comunicazione interna tra gli obiettivi primari delle pubbliche amministrazioni e quindi anche delle istituzioni scolastiche, definendone essenzialmente gli scopi: “migliorare la qualità dei servizi e l’efficienza organizzativa; creare senso di appartenenza; sviluppare il convinto coinvolgimento nel processo di cambiamento”2. In realtà all’origine di tanta attenzione ai processi comunicativi interni sta lo sgretolamento progressivo di un modello comunicativo tipicamente unidirezionale, fortemente gerarchico-trasmissivo che a partire dagli anni ‘50 si è andato incrinando. Da tener presente che tale trasformazione è avvenuta all’interno di un ripensamento più profondo del funzionamento e della struttura interna delle organizzazioni, mutamenti che prendendo sempre più le distanze da un quadro di riferimento di matrice tayloristica-fordiana, approdano ad un modello organizzativo più sofisticato, tipico delle società complesse, cosiddetto delle risorse umane3. Proprio all’interno di tale modello organizzativo assumono un’importanza fondamentale i flussi informativi, infatti “la capacità di esercitare un certo grado di influenza in un’organizzazione dipende dall’efficienza dei suoi processi di comunicazione” (1961, R.Likert), la partecipazione dei dipendenti alle decisioni relative ai problemi comuni, la forte autoresponsabilizzazione e al tempo stesso la motivazione personale, garanzia di alti livelli di efficienza produttiva4. È lecito chiedersi tuttavia quanto di ciò che siamo andati considerando come modello più adeguato di funzionamento delle organizzazioni valga anche per la specificità del sistema scuola, quanto una comunicazione interna efficace contribuisca ad innalzare la qualità dei suoi processi fondamentali. Sicuramente focalizzare l’attenzione sulla comunicazione interna al personale significa riconoscere alle risorse umane e alle loro esigenze comunicative, di scambio, di confronto, di condivisione un’importanza primaria, in quanto condizione imprescindibile per la gestione efficace della stragrande maggioranza dei processi, primo tra tutti il processo di apprendimento/insegnamento. Una ragnatela comunicativa robusta e ben strutturata permette di alimentare e sostenere, all’interno della realtà scolastica ogni altro approccio dell’organiz-zazione, dalla motivazione e valorizzazione del personale, al suo coinvolgimento nella condivisione di politiche e strategie, al rafforzamento della leadership nella sua accezione educativa ed allargata, al potenziamento di una cultura organizzativa che poggia sul senso di appartenenza e che genera inevitabilmente un’immagine forte dell’ istituzione scolastica, soprattutto all’esterno. Una comunicazione interna efficace inoltre veicola informazioni, buone pratiche, sa accogliere suggerimenti, lamentele, ma anche creatività individuali e di gruppo, dando a questo convoglio di potenzialità il collante indispensabile affinché la possibilità di disseminarsi e di amplificarsi risulti agevole. Da queste considerazioni deriva la consapevolezza di quanto oggi la comunicazione interna divenga una delle scelte strategiche imprescindibili su cui investire risorse finanziarie e umane.
Per definire un piano d’intervento le fasi essenziali devono prendere le mosse da una necessaria esplicitazione di ciò che s’intende per buona comunicazione. Indubbiamente un’efficace pratica comunicativa si serve della capacità di ascolto dei bisogni comunicativi del personale, risulta chiara nella forma, mirata, nell’individuazione dei destinatari, tempestiva nei tempi di erogazione, essenziale nei modi dell’enunciazione.
Schematicamente è possibile articolare in quattro fasi essenziali la struttura interna del piano, struttura che obbedisce ad una logica di ricorsività continua, in quanto prevede un procedere a spirale, rispetto alle quattro unità di azioni messe in campo, assicurando un adeguato e regolare feedback (figura).
La Fase D, ovvero quella terminale prevede che il team di progetto si faccia carico di verificare il grado di soddisfacimento del personale rispetto all’azione progettuale attivata, in relazione ai bisogni comunicativi esplicitati nella fase iniziale A. Nel caso in cui i risultati non siano soddisfacenti sarà necessario identificare le cause e intervenire tempestivamente per modificare gli approcci ed eventualmente i processi messi in atto. Un’ultima considerazione verte sulla centralità dell’azione di gruppo di progetto, soprattutto in questo contesto, eminentemente comunicativo e relazionale, dove il concetto stesso di progetto, va inteso come “fenomeno al plurale, come lo è il lavoro di squadra, di team”…. ., infatti “nessun progetto che nasce in un’organizzazione come insieme di componenti interagenti potrebbe camminare da solo, né essere realizzato da una sola virtuosa persona, senza il necessario concorso degli altri”5.

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Note

1. Pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 136 del 13 giugno 2000. Per questi aspetti normativi: G. Nucci, La comunicazione interna nella pubblica amministrazione, in (a cura di S. Rolando), Teoria e tecniche della comunicazione pubblica, Milano, Etas,2003.

2. G.U. 28 marzo 2002 , n.74

3. Per il modello si veda E.Mayo, I problemi umani e socio-politici della civiltà industriale, Utet, Torino,1969; R. Likert, Nuovi modelli di direzione aziendale, F. Angeli, Milano, 1961; R.Blauner, Alienazione e libertà, F.Angeli, Milano,1971.

4. Su queste tematiche si veda A. esti, Modelli e teorie dell’organizzazione sociale, Facoltà di Scienze della Formazione (dispense), Firenze, 2003

5. R. Di Nubilia, La qualità nella scuola/2: metodi, in “Dirigenti scuola”, n.1 Settembre-Ottobre 2004, p.23

 

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