di Redazione.
L’ultima settimana è stata fitta di eventi che hanno evidenziato la difficile fase attraversata dalla nostra scuola. Uno dopo l’altro si sono susseguiti episodi che hanno coinvolto studenti giovani e giovanissimi in atti di violenza, ultimo ed eclatante il suicidio dello studente quindicenne di Senigallia, vittima secondo i genitori (ma anche di alcuni studenti e amici) del bullismo di alcuni suoi compagni e coetanei.
Vicenda sulla quale il ministro Valditara ha chiesto “approfondimenti” all’Usr delle Marche auspicando che “la Scuola sappia intercettare le fragilità dei giovani ed educare al rispetto” con l’aiuto in primo luogo degli insegnanti, il cui ruolo “non si limita alla trasmissione del sapere, ma si estende alla costruzione di rapporti basati sull’ascolto, l’accoglienza e il rispetto reciproco”, intervenendo peraltro “con ‘autorevole severità’ contro ogni forma di violenza, prepotenza e bullismo”. Valditara incontrerà i genitori di Leonardo Calcina. Sul suo tavolo sono già arrivate le prime relazioni degli ispettori mandati all’istituto tecnico alberghiero Panzini di Senigallia.
Un rispetto per nulla avvertito da quello studente sedicenne di un istituto di Abbiategrasso, in provincia di Milano, che ha preso a pugni il suo professore di arte e disegno che lo aveva rimproverato, finito in ospedale con una prognosi di 21 giorni. Ma secondo il preside “i traumi psicologici potrebbero essere più duraturi”.
Lo stesso preside ha dichiarato di aver parlato con lo studente e i suoi genitori, e che il ragazzo “è consapevole della gravità del suo gesto”. Ciò che non lo sottrarrà a una sanzione da parte del consiglio dei docenti, data la gravità dell’aggressione. Ma, sottolinea il preside intervistato da Il Giorno, “Il nostro compito è far rimanere i nostri ragazzi a scuola”. Altrimenti la scuola fallirebbe nel suo compito principale.
Da ultimo, come riferisce Il Resto del Carlino, una madre ha denunciato il fatto che suo figlio di 12 anni, alunno di una scuola media di Ferrara, è stato “insultato e preso in giro” da due suoi compagni, senza che gli altri genitori, pur da lei avvertiti tramite la chat delle famiglie, prendessero in considerazione il problema.
Tre episodi diversi (per non parlare dei gravissimi fatti del Liceo Gullace di Roma), a dimostrazione del fatto che la violenza giovanile nelle scuole è un problema complesso, multidimensionale: certamente educativo, ma anche psicologico, sociale, familiare, e che la scuola da sola non lo può risolvere. Un problema che si è esacerbato negli ultimi anni dopo il Covid. Un tema che meriterebbe un’attenzione trasversale da parte delle forze politiche e multidisciplinare dal mondo della scienza. È o non è questa un’emergenza che tocca il Paese, o la Nazione, come preferisce dire la premier Meloni?