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L’EDUCAZIONE, LA “MATERIA OSCURA” ALLA BASE DEI PROBLEMI SOCIALI

Da “ilSussidiario.net”, 10 aprile 2025

DI GIORGIO RAGAZZINI –

Gli astrofisici ci dicono che la parte osservabile dell’universo (pianeti, stelle, galassie) ne costituisce solo il 5%, mentre il 95% è composto dalla “Materia Oscura” e dall’ “Energia Oscura”, ancora in gran parte misteriose e rilevate solo indirettamente attraverso i loro effetti. Dall’Energia Oscura, per esempio, dipenderebbe la velocità crescente con cui si espande l’universo. Questi invisibili ma fondamentali ingredienti del cosmo mi sono venuti in mente per associazione nel riflettere su quanto poco l’educazione viene di solito annoverata tra le cause dei problemi sociali.

La capacità dei genitori di corrispondere in misura sufficiente alle esigenze psichiche oltre che a quelle fisiche dei nuovi venuti è, come tutti sappiamo, di grande importanza per il loro successivo essere al mondo. Accanto alla vicinanza affettiva, l’altro scopo fondamentale dell’educazione è il graduale abbandono dell’onnipotenza infantile; in altre parole di quell’egocentrismo che è perfettamente normale all’inizio della vita. Ma diventare “grandi” significa fare i conti con l’esistenza e le esigenze degli altri, sperimentare i rifiuti e gli insuccessi senza scoraggiarsi, tollerare, insomma, le piccole e grandi frustrazioni. Non si tratta d’altra parte solo di una rinuncia (tanto più faticosa quanto meno precoce), ma di acquisire un governo di sé, l’autodisciplina, che renderà più soddisfacente e produttiva la vita, grazie alla capacità di impegnarsi, di concentrarsi, di perseverare nonostante le difficoltà, di instaurare relazioni positive basate sul rispetto e sull’aiuto reciproci.

È ovvio che un’educazione carente sul piano del principio di realtà non incide negativamente solo sull’autocontrollo e sullo spessore morale del singolo individuo, ma anche su quella dell’intera società, quando questa carenza non è sporadica ma ampiamente diffusa, come da vari decenni è accaduto in buona parte dell’Occidente. Come ha scritto Hanna Arendt con la consueta libertà mentale, «Il bambino deve essere protetto con cure speciali, perché non lo tocchi nessuna delle facoltà distruttive del mondo. Ma anche il mondo deve essere protetto per non essere devastato e distrutto dall’ondata di novità che esplode con ogni nuova generazione».

Capita però di rado che i commenti al ripetersi di episodi rappresentativi di problemi sociali includano l’educazione tra le loro possibili cause. La violenza contro le donne, per esempio, che arriva non di rado fino al loro assassinio, viene messa in conto a categorie come il maschilismo o addirittura a un superstite patriarcato. Che sono, però, più modi di descrivere il fenomeno ricorrendo a mentalità tipiche del passato, che un’individuazione di cause vere e proprie. Molto più convincente, e soprattutto più utile, la psicologia dell’età evolutiva. Scrive, tra gli altri, Alessandra Graziottin, ginecologa e psicoterapeuta che si è occupata più volte della violenza degli uomini contro le loro compagne:
«Ci sono denominatori comuni, in quest’aggressività violenta, armata e assassina contro le donne? E più in generale, nel crescendo di violenza fisica e di indifferenza morale che caratterizza molti comportamenti dei giovani? Il primo denominatore è la carenza educativa a controllare gli impulsi. Molti studi scientifici confermano che negli ultimi decenni la progressiva latitanza educativa, dei genitori prima, e poi della scuola, ha rallentato in modo evidente la capacità di controllare l’impulsività». Tutti possiamo avere a volte pensieri violenti o addirittura omicidi in un momento di collera. Siamo in grado di non passare all’azione se possediamo redini emotive e morali abbastanza robuste, grazie a un’educazione che abbia saputo dire “i no che aiutano a crescere”.

La scuola, come sappiamo, risente in maniera macroscopica della crisi educativa. In linea di principio i genitori dovrebbero “consegnare” agli insegnanti della scuola dell’infanzia o della primaria dei figli già in possesso dell’educazione di base in termini di autocontrollo. Purtroppo non sempre è così. E i problemi di disciplina sono stati a lungo addebitati a una didattica sorpassata, con particolare riferimento alla famigerata “lezione frontale”. Anche l’introduzione di qualche ora della cosiddetta “educazione affettiva”, oltre a certificare il fallimento di quella genitoriale, può avere una qualche utilità se si inserisce in un clima complessivo esigente sul piano del comportamento e se i docenti sono stati formati a praticare la fermezza educativa. La prova di quanto è estesa e radicata la malattia sono le numerose reazioni negative di fronte ai provvedimenti dell’attuale ministro che vanno in direzione di una maggiore correttezza. Ne verrebbe fuori una scuola “che punisce senza educare”, con il ritorno dei ceci sotto le ginocchia e le bacchettate sulle nocche. Slogan e caricature senza l’ombra di una seria argomentazione.

Naturalmente sul comportamento soprattutto degli adolescenti (come poi su quello dei giovani adulti) possono incidere negativamente anche altri fattori, a cominciare dalla qualità dei gruppi dei coetanei, così importanti in quegli anni, dalla presenza o meno di leader negativi o dall’atmosfera culturale di una zona o di un quartiere “degradato”. Ma un “sottofondo educativo” incompiuto è sicuramente presente in molti fenomeni. Pensiamo agli insulti e alle aggressioni di una parte delle tifoserie calcistiche, al bullismo a volte feroce e con esiti tragici, alla microcriminalità delle gang. Ed è largamente documentata la carenza di senso civico nella società italiana (in una parte più e meno altrove). E potremmo fare molti altri esempi.

È quindi indispensabile mettere in luce l’importanza dell’educazione non solo come prezioso investimento per il futuro di ogni bambino, ma anche come prevenzione di molti problemi sociali. Se rimarrà troppo spesso “materia oscura”, quindi invisibile e trascurata, questo fattore continuerà a danneggiare la qualità della vita e il progresso morale e civile. In questo campo la scuola potrebbe fare di più anche per i genitori, creando occasioni di riflessione e di dialogo sull’educazione e cercando di sconfiggere la confusione tra fermezza e autoritarismo. Può fare di più il servizio pubblico radiotelevisivo, con più frequenti approfondimenti sul mestiere di genitore. E possono fare molto di più per creare un clima civico più rispettoso delle regole (quindi anche più educativo) coloro che rivestono ruoli istituzionali, dal Presidente della Repubblica ai sindaci, ricordando spesso ai cittadini che oltre a molti giusti diritti hanno anche molti giusti doveri.

gruppodifirenze@gruppodifirenze.it

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