Nel Rapporto “la buona scuola”, presentato al Paese lo scorso 3 settembre 2014, è esplicitamente affermato che le proposte in esso contenute sarebbero state oggetto della “più grande consultazione – trasparente, pubblica, diffusa, online e offline – che l’Italia abbia mai conosciuto finora”. La consultazione pubblica è stata effettivamente avviata il 15 settembre 2014, su un sito internet dedicato, omonimo del Rapporto (www.labuonascuola.gov.it) e a cui tutti hanno potuto accedere previa registrazione, ma sin da subito si è potuta constatare la contraddittorietà tra l’asserita trasparenza che avrebbe dovuto caratterizzare tutta l’operazione e quanto realmente veniva fatto.
Ad oggi, anche dopo la presentazione di quelli che sarebbero i risultati della consultazione, non sono noti i nomi di coloro che hanno lavorato al Rapporto, né di coloro che hanno trattano ed elaborano le informazioni raccolte, né si conosce quanto è costato il loro lavoro, i criteri con cui sono stati coinvolti e con quali fondi di bilancio sono stati retribuiti.
Ancor di più, le stesse modalità di svolgimento della consultazione online sono apparse subito prive delle più elementari regole di trasparenza. Gli utenti che partecipavano alla consultazione, non avevano alcun feedback sulla loro partecipazione, né potevano verificare pubblicamente qual era l’andamento generale della consultazione, né quello dettagliato riferito alle singole tematiche. Per di più, non era impedito allo stesso soggetto di partecipare più volte, regola elementare prevista in ogni sondaggio, ma in questo caso stranamente disattesa. Basterebbe solo questo per cogliere la dimensione della certezza dei numeri della effettiva partecipazione che con tanta enfasi è stata descritta alla stampa.
La stessa pubblicazione del questionario pare fosse addirittura in palese violazione del Regolamento in materia di pubblicazione e diffusione dei sondaggi sui mezzi di comunicazione di massa dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AGCOM).
La consultazione sarebbe avvenuta in contrasto con le prescrizione anche metodologiche di detto Regolamento. Infatti, nella consultazione non c’è traccia della Nota informativa obbligatoria che avrebbe permesso anche di capire quale fosse la consistenza numerica dei partecipanti e dei rispondenti a cui la consultazione intendeva fare riferimento, nonché il numero o la percentuale dei non rispondenti; non c’è traccia del Documento di cui all’art. 5 del Regolamento AGCOM che, tra l’altro, avrebbe permesso di attingere anche ad informazioni quali la popolazione di riferimento; la distribuzione geografica partecipanti; la rappresentatività; il metodo di trattamento delle informazioni; la percentuale delle persone che hanno risposto a ciascuna domanda, etc…
In considerazione della valenza politica che il Governo ha attribuito alla Consultazione online, quale momento orientante delle scelte di riforma della scuola, essa avrebbe sicuramento richiesto più trasparenza in ogni suo aspetto. Oggi, alla luce di tutto ciò, non si comprende quale credibilità possano avere i risultati che sono stati presentati con tanta tronfia certezza.