Lo “Schema di decreto legislativo recante norme sulla promozione della cultura umanistica, sulla valorizzazione del patrimonio e delle produzioni culturali e sul sostegno della creatività (Atto n. 382), sembra caratterizzarsi per una sequela generica di buone e nobili intenzioni, tutte sottoscrivibili in linea di principio ma che, tuttavia, andranno inesorabilmente a scontrarsi con i problemi di natura finanziaria e con l’assenza di risorse che da sempre penalizza il mondo della scuola e della scuola pubblica in particolare. Non si possono leggere in modo diverso alcuni testi di riferimento della bozza di decreto che citiamo a titolo di esempio:
(Art. 1 comma 4) “4. All’attuazione del presente decreto si provvede nell’ambito degli assetti ordinamentali, delle risorse finanziarie e strumentali nonché delle consistenze di organico disponibili a legislazioni vigente”.
(Art. 17) comma 1: “Dall’attuazione delle disposizioni di cui all’articolo 12 non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica”.
E comma 2: “Per l’attuazione del Piano delle Arti, di cui all’articolo 5 è istituito, nello stato di previsione del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, un apposito fondo denominato Fondo per la promozione della cultura umanistica, del patrimonio artistico e della creatività. Il fondo, di cui al primo periodo, ha una dotazione di 2 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2017. AI relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione di cui all’articolo 1, comma 202, della legge n. 107 del 2015”.
Insomma, una sorta di partita di giro. È necessario, invece, che l’intera tematica venga inserita organicamente a sistema, facendo in modo che si evitino in partenza elementi che, da preziose opportunità, si trasformino in orpelli e gineprai inestricabili dal punto di vista operativo e gestionale.
Per quanto riguarda, infine il riferimento al “Patrimonio culturale e valore del Made in Italy” e allo “sviluppo della creatività degli alunni e degli studenti” (Art. 1 comma 3), ripetuti e ripresi quasi come un mantra nel decreto, si rileva una certa confusione nel merito, in quanto il rilancio della cultura umanistica non può prescindere dalla promozione degli studi che riguardano l’uomo e la formazione integrale di un cittadino libero e consapevole, depositario di un senso critico e di un agire autonomo e responsabile, in ogni situazione di vita reale. Ci sembra assolutamente fuorviante il fatto di voler uniformare aspetti e logiche di tipo materiale e commerciale con elementi profondi che appartengono alla sfera della cultura e della civiltà, i quali, in quanto tali, contengono in sé un inestimabile valore intrinseco, da custodire e da rilanciare in termini di progetto di crescita personale, umana e sociale degli studenti, in prima istanza, e della società di riferimento più in generale.
In sostanza, non vorremmo rivivere in modo rovesciato l’infelice affermazione fatta qualche anno fa da un ministro della Repubblica, il quale sosteneva che “con la cultura non si mangia”. Generalizzando, infatti, con l’impostazione del decreto pare si voglia ridurre la cultura umanistica in “qualcosa che si mangia” o, che possa essere immediatamente mercificata.
Pio G. Sangiovanni