4/9/2003
di Francesco Greco
Presidente dell’Associazione Nazionale Docenti
Comunicato stampa
Accade spesso che il moltiplicarsi delle parole nasconda intenti esattamente opposti a quelli che vengono enunciati. Democrazia è uno dei vocaboli più utilizzati nella scuola italiana ma i fatti dicono che è anche uno dei princìpi meno praticati. La Democrazia, infatti, nasce come istituzione assembleare e si sostanzia del diritto da parte dei cittadini di confrontarsi, parlarsi, discutere dei problemi generali o specifici di un gruppo di persone. Pochi lo sanno ma tutto questo non sempre è permesso nella scuola italiana. E non lo è anche per l’esplicito divieto posto dai sindacati firmatari del contratto, che, appoggiandosi a un discutibilissimo criterio di “maggiore rappresentatività” hanno stabilito l’interdetto agli altri sindacati di indire assemblee nelle scuole in orario di servizio se non sotto la loro egida. In concreto, questo significa la messa sotto tutela della libertà sindacale e con essa della libera espressione del pensiero degli insegnanti.
Eloquente e significativa di tale situazione -fra i tanti documenti- la Nota Aran del 22 maggio 2001 – Prot. 7732 – oggetto: note di chiarimento in materia di relazioni sindacali, la quale, facendo riferimento al CCNL del 15 marzo 2001 firmato da Cgil-Cisl-Uil e Snals, afferma che «l’assemblea sindacale può essere indetta esclusivamente dai soggetti indicati nell’art. 13 del CCNL del 15 marzo 2001» e ribadisce la proibizione a tenere Assemblee nelle scuole per gli insegnanti che ne abbiano l’esigenza -anche se fossero la maggioranza o la totalità del corpo docente- e per tutte le organizzazioni cosiddette «non rappresentative, ancorché presenti nell’ente ed ancorché presentatrici delle liste i cui candidati sono stati eletti nelle RSU».
L’A.N.D. ritiene che norme e accordi siffatti siano indegni di un Paese che si dice democratico e avanzato; esse rappresentano, invece, un’inammissibile ipoteca burocratica posta sui docenti delle scuole italiane. Già nel 1783 Immanuel Kant denunciava la pretesa delle grandi organizzazioni burocratiche di imporre la propria volontà a degli esseri umani ritenuti costantemente «minorenni» e affermava che «il pubblico uso della propria ragione dev’essere libero in ogni tempo». È incredibile e non più tollerabile che -dopo più di due secoli- in Italia ci sia ancora chi voglia mantenere sotto controllo il diritto pubblico di parola e di discussione collegiale degli educatori.
Chiediamo pertanto al Governo, all’Aran e a chiunque sia responsabile dell’attuale situazione di attivarsi affinché il diritto di assemblea sia restituito a tutti i soggetti collettivi che operano nella scuola; che ai docenti sia riconosciuta, nel limite del monte ore stabilito dai contratti, la possibilità di partecipare alle assemblee indipendentemente dal soggetto sindacale che le ha organizzate.
(26 novembre 2002)