Analisi & Commenti

I dati Ocse e il silenzio dell’Italia

01/03/2005

di Francesco Greco

L’anno appena concluso si lascia alle spalle, ormai definitivamente, le attese e le speranze dell’anno che l’ha preceduto e il carico gravoso di un processo riformatore ancora incompiuto, dagli esiti tanto incerti quanto sempre meno condivisibili. Un anno, ancora di transizione, l’ennesimo purtroppo, riguardo al quale ogni considerazione sulla scuola non può farsi togliendo il mattoncino dall’insieme della costruzione, ma richiede un apprezzamento complessivo e di prospettiva, che alla luce di quanto si sta facendo non può che essere fortemente critico.
La scuola, infatti, al pari d’altri settori, ma con conseguenze più nefaste perché interessano il futuro delle prossime generazioni, è investita da una politica di depotenziamento delle risorse, che ne compromette gravemente ogni possibilità di evoluzione migliorativa. Ancor più sconfortante, tuttavia, è constare il remissivo silenzio con cui vengono accolti i risultati, per niente lusinghieri per il nostro Paese, di studi autorevoli, quali quelli offerti dall’Ocse, sullo “stato di salute” dei sistemi di istruzione e di formazione. Né a scuotere dal torpore di una propaganda auto-celebrativa, condotta a colpi di spot, sono sufficienti gli ulteriori scivolamenti nelle classifiche stilate dal PISA (Programme for International Student Assessment), in cui l’Italia ormai galleggia in coda alle graduatorie, in una sempre più prossima compagnia con la Grecia e con Paesi come la Serbia, la Turchia, l’Uruguay, la Thailandia, il Messico, l’Indonesia, la Tunisia e il Brasile. Eppure questi studi evidenziano in maniera eloquente i vantaggi per lo sviluppo del sistema economico e sociale del Paese, che derivano dal miglioramento dei livelli di istruzione e di formazione (un anno in più di istruzione, è stato stimato, è sufficiente per migliorare l’output economico del 3-6%). In tal senso, significativo è il risultato conseguito dall’Italia tra il 1990 e il 2000, ove il miglioramento dei livelli di istruzione e di formazione ha contribuito, in maniera consistente, all’aumento nella produttività del lavoro.
Nondimeno, l’Italia continua a registrare un livello di investimenti nell’istruzione al di sotto della media Ocse (5,3% del PIL, rispetto alla media Ocse del 5,6%) e a corrispondere ai propri insegnanti uno stipendio anch’esso al di sotto di quello medio corrisposto dagli altri Paesi Ocse. Né a mutare il quadro delle risorse a disposizione per la scuola ha contribuito l’ampia azione di intervento su i gangli vitali del sistema di istruzione e di formazione ove il maggiore incremento percentuale di investimenti pare sia stato registrato proprio dalla spesa per la propaganda trionfalistica messa in atto dal ministero dell’Istruzione.
Un silenzio dunque inquietante, che non lascia certo ben sperare per gli anni che verranno.

 

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