Note & Interventi

Per un governo democratico della scuola, Università “La Sapienza”, 5 febbraio 2013

Estratto dell’intervento del Prof. Francesco Greco, presidente dell’Associazione Nazionale Docenti

 

Saluti e ringraziamenti

Saluto e ringrazio gli autorevoli partecipanti e, in particolare, il prof. Gino De Vecchis che ci ospita nella Sezione di Geografia di questa Università.

Per noi, a differenza di altri che questo tema lo trattano solo da tempi recenti, si tratta di un percorso che va avanti ormai da diversi anni. L’ultima manifestazione pubblica, qui a Roma, l’abbiamo svolta il 16 dicembre del 2010 presso la Sala della Mercede della Camera dei Deputati, ad essa hanno partecipato autorevoli studiosi, parlamentari e docenti provenienti da diverse province.

Fine di questo seminario, per come spiegato nel programma, è di discutere e di approfondire contenuti e merito di alcune proposte di riforma che interessano i sistemi di governo delle scuole, anche al fine di valutare gli spazi di possibili proposte da portate all’attenzione della prossima legislatura.

 

Stato dell’arte

 

Come è noto sul tema della governance della scuola sono stati presentati diversi progetti di legge. Uno di questi, quello presentato dalla Presidente della VII Commissione Permanente della Camera dei Deputati, On. Valentina Aprea, e noto come progetto di legge n. 953, pur essendo stato presentato all’inizio della legislatura era poi finito su un “binario morto”. Il progetto è stato poi ripreso nella primavera del 2012, poco prima che la presentatrice lasciasse lo scranno di Montecitorio per andare a ricoprire quello di assessore presso la Regione Lombardia. In molti punti il testo è stato riformulato e, a dispetto del regolamento della Camera, gli viene concessa una corsia preferenziale, quella legislativa. A nulla sono valse le protese rivolte al Presidente della Camera, che riassegnava alla Commissione in sede legislativa un progetto di legge che aveva iniziato il suo iter in sede referente (come è giusto che fosse, dato che si trattava di un progetto che attiene a questioni generali di ampia portata), e quelle rivolte alla stessa Commissione, che procedeva senza tener conto che sul quel testo non c’era stata alcuna audizione parlamentare.

Il forte dissenso del mondo della scuola e la protesta di piazza ha poi indotto finalmente ad abbandonare l’idea di dare alla scuole una riforma ottriata.

Che fosse un testo inadeguato lo ammettevano in tanti, anche le stesse forze politiche che lo avevano votato, ma tutti si giustificavano che era il risultato di una mediazione, di un compromesso. Come se questo bastasse a giustificare una pessima riforma!

 

 

Cosa resta del Progetto di Legge 953

  • In primis, quest’esperienza lascia sul terreno la necessità di una riforma che parta davvero da altri presupposti, che attengono sia al metodo e che al merito, e che abbia come fine, per come richiesto dal mondo della scuola, quello di dare alle nostre scuole un assetto di governo democratico. Ciò potrà avvenire solo se si sposterà l’asse del modello organizzativo dal versante burocratico-amministrativo a quello pedagogico-didattico;
  • poi, recepisce l’autonomia statutaria per le scuole. Si tratta una proposta che io sostengo da oltre un decennio. L’autonomia statutaria non è prevista nel progetto di legge 953, ma è contenuta in altri due progetti di legge, nel progetto di legge 4121 presentato il 25 febbraio del 2011 dai deputati Laratta e Marini(PD) e nel progetto di legge 4896 presentato il 23 gennaio 2012 dal deputato Santolini(UDC). Quest’ultimo è uno dei testi abbinati al progetto di legge 953.

 

Premessa

Ciò detto, premetto che quanto appresso dirò parte da una visione che considera:

  • la scuola quale comunità di apprendimento;
  • la scuola quale comunità professionale;
  • scopo prevalente della scuola la crescita culturale e civile degli studenti.

 

L’autonomia statutaria. Dove nasce l’idea di un’autonomia statutaria per le scuole?

 

Come è noto, il nostro ordinamento costituzionale riconosce autonomia statutaria non solo agli enti territoriali, «i Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni sono enti autonomi con propri statuti, poteri e funzioni secondo i principi fissati dalla Costituzione» (articolo 114, secondo comma), ma anche alle istituzioni di alta cultura, alle università e alle accademie «Le istituzioni di alta cultura, università ed accademie, hanno il diritto di darsi ordinamenti autonomi nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato» (articolo 33, sesto comma).

Il processo di esercizio effettivo di tali potestà, tuttavia, come ben sappiamo, ha avuto una lunga gestazione. Se, infatti, si prescinde dalle regioni, la cui storia è ben nota, e dai comuni che solo nel 1990 con la legge n. 142 del 1990 si sono potuti dotare di uno statuto, le università hanno dovuto aspettare la legge n. 168 del 1989; mentre le istituzioni artistiche e musicali hanno dovuto aspettare prima la legge n. 508 del 1999 e poi il regolamento di attuazione emanato nel febbraio 2003 (regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 132 del 2003).

La scuola, dunque, non è tra gli enti cui la Costituzione riconosce autonomia statutaria. La situazione cambia con la riforma del titolo V della parte seconda della Costituzione (legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3) che nell’attribuire alle regioni potestà di legislazione concorrente in materia di istruzione, fa «salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche» (articolo 117). Si tratta di un punto di snodo molto importante. Il riconoscimento di una rilevanza costituzionale all’autonomia scolastica non solo amplia il quadro legislativo tracciato dalla citata legge n. 59 del 1997, ma apre, a mio giudizio, anche la prospettiva per riconoscere alle scuole un ulteriore e indispensabile grado di libertà, rappresentato dall’autonomia statutaria.

Ciò si può comprendere se si considera la natura degli elementi fondanti dell’autonomia statutaria che il nostro ordinamento riconosce ad alcuni soggetti. Infatti, mentre l’autonomia che la Costituzione riconosce agli enti territoriali si fonda sulla natura elettiva dei loro organi di governo, quale proiezione della sovranità delle comunità che amministrano, quella delle università e degli istituti di alta formazione artistica e musicale non può che fondarsi sulle garanzie che la Costituzione riconosce alla libertà di insegnamento (articolo 33).

Parimenti vale per l’attribuzione dell’autonomia statutaria alle scuole che, nel rispetto delle linee generali fissate dallo Stato, acquisiscono la titolarità di un potere normativo coerente con la loro missione, imperniato sulla funzione che legittima la loro stessa esistenza, l’insegnamento. In altro modo, l’autonomia statutaria darebbe alle scuole la piena legittimità di darsi, finalmente, un modello di organizzazione funzionale al processo che gestiscono, l’insegnamento-apprendimento.

 

 

Cosa può consentire l’autonomia statutaria?

 

Spetta, per come detto, alla legge attribuire alle scuole l’autonomia statutaria, così come spetta alla legge definire le linee di un governo democratico della scuola, dettando, a livello nazionale, i principi cui devono sottostare gli statuti e definendo, a questo livello, quale debba essere l’articolazione delle competenze degli organi di governo della scuola. La scrittura degli statuti spetterà, poi, alle scuole. Per esse la fase redigente degli statuti non potrà che rappresentare il momento più alto e caratterizzante, in cui ogni istituzione scolastica traccia le linee della sua entità organizzativa.

Cionondimeno, è impensabile che l’attribuzione dell’autonomia statutaria possa avvenire in assenza di un ridisegno generale e profondo del ruolo e delle funzioni degli attuali organi di governo della scuola. In altro modo, se fosse calata sulle nostre scuole ora come sono, con una struttura di governo sostanzialmente dirigista e monocratica, sarebbe solo lo strumento per consentire ai dirigenti scolastici di cucirsi addosso una scuola su misura. Quanto di più deleterio possa immaginarsi!

Con l’autonomia statutaria si verrebbe, infatti, ad attribuire alle scuole una vera e propria potestà normativa, dato che gli statuti una volta adottati diventano fonte di diritto. Proprio per questo, l’attribuzione alle scuole di un tale potere non può prescindere dall’esistenza di alcune condizioni che sono il cardine del funzionamento democratico di ogni organizzazione sociale, piccola o grande che sia. Tali condizioni si identificano nei meccanismi di equilibrio dei poteri; nell’esistenza di un sistema di pesi e di contrappesi, che consente ad un potere di controllare l’altro e a sua volta e di essere limitato da questo. Nella scuola, solo un sistema distribuito delle competenze e delle responsabilità può assicurare un governo democratico della stessa e garantire partecipazione e responsabilità nei diversi processi decisionali.

 

 

Il governo democratico della scuola

 

Il governo democratico dell’istituzione scolastica si basa, innanzitutto, sul superamento dell’attuale modello burocratico e dirigistico di derivazione aziendalistica.

1. Ciò comporta, in primo luogo, l’abbandono dell’attuale figura del dirigente scolastico a favore di un preside eletto e a tempo.

Non si tratta di una modificazione nominalistica, ma sostanziale.

Temporaneità del mandato del rappresentante dell’istituzione scolastica e conferimento attraverso l’elezione da parte della comunità scolastica consentirebbe alle nostre scuole di orientarsi verso quei modelli di organizzazione reticolare delle responsabilità ove ciascuno percepisce il proprio ruolo senza servirsi del potere insito nella funzione che ricopre e favorirebbe possibilità di scambio di esperienze “tra pari”, che sono proprie delle comunità di apprendimento, ove il sapere dell’uno viene messo a disposizione dell’altro, in un processo circolare di costruzione della conoscenza che si riverbera anche nella prassi quotidiana dell’agire educativo.

Per il preside eletto la temporaneità dell’incarico e il suo conferimento attraverso l’elezione non possono che accentuare il carattere etico di missione della sua azione, che diviene imprescindibile dalla qualità e dai risultati del processo di insegnamento-apprendimento e dal rapporto con l’insegnamento, che è solo sospeso per la durata del mandato.

Alle scuole deve, inoltre, essere riconosciuta la facoltà di eleggere un preside anche non in servizio presso la scuola che lo elegge.

Le condizioni per essere eletto devono essere la sua iscrizione all’albo della docenza della regione ove ha sede la scuola e l’aver conseguito un certo status professionale.

 

2. In secondo luogo, bisogna prevedere una chiara distinzione tra funzioni di indirizzo e di gestione, queste ultime demandate, come avviene in altri Paesi europei, a un organo collegiale: la Direzione.

La Direzione, oltre a possedere competenze proprie, propositive, di impulso ed esecutive degli atti del consiglio d’istituto e del collegio dei docenti, dovrà essere dotata di una competenza generale residuale rispetto agli atti rientranti nelle funzioni degli organi dell’istituzione scolastica e che non sono riservati dalla legge o dallo statuto al consiglio d’istituto e al collegio dei docenti.

 

 

 

Professione docente

Il reindirizzamento dell’asse dell’organizzazione scolastica, dal versante burocratico e amministrativo a quello di un’efficace gestione del processo di insegnamento-apprendimento, non potrà che porre finalmente gli apprendimenti al centro dell’organizzazione della scuola con chiari riflessi anche sul ruolo dei docenti che ad essi sono preposti.

 

 

Fasce della docenza

Ruoli diversi richiederanno competenze e responsabilità distribuite e diversificate (Leadership distribuita), oltreché la disponibilità a svolgerli in contesti differenti. Ciò non potrà che comportare la previsione di uno sviluppo della professione degli insegnanti in fasce funzionali non gerarchiche, di docente associato, docente esperto e docente superiore, che consenta ai docenti, che per merito raggiungono la fascia superiore, di ricoprire ruoli rilevanti, compreso quello di preside di un’istituzione scolastica.

A ciascuna fascia dovrà corrispondere un distinto riconoscimento giuridico ed economico della professionalità maturata. Nondimeno, all’interno di ciascuna fascia professionale dovrà essere garantita la progressione economica automatica per anzianità, secondo aumenti a cadenza biennale e secondo parametri nazionali.

 

Albi regionali della docenza

A tale riguardo occorre prevedere l’istituzione di Albi regionali della docenza, ove siano iscritti i docenti in possesso della sola abilitazione e i docenti appartenenti alle fasce di docente associato, docente esperto e docente superiore.

 

 

Accesso alle fasce della docenza

Gli albi regionali della docenza, distinti per ordine di scuola, si potranno articolare in:

a) albo dei docenti abilitati, al quale saranno iscritti coloro che hanno conseguito la laurea magistrale o il diploma accademico di secondo livello e l’abilitazione all’insegnamento;

b) albo dei docenti associati, al quale saranno iscritti i docenti a tempo indeterminato in servizio presso un’istituzione scolastica statale;

c) albo dei docenti esperti, al quale sono iscritti coloro che appartengono alla fascia di docente esperto a seguito della procedura di selezione per soli titoli espletata a livello regionale;

d) albo dei docenti superiori, al quale saranno iscritti coloro che appartengono alla fascia di docente superiore a seguito della procedura concorsuale di espletata a livello nazionale.

 

 

Funzioni attribuibili

  • ai docenti esperti potranno essere attribuite dal collegio dei docenti specifiche funzioni in relazione ad attività di formazione iniziale e di aggiornamento permanente degli altri docenti e ad altre attività connesse all’attuazione del piano formativo;
  • ai docenti superiori potranno essere attribuite dal collegio dei docenti funzioni complesse, quali il coordinamento di dipartimenti o di gruppi di progetto, di valutazione interna ed esterna, nonché incarichi ulteriori rispetto all’insegnamento remunerati con compensi aggiuntivi rispetto allo stipendio maturato, nell’ambito delle risorse iscritte in un apposito fondo d’istituto. I docenti superiori potranno essere eletti presidi di una istituzione scolastica nella regione ove sono iscritti all’albo regionale della docenza.

 

 

Valutazione dei docenti

 

L’attività del personale appartenente alle fasce di docente associato e di docente esperto dovrà essere soggetta a una valutazione periodica, effettuata da un comitato di valutazione istituito all’interno dell’istituzione scolastica.

La valutazione atterrà per i docenti associati all’efficacia dell’azione didattica e formativa e per i docenti esperti ai risultati delle funzioni attribuite. Le valutazioni periodiche costituiranno un credito professionale documentato utilizzabile ai fini della progressione di carriera e saranno riportate nel fascicolo personale del docente.

 

Tutela dell’insegnamento

Appare chiaro che le garanzie poste dalla Costituzione a favore dell’insegnamento possono trovare attuazione solo se saranno salvaguardate l’autonomia professionale degli insegnanti e la loro piena partecipazione al governo democratico dell’istituzione scolastica. Pertanto si rileva che lo stato giuridico dei docenti non può più essere assimilato, come ora anche sul piano disciplinare, a quello di altri dipendenti della pubblica amministrazione, ma richiede una propria disciplina e uno specifico sistema di tutele affidato ad un organismo tecnico-rappresentativo della professione, quale può essere il Consiglio Superiore della Docenza.

 

 

Consiglio Superiore della Docenza

Il Consiglio Superiore della Docenza, quale un organismo tecnico rappresentativo della funzione docente, si potrà articolare in sezioni regionali.

 

Funzioni del Consiglio Superiore della Docenza

Al Consiglio Superiore della Docenza potranno essere attribuite competenze relative a:

a) raccolta e conservazione dei dati contenuti negli albi regionali;

b) redazione e aggiornamento del codice deontologico della professione docente;

c) definizione e aggiornamento degli standard professionali dei docenti;

d) esercizio delle potestà disciplinari di secondo grado sugli iscritti agli albi regionali.

Il Consiglio superiore della docenza formulerebbe, inoltre, proposte e pareri obbligatori in merito alla determinazione degli obiettivi, dei criteri di valutazione e dei mezzi per il conseguimento degli obiettivi generali del sistema nazionale di istruzione e di formazione, nonché sulle procedure per il conseguimento dell’abilitazione all’insegnamento, per il reclutamento dei docenti, per la formazione iniziale e per la definizione delle classi di concorso.

 

Funzioni delle Sezioni Regionali del Consiglio Superiore della Docenza

Le Sezioni Regionali del Consiglio Superiore della Docenza provvederebbero alla tenuta degli albi regionali, alla formulazione di pareri e di proposte in materie attribuite al medesimo Consiglio per quanto riguarda l’ambito di rispettiva competenza e alla designazione di un componente dei comitati di valutazione.

Nell’ambito delle sezioni regionali dovrebbero essere istituite distinte commissioni disciplinari di primo grado con competenze riferite ai vari ordini di scuola.

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