Il personale Ata si ammala di più al Nord Italia mentre i docenti sono maggiormente di salute cagionevole al Sud, Calabria in testa. È questo in estrema sintesi il risultato di uno studio effettuato da Tuttoscuola sui dati del Miur riferiti al periodo 2011-2012. L’indagine è partita dalla “Sintesi in breve delle Certificazioni di malattia dei lavoratori dipendenti privati e pubblici del 2013”, pubblicata dall’Inps nel mese di novembre 2014, dalla quale è emerso che, tra il 2011 e il 2013 si è registrata una netta tendenza all’incremento delle certificazioni di malattia da parte dei dipendenti pubblici (Nord Est +33,7%, Nord Ovest +31,2%, Centro +25,9%, Sud +26,5%, Isole +18,2%) a fronte di una sostanziale stabilità dei lavoratori del settore privato (appena 1,1% in più).
Per quanto riguarda le assenze nei vari settori della scuola statale, non avendo la Funzione Pubblica e il Miur ancora reso pubblici i dati delle assenze del personale scolastico, le risultanze di riferimento restano i dati del 2011-12, che sono stati messi a confronto con quelli dei due anni precedenti. Nonostante questo elemento di limitatezza, in generale viene comunque confermata la tendenza all’incremento delle assenze rilevata dalla Sintesi breve dell’Inps per i dipendenti pubblici.
“In media – rivela lo studio di Tuttoscuola – i docenti dei diversi settori scolastici nel 2011-12 hanno cumulato 11,3 giorni di assenza pro-capite; due anni prima la media pro-capite era stata di 7,6 giorni, per un incremento medio di 3,8 giorni in più di assenza (+50%). L’incremento riguarda tutti i settori scolastici, dalla scuola dell’infanzia agli istituti superiori: in media 3,1 giorni in più per i docenti di scuola dell’infanzia, 3,3 giorni in più per i docenti della primaria, 4,7 giorni in più per i docenti della secondaria di I grado e 4,1 giorni per i professori degli istituti superiori”. Per quanto riguarda la distribuzione geografica i docenti piemontesi sono da considerarsi quelli “con salute di ferro”, essi infatti hanno cumulato in media 9 giorni di assenza nell’anno (con una media dei professori delle superiori di 8,6 giorni), seguono i loro colleghi marchigiani con 9,4 giorni in media (8,8 giorni per i maestri della primaria) e i veneti con 9,6 giorni (9,2 giorni per i professori delle superiori). I docenti con salute più “cagionevole” sono invece i calabresi, con una media di 15,4 giorni di assenza cumulati (con una punta di 17,7 giorni per i professori della scuola secondaria di I grado), un primato davvero poco onorevole che si avvicina quasi al doppio dei colleghi piemontesi (15,39 giorni per docente, contro 9,03). Dopo i docenti calabresi, si sono assentati di più i colleghi sardi (media di 13,7 giorni di assenza) e quelli siciliani (13,6).
Anche il personale Ata (amministrativo, tecnico e ausiliario) delle scuole statali ha fatto registrare nel 2011-12 un sensibile incremento medio dei giorni di assenza media pro-capite, rispetto a quanto rilevato nel 2009-10: quasi sei giorni di assenza di più in media, con maggiori incrementi al Nord. In particolare le maggiori assenze si sono registrate nel Nord Ovest (18,5 giorni); le minori assenze con una media di 14,7 giorni di assenza pro-capite si registrano al Sud dove le regioni più virtuose sono il Molise con una media di 12,5 giorni pro-capite, la Basilicata (13,4) e la Puglia (13,6). Le regioni con personale Ata più assenteista sono, invece, la Liguria con 19,8 giorni di assenza, l’Emilia-Romagna con 19,4 giorni di assenza e il Lazio con 19,3 giorni.
Un quadro assolutamente preoccupante che rappresenta uno degli “eventi sentinella” del quale, certamente, non hanno potuto non tenere conto i dirigenti scolastici ed i responsabili del servizio di prevenzione e protezione delle scuole nel momento in cui hanno elaborato il Documento di valutazione dei rischi, di cui al D.Lgs. 81/08 e successive modificazioni ed integrazioni, che stabilisce, tra l’altro, che la valutazione dei rischi deve fare riferimento a “tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari, tra cui anche quelli collegati allo stress lavoro-correlato, secondo i contenuti dell’Accordo europeo dell’8 ottobre 2004” (art. 28, comma 1).
Pio G. Sangiovanni