
di PIO G. SANGIOVANNI –
Al fine di favorire ulteriormente il dibattito e il confronto in atto sul testo base delle Nuove Indicazioni Nazionali sulla scuola dell’Infanzia e primo ciclo d’istruzione, diffuso lo scorso 11 marzo, iniziamo la pubblicazione del contributo scritto inviato alla segreteria della Commissione presieduta dal prof.ssa Loredana Perla, che riporta la posizione dell’Associazione Nazionale Docenti rispetto ai vari contenuti del corposo documento. Rinnoviamo l’invito a tutti i docenti e ai lettori a scriverci per approfondirne ogni aspetto, aumentando la consapevolezza sulle problematiche esistenti e sulla opportunità di apportare le necessarie modifiche e integrazioni.
1. La scuola, comunità educante e democratica?
Partendo dalla premessa culturale generale delle Nuove Indicazioni, non possiamo non rilevare un dato che appare abbastanza emblematico dell’evoluzione della struttura organizzativa e gestionale della scuola italiana, attraversata da profonde criticità e le cui radici affondano, a nostro avviso, anche nei numerosi cambiamenti introdotti con le riforme degli ultimi decenni. Che hanno determinato un vero e proprio mutamento genetico, cancellato i tratti di comunità educante e di comunità professionale per trasformarla in una sorta di “non-luogo”, privo di anima e di identità. Le evidenze, che emergono dall’esperienza di questo periodo, confermano come un modello di organizzazione possa influenzare la percezione e l’agire delle persone che ne fanno parte, possa condizionarne le scelte e i risultati.
Nel caso della scuola italiana, la cancellazione della figura del preside e l’introduzione di una figura burocratica, qual è il dirigente scolastico, la perdita di interesse per i risultati scolastici a favore di obiettivi di efficienza pseudo-aziendale, ha determinato una sclerotizzazione e un annichilimento della sua funzione educativa, la perdita della sua dimensione di comunità professionale, di comunità educante e di luogo democratico di confronto e di crescita culturale e civile. Tutto ciò è testimoniato dai tanti episodi della cronaca di ogni giorno che ci restituisce l’immagine di una scuola attraversata da profonde fratture, da conflittualità permanenti e da risultati scolastici che non reggono il confronto con quelli di altri Paesi.
L’articolo 32 del CCNL 2019/21 definisce la Scuola “Comunità educante e democratica”. Una comunità educante di dialogo, di ricerca, di esperienza sociale, improntata ai valori democratici e volta alla crescita della persona in tutte le sue dimensioni. In essa ognuno, con pari dignità e nella diversità dei ruoli, opera per garantire la formazione alla cittadinanza, la realizzazione del diritto allo studio, lo sviluppo delle potenzialità di ciascuno e il recupero delle situazioni di svantaggio, in armonia con i princìpi sanciti dalla Costituzione e dalla Convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia, approvata dall’ONU il 20 novembre 1989, e con i princìpi generali dell’ordinamento italiano.
Un concetto di “Comunità educante e democratica” che, nei fatti, viene evidentemente smentito dalla realtà della normativa che, con l’introduzione della Dirigenza scolastica, ha creato un sistema di tipo verticistico, una piramide che è palesemente l’opposto di quella che, per definizione, dovrebbe essere una realtà comunitaria democratica, nella quale non può essere ammessa una struttura gerarchica e, meno che mai, un vertice monocratico con poteri di fatto assoluti.
Una conferma indiretta di questa sorta di mutazione genetica già realizzata, la rileviamo anche nell’uso di tale espressione all’interno del documento: “comunità educante e professionale” ricorre, infatti, abbastanza normalmente, “democrazia” e le sue derivazioni, invece, non sembra abbiano uguale frequenza.
Naturalmente non è una questione di termini o di forma, tuttavia, come si suol dire, a volte la forma è anche sostanza. Come abbiamo già sottolineato durante l’audizione, l’Associazione Nazionale Docenti vuole ribadire e rilanciare un’idea e una visione di governance della “Scuola comunità educante e democratica”, che escluda categoricamente qualsiasi gerarchia se non quella derivante dall’esercizio della democrazia diretta, con l’elettività delle cariche di governo e autogoverno della scuola, compresa quella del preside, che sia a tempo e rieleggibile, non “a vita”.
Al contrario, la figura del Dirigente Scolastico così come previsto dalla normativa vigente, rappresenta una vera e propria operazione contro natura, un “incesto” mal riuscito, una anomalia problematica, destabilizzante e fuori luogo. Se si vuole introdurre nella scuola la figura di un manager che gestisca secondo regole aziendalistiche la macchina burocratica e amministrativa, si faccia, ma essa non può essere quella dell’attuale Dirigente scolastico. Figura a dir poco “paradossale” che nelle questioni disciplinari spesso concentra su di sé sia la funzione di “pubblico ministero”, che di collegio giudicante. A tale proposito appare un po’ patetico il tentativo, dato quasi per scontato, di mettere sullo stesso livello dirigenti, insegnanti, DSGA e personale ATA, pur sapendo che ciò non potrà tradursi in realtà possibile, se permane un rapporto di evidente e innegabile subordinazione.
Come già abbiamo avuto modo di chiarire in altre occasioni e sedi istituzionali, l’AND si è fatta promotore di un disegno di legge specifico che definisce in modo chiaro e compiuto una nuova governance della scuola in senso democratico e secondo il dettato costituzionale. Una visione diametralmente opposta all’attuale modello che, dati alla mano, dimostra di non essere adeguato e rappresentativo di una scuola “comunità educante e democratica”. Bisogna, in altri termini, cambiare il paradigma organizzativo e di governance passando dalla struttura verticistica piramidale a quella di tipo circolare.
Appare chiaro, inoltre, che se davvero si vuole andare anche verso la valorizzazione di figure che nel sistema scolastico ricoprono compiti e ruoli di responsabilità “derivata”, il cosiddetto “middle management”, va attuata un’autentica e radicale riforma dell’organizzazione della scuola dell’autonomia, della struttura stessa di funzionamento e di governo, in modo da farla diventare veramente una “comunità educante e democratica”.
In una simile visione è necessario che si vada verso una leadership condivisa e distribuita, che trasformi in primis la figura dell’attuale dirigente scolastico da autorità monocratica investita di un potere assoluto, a “primus inter pares” scelto democraticamente dal collegio dei docenti con libera procedura elettiva che potrebbe comprendere anche le figure intermedie, i collaboratori del preside, pienamente legittimati nell’esercizio di compiti e relative responsabilità. Un nuovo sistema di governance, dunque, nel quale gli incarichi dovranno essere a tempo, sicuramente rinnovabili ma per un numero limitato di mandati.
Anche se in ambito scolastico la leadership distribuita non è disciplinata da norme giuridiche specifiche, tuttavia rientra senz’altro in una visione fondata su principi organizzativi e pedagogici che promuovono la condivisione delle responsabilità e la partecipazione attiva di tutti gli attori coinvolti. Un approccio nuovo che fa però riferimento a norme e documenti che la supportano pienamente. Si può partire sicuramente dalla Legge 59/1997 e dal Decreto Legislativo 165/2001, che hanno introdotto l’autonomia scolastica, volta a favorire la gestione flessibile delle risorse e l’organizzazione dell’offerta formativa, creando implicitamente un contesto favorevole alla prassi della leadership distribuita. Anche la Legge 107/2015 (la “Buona Scuola”), pur non menzionando esplicitamente la leadership distribuita, promuove l’autonomia delle scuole e l’innovazione didattica, che sono anch’essi elementi che possono favorire l’adozione di questo modello.
Stesso discorso si può fare in riferimento ai Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro i quali non ne parlano in modo diretto, ma riconducono a una visione collegata alla gestione delle risorse umane in termini di collaborazione tra docenti e dirigenti. A confermare la possibilità di re-impostare un sistema di governance e organizzazione in senso democratico e orizzontale, si possono richiamare anche innumerevoli studi e ricerche accademiche sulla leadership scolastica i quali sottolineano l’importanza della leadership distribuita per migliorare l’efficienza e l’efficacia delle istituzioni scolastiche. Una leadership distribuita e condivisa, in quanto basata su intrinsechi principi pedagogici e organizzativi propedeutici alle norme giuridiche specifiche, già anticipate da un contesto normativo a favore dell’autonomia e innovazione scolastica.
Una siffatta visione organizzativa e gestionale, assegnerà centralità democratica all’organo preposto a tale funzione e responsabilità di scelta esaltando, in tal modo, lo spirito più autentico del principio stesso su cui si regge la vera scuola dell’autonomia.
Un rilancio vero, dunque, di un sistema-scuola autenticamente democratica e autonoma, al centro della quale, oltre agli studenti, viene posta la figura dei docenti, i “curriculum makers”, veri motori e anima dell’organizzazione scolastica e delle sue diverse articolazioni. In tal senso i docenti, dovranno essere necessariamente destinatari di un’autentica rivoluzione, sia dal punto di vista specifico della professione, che della progressione della carriera, superando finalmente la monotona “piattezza” attuale, che in parte è la causa e la conseguenza delle gravi criticità e del profondo malessere in cui ormai da troppo tempo si dibatte la figura del docente.
Per quanto riguarda la carriera, essa dovrà evolvere e articolarsi in corrispondenza della progressiva acquisizione di competenze e responsabilità, che comporterà l’obiettivo riconoscimento giuridico ed economico diverso, incentivando i docenti a migliorare continuamente la propria professionalità attraverso concorsi e valutazioni periodiche, basate sia sull’efficacia dell’insegnamento che sui ruoli e funzioni aggiuntive svolte nell’ambito scolastico.