di Redazione.
Lunedì 8 luglio 2024 l’Associazione Nazionale Docenti ha partecipato all’incontro con la Commissione di studio incaricata dal MIM di elaborare e formulare proposte finalizzate alla eventuale revisione delle Indicazioni nazionali e delle Linee guide relative al primo e secondo ciclo di istruzione. La riunione, svoltasi in modalità online, rientra in un percorso al termine del quale saranno circa 120 fra associazioni che operano nel mondo della scuola e organizzazioni sindacali di categoria, ad essere ascoltate, con l’obiettivo di raccogliere indicazioni e proposte di modifiche e aggiornamento delle Indicazioni nazionali e Linee guida, la cui elaborazione risale ormai a oltre un decennio fa.
Per l’Associazione Nazionale Docenti sono intervenuti il presidente nazionale prof. Pio G. Sangiovanni e il prof. Stefano Luigi Mangia.
Pubblichiamo di seguito integralmente il documento che è stato presentato in modo sintetico alla Commissione e successivamente inviato per e-mail agli atti della stessa.
Documento audizione Commissione di studio per la revisione delle indicazioni nazionali e linee guida relative al primo e al secondo ciclo di istruzione – Lunedì 8 luglio 2024 – ore 9:00 – 10:30
(Prof. Pio G. Sangiovanni – Presidente nazionale AND)
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Voglio innanzitutto salutare tutti i partecipanti a questo incontro e rivolgere un ringraziamento particolare alla coordinatrice per il cortese invito ad intervenire rivolto all’Associazione Nazionale Docenti.
Cercherò, insieme al collega Stefano Luigi Mangia del Consiglio Nazionale AND, nei limiti del tempo a disposizione, di richiamare tutti i contenuti, le idee e proposte che sono parte integrante di un documento più articolato e organico, che invieremo nei prossimi giorni alla segreteria organizzativa della Commissione per la revisione delle Indicazioni nazionali e linee guida del primo e secondo ciclo di istruzione.
Si tratta, a nostro avviso, di una iniziativa molto opportuna che consente di fare il punto della situazione così come previsto “dall’articolo 12, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 15 marzo 2010, n.89, che stabilisce che le Indicazioni nazionali sono aggiornate periodicamente in relazione agli sviluppi culturali emergenti, nonché alle esigenze espresse dalle università, dalle istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica e dal mondo del lavoro e delle professioni”.
In ogni caso, preliminarmente, considerato che i quesiti posti interessano in modo diretto lo stato attuale della scuola italiana e le criticità che la caratterizzano, non si può non far rilevare che le radici di tali criticità affondano nei cambiamenti introdotti con le riforme degli ultimi decenni. La sensazione che si ha è che queste riforme abbiano impresso alla scuola un vero e proprio mutamento genetico, cancellato i tratti di comunità professionale e di comunità educante per trasformarla, spesso, in un non-luogo, privo di anima e di identità. Le evidenze, che emergono dall’esperienza di questo periodo, confermano come un modello di organizzazione possa influenzare la percezione e l’agire delle persone che ne fanno parte, possa condizionarne le scelte e i risultati. Nel caso della scuola italiana, la cancellazione della figura del preside e l’introduzione di una figura burocratica, qual è il dirigente scolastico, la perdita di interesse per i risultati scolastici a favore di obiettivi di efficienza pseudo-aziendale, ha determinato una sclerotizzazione e un annichilimento della sua funzione educativa, la perdita della sua dimensione di comunità professionale, di comunità educante e di luogo democratico di confronto e di crescita culturale e civile. Tutto ciò è testimoniato dai tanti episodi della cronaca di ogni giorno che ci restituisce l’immagine di una scuola attraversata da profonde fratture, da conflittualità permanenti e da risultati scolastici che non reggono il confronto con quelli di altri Paesi.
Nell’esposizione procederemo secondo l’ordine indicato nella mail di invito.
a. I nuovi bisogni emergenti nella realtà quotidiana del “fare scuola”.
Una tendenza particolarmente acuita negli ultimi anni, riguarda quello che possiamo definire come un senso di sfilacciamento del tessuto delle relazioni in ambito familiare e, più in generale, delle relazioni umane e sociali del contesto ambientale in cui si consuma il vissuto quotidiano. Una progressiva scomparsa di coordinate solide di riferimento scaduta nel successivo impoverimento del patrimonio culturale, valoriale, sociale e umano in senso lato. Le conseguenze si sono tradotte in atteggiamenti e comportamenti oscillanti fra l’indolenza e l’aggressività, intervallate da chiusure nell’apatia o nella “solitudine” social. La scuola, inevitabilmente, si è trasformata nell’elemento catalizzante, il parafulmine di tutte le tensioni e conflitti legati alle dinamiche adolescenziali, familiari e del proprio inconscio. Fare scuola oggi, nel senso completo e complesso delle attività di insegnamento/apprendimento, vuol dire confrontarsi quotidianamente con questo universo variegato e profondo che ci interroga e ci provoca continuamente, senza tregua, insistente e ossessivo.
E le risposte devono essere immediate, puntuali, professionali e inappuntabili, senza incertezze, semplificazioni autoritarie o fughe in avanti. Ciò di cui c’è assoluto bisogno da parte dei docenti e dell’istituzione scolastica più in generale, è un equilibrato approccio razionale, evitando il rischio di rifugiarsi in chiusure e irrigidimenti che avrebbero come unico effetto quello di alzare il livello di uno scontro, peraltro già in atto, fra le componenti della stessa “comunità educante”. Sarebbe del tutto inutile e pericoloso e minerebbe alle fondamenta quello che è uno dei pilastri portanti della società in cui viviamo.
Certo, i nuovi bisogni emergenti discendono direttamente da quanto brevemente descritto: avere e dare certezze, innanzitutto dal punto di vista del rispetto delle regole, chiarezza nella declinazione dei percorsi, degli obiettivi e finalità, dei contenuti, metodologie e strumenti, all’insegna dell’efficienza ed efficacia. Ma alla base di tutto c’è bisogno di serenità, di un clima accogliente, rassicurante, attrattivo.
b) Le routine/pratiche che “appesantiscono” oggi il lavoro di un insegnante.
Il grande nemico della nobile arte dell’insegnamento/apprendimento è senz’altro quello dell’eccessiva e opprimente burocratizzazione delle procedure che incatenano e sviliscono il lavoro del docente. Paradossalmente ciò è avvenuto proprio nel momento in cui sono state introdotte e si sono affermate nella vita scolastica, e non solo, le nuove tecnologie presentate come una vera panacea in grado di snellire, rendere efficienti ed efficaci le attività scolastiche, la didattica, la gestione delle informazioni e della vita della comunità educante e democratica. Invece sembra che le cose siano diventate incredibilmente più complesse e farraginose, a volte per la difficoltà da parte del corpo docente di padroneggiare le competenze digitali attraverso corsi frequentati spesso in modo svogliato e superficiale, visti come un obbligo da adempiere e non come un’opportunità da cogliere per migliorare professionalmente e didatticamente.
Le nuove tecnologie, inoltre, hanno dato la stura ad un proliferare di gruppi e community, WhatsApp in primis, che hanno creato una sorta di filo diretto continuo, ossessivo e invadente che condiziona l’intera esistenza del docente, insinuandosi negli spazi privati e riservati della sua vita. Sembra quasi che non ci sia più differenza fra tempo del lavoro e tempo libero, della famiglia e degli affetti personali. Non appare esagerato affermare che si è giunti ad una condizione di “caos organizzato”, capace di esasperare le tensioni esistenti, scatenandone altre ancora, in una specie di reazione a catena. L’esito finale, com’è facilmente immaginabile, è una condizione di sindrome depressiva con frequenti cambiamenti di umore, oscillanti fra distacco insensibile di fronte a ciò che avviene intorno a sé e scatti inconsulti d’ira, accompagnati da innaturale aggressività.
La condizione descritta, probabilmente disegna scenari apocalittici che a qualcuno potrebbero sembrare esagerati, ma essi esistono realmente e, fatto non secondario, hanno una esatta corrispondenza nella componente studenti e genitori. Non si spiegherebbero diversamente, del resto, gli allarmanti episodi di aggressioni fisiche, verbali e virtuali, in pericoloso e costante aumento.
La semplificazione del complesso delle pratiche amministrative (già di per sé alte, ma esplose esponenzialmente negli ultimi anni con le incombenze per i PCTO, l’Educazione Civica e l’Orientamento) è essenziale per consentire agli insegnanti di dedicare più tempo ed energie alla didattica e all’interazione con gli studenti. Una possibile soluzione potrebbe essere quantomeno quella di ridurla attraverso l’utilizzo di piattaforme digitali efficienti e centralizzate, già predefinite e validate, alle quali far accedere tutti i Docenti del Consiglio di classe o interessati, nella quale si realizzi la più ampia circolarità e condivisione.
c) Ipotesi per migliorare/aggiornare le attuali Indicazioni e Linee guida per la scuola del primo e del secondo ciclo.
Negli ultimi anni è stato posto al centro dell’attenzione e del dibattito più in generale, il tema dell’Intelligenza Artificiale, delle sue enormi potenzialità come strumento di supporto al lavoro di ricerca e rielaborazione dei contenuti, ma anche dei rischi insiti in un suo utilizzo improprio e fuorviante, soprattutto per quanto riguarda la produzione delle consegne scolastiche da parte degli studenti. Insomma, l’Intelligenza Artificiale non può sostituire l’intelligenza umana, nè tantomeno può prendere il posto, sotto mentite spoglie, degli studenti nella produzione del lavoro domestico o, peggio ancora, delle prove di verifica ufficiali durante l’anno scolastico e, meno che mai, durante le prove di Esame.
Si tratta di una evoluzione naturale di trasformazione che ha subito un’inattesa accelerazione, divenuta ormai inarrestabile e dagli esiti del tutto imprevedibili. E’ necessario, quindi, che di IA si parli in modo compiuto, maturo e consapevole anche nelle indicazioni nazionali, a cominciare dalla voce “Tecnologia” del documento del primo ciclo di istruzione. Sarebbe del tutto inutile e contraddittorio accettarla e magari esaltarla nell’uso quotidiano a tutti i livelli e contemporaneamente tenerla fuori dalla porta della scuola, pur rendendosi ben conto del fatto che essa è già entrata dalla finestra.
Sulla scia ed in continuità con il PNSD si dovrà inserire nel sistema scuola, all’interno di una cornice ben strutturata e regolamentata, che al momento rappresenta l’ultima frontiera delle nuove tecnologie e della vita, di un futuro che è già adesso.
d) Priorità
1) Le Scuole secondarie di primo grado appaiono come un vero e proprio anello debole del sistema scolastico; su di esse si addensano le problematiche più urgenti da affrontare e risolvere. Si ha infatti la sensazione che, a fronte di un impianto teorico perfettamente definito e strutturato nelle Indicazioni nazionali, ci sia una distanza rilevante fra i risultati attesi e previsti e i traguardi effettivamente raggiunti. Proprio nel senso di ciò che viene affermato nel documento:
“… Nella scuola secondaria di primo grado si realizza l’accesso alle discipline come punti di vista sulla realtà e come modalità di conoscenza, interpretazione e rappresentazione del mondo.” e “… Nella scuola secondaria di primo grado vengono favorite una più approfondita padronanza delle discipline e un’articolata organizzazione delle conoscenze, nella prospettiva dell’elaborazione di un sapere sempre meglio integrato e padroneggiato.”.
Riteniamo che sia necessaria una approfondita rivisitazione dell’impostazione complessiva del triennio conclusivo del primo ciclo di istruzione, in modo da renderlo meglio sincronizzato con il percorso di studi che lo precede e il successivo passaggio verso il nuovo mondo del secondo ciclo, nel quale gli studenti verranno immediatamente catapultati. Manca del tutto, o è presente in maniera ridotta, la capacità degli studenti di orientarsi nelle scelte future e non è sufficiente aver previsto nel successivo biennio dell’obbligo delle superiori, la possibilità di attivare percorsi “passerella” di riorientamento verso sistemi scolastici diversi da quello scelto in precedenza.
2) Introdurre nel curriculum delle scuole di ogni ordine e grado l’Educazione emotiva, possibilmente, però, non con la classica dicitura “senza ulteriori oneri per la finanza pubblica”, spalmata quindi, in modo trasversale fra tutte le discipline di insegnamento. Al contrario dovrebbe essere un inserimento strutturato come materia di insegnamento e relativa classe di concorso.
L’inclusione di programmi di educazione emotiva nel curriculum scolastico può migliorare il benessere psicologico degli studenti, ridurre i livelli di stress e ansia, prevenire il bullismo e favorire un ambiente scolastico più inclusivo e rispettoso.
Studi specifici nelle scuole che hanno adottato programmi di educazione all’intelligenza emotiva come, ad esempio, quelli condotti da James Parker, Durlak e Weissberg, Petrides, Furnham, Frederikson, hanno dimostrato che in contesti in cui l’educazione emotiva è parte integrante del curriculum, si osservano tassi ridotti di violenza scolastica, migliori risultati accademici, minore dispersione scolastica, minor uso di alcol e tabacco e un maggior benessere generale degli studenti.
Paesi come Finlandia, Danimarca, Svezia, Spagna e Ungheria hanno già integrato l’educazione all’intelligenza emotiva nei loro sistemi scolastici con risultati positivi, dimostrando l’efficacia di tali programmi nel migliorare le competenze sociali e il rendimento scolastico complessivo degli studenti.
I dati statistici ci dicono che in assenza di educazione emotiva, le scuole registrano tassi sempre più elevati di problemi comportamentali, bullismo e scarsa coesione sociale (si pensi al fenomeno dei ragazzi Hikikomori). Gli studenti tendono ad avere maggiori difficoltà nel gestire stress e le emozioni “negative”, il che può portare a un peggioramento del rendimento scolastico (Dispersione scolastica) e del benessere generale (suicidi e azioni estreme).
Al contrario, invece, le scuole che hanno implementato programmi di educazione emotiva, mostrano una diminuzione del 20-30% negli incidenti di bullismo, un miglioramento del 10-15% nei risultati accademici e una significativa riduzione dei livelli di ansia e stress tra gli studenti.
L’introduzione dell’insegnamento dell’educazione emotiva rappresenta un’esigenza ampiamente condivisa in tutte le componenti del mondo della scuola. In particolare si segnala il Movimento letterario – artistico nazionale “Creazionismo per una nuova era” che, con il sostegno di varie associazioni che operano nel mondo della scuola, dirigenti scolastici, Uffici scolastici regionali, gruppi e movimenti attivi a livello socio-culturale, si è rivolto al Ministro dell’Istruzione sottolineando la necessità e l’importanza di introdurre stabilmente l’educazione all’intelligenza emotiva nel curricolo delle scuole di ogni ordine e grado.
e) Pratiche formative per le competenze per il lavoro e le professioni del futuro.
Educare al pensiero critico come approccio strategico fondamentale per consentire al cittadino del futuro di acquisire le competenze specifiche e un sapere consapevole, in modo da attrezzarsi ad affrontare la vita in tutte le sue declinazioni, sia che si parli della sua sfera personale, familiare o di gruppo, o che ci si riferisca a dinamiche sociali più ampie. Affrontare e vivere in modo consapevole l’universo a volte incognito e misterioso della rete, dei suoi messaggi spesso fuorvianti e ingannevoli, densi di rischi e portatori di tensioni distruttive.
La tendenza alla semplificazione dei rapporti ma anche dei processi di formazione delle idee e del valore stesso delle certezze, grazie anche all’apporto delle nuove tecnologie e non solo, ma di quel formidabile laboratorio turbinoso di informazioni, notizie, contenuti, immagini, messaggi e strumenti per indagare e riprodurre la realtà, che possiamo riassumere con il nome di Intelligenza artificiale, pone l’individuo (giovani, docenti, genitori, bambini e adulti, nessuno escluso) di fronte alla necessità di accadimenti simultanei, sollecitandolo a saper essere presente e “sempre sul pezzo”, in ogni situazione. Ma in modo consapevole e responsabile, tale cioè da non rischiare mai di perdere la bussola, le coordinate della sua vita, in tutte le sue declinazioni: dal mondo del lavoro e del tempo libero, dal privato al pubblico, in un continuo rimando virtuoso e operoso che ne esalti le potenzialità e le capacità di contribuire al miglioramento continuo personale e comunitario.
f) Conoscenza e orientamento per il lavoro e l’apprendimento continuo.
Mantenendo come punto di riferimento la nostra Carta Costituzionale, è necessario partire dalla riaffermazione del lavoro come valore, come diritto da rivendicare e come traguardo-conquista da raggiungere attraverso un percorso virtuoso di formazione, di acquisizione di conoscenze ed esperienze concrete, maturate nella pratica quotidiana. L’approccio esperienziale, in una visione orientata al miglioramento continuo, dev’essere l’elemento imprescindibile della costruzione di una prospettiva che si realizzi proprio durante le tappe di avvicinamento, fatte di occasioni strettamente collegate ai momenti che scandiscono lo svolgimento del proprio curriculum.
L’esperienza diretta dei percorsi di Alternanza Scuola Lavoro prima e PCTO poi, ci hanno mostrato frequenti forzature, se non improvvisazione nel proporre innesti di attività e pratiche talvolta poco sintonizzate con progetti appropriati in grado di prefigurare un possibile sbocco futuro nel mondo del lavoro. Nel senso di un’attività da legare al proprio vissuto, da costruire pensandola come propria anche emozionalmente. In tal senso non possono esistere modelli di esperienze da riprodurre in copia o da proporre meccanicamente senza effettuare una preliminare analisi del contesto storico-culturale e socio-economico del territorio di riferimento.
Bisogna inoltre evitare che si affermino visioni frutto di pregiudizi e superficialità che disegnano delle scale di valori per cui alcuni lavori sono considerati inferiori ad altri o addirittura disonorevoli o di grado minore e di conseguenza da evitare, se non proprio da rifiutare. Il principio base dev’essere che ogni occupazione o attività (in qualsiasi settore si svolga, sia che si tratti di lavoro essenzialmente intellettuale o basato su una prevalente manualità), sono degni della massima considerazione e rispetto, l’unica discriminante dovrà essere quella della legalità, onestà e trasparenza.
E questo deve valere sia per quanto riguarda la natura del lavoro in sé che, dato assolutamente non secondario, in riferimento al modo in cui esso si otterrà, privilegiando il merito e le effettive competenze e rifiutando ogni logica e forma di raccomandazione, prevaricazione, corruzione o altra pratica illegale, che mortificano, sviliscono e tolgono ogni dignità e valore al lavoro.
g) La Scuola “Comunità educante e democratica”. Dalla piramide al cerchio.
L’articolo 32 del CCNL 2019/21 definisce la Scuola “Comunità educante e democratica”. Una comunità educante di dialogo, di ricerca, di esperienza sociale, improntata ai valori democratici e volta alla crescita della persona in tutte le sue dimensioni. In essa ognuno, con pari dignità e nella diversità dei ruoli, opera per garantire la formazione alla cittadinanza, la realizzazione del diritto allo studio, lo sviluppo delle potenzialità di ciascuno e il recupero delle situazioni di svantaggio, in armonia con i princìpi sanciti dalla Costituzione e dalla Convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia, approvata dall’ONU il 20 novembre 1989, e con i princìpi generali dell’ordinamento italiano.
Un concetto di “Comunità educante e democratica” che di fatto viene evidentemente smentito dalla realtà della normativa che, con l’introduzione della Dirigenza Scolastica ha creato un sistema di tipo verticistico, una piramide che è palesemente l’opposto di quella che, per definizione dovrebbe essere una realtà comunitaria democratica, nella quale non può essere ammessa una struttura gerarchica e meno che mai un vertice con poteri di fatto assoluti.
Come AND vogliamo ribadire e rilanciare un’idea e una visione di governance della Scuola comunità educante e democratica, che escluda categoricamente qualsiasi gerarchia se non quella derivante dall’esercizio della democrazia diretta con l’elettività delle cariche di governo e autogoverno della scuola, compresa quella del preside, che sia a tempo e rieleggibile, non a vita.
Al contrario, la figura del Dirigente Scolastico così come previsto dalla normativa vigente, rappresenta una vera e propria operazione contro natura, un “incesto” mal riuscito, una anomalia problematica, destabilizzante e fuori luogo. Se si vuole introdurre nella scuola la figura di un manager che gestisca secondo regole aziendalistiche la macchina burocratica e amministrativa, si faccia, ma essa non può essere quella dell’attuale Dirigente scolastico. Figura a dir poco “paradossale” che nelle questioni disciplinari spesso concentra su di sé sia la funzione di pubblico ministero, che di collegio giudicante.
Come già abbiamo avuto modo di chiarire in altre occasioni e sedi istituzionali, l’Associazione Nazionale Docenti si è fatta promotore di un disegno di legge specifico che definisce in modo chiaro e compiuto una nuova governance della scuola in senso democratico e secondo il dettato costituzionale. Una visione diametralmente opposta all’attuale modello che, dati alla mano, dimostra di non essere adeguato e rappresentativo di una scuola “comunità educante e democratica”. Bisogna cambiare il paradigma organizzativo e di governance: passare dalla piramide al cerchio.
* PROPOSTA DI INTEGRAZIONE TITOLI DI ACCESSO NELLE CLASSI DI CONCORSO DI STRUMENTO MUSICALE NELLA SCUOLA NELLA SCUOLA SECONDARIA DI I E II GRADO. (a cura del prof. Stefano Luigi Mangia)
a) La riflessione si incarna e si circoscrive prevalentemente ai Licei Musicali, i cui studenti – oramai da diversi anni – esprimono il bisogno di un ampliamento dell’offerta formativa orientata allo studio del jazz, dei nuovi linguaggi musicali e dei processi e dinamiche dell’improvvisazione. Al momento, il reclutamento dei Docenti è di esclusiva formazione “classica” (nell’accezione sintetica di “musica colta europea”), il che non consente proposte formative in altri linguaggi più vicini agli interessi, bisogni e prospettive di lavoro degli studenti. Per cui ci sono due bisogni urgenti: uno espresso da quest’ultimi, i quali chiedono di allineare la personale formazione musicale del Liceo al prosieguo accademico proposto dai Conservatori specificatamente ai corsi di Jazz, Nuovi linguaggi musicali e Popular Music (ciò perché gli obiettivi in uscita dei Licei Musicali non sono “armonizzati” con gli obiettivi in ingresso dei Conservatori disattendendo di fatto il Decreto n. 328/2018 – “armonizzazione dei percorsi formativi della filiera artistico-musicale”); e l’altro bisogno è quello espresso da migliaia di Docenti in possesso del Diploma Accademico di II livello in strumento Jazz e Pop-rock, i quali chiedono che il proprio Titolo di studio venga legittimato come titolo d’accesso valido ai fini dell’insegnamento, al pari di ogni altro diploma di strumento Afam. Tale conditio, inoltre, permetterebbe un’equiparazione di tutti i Diplomi Afam senza comprometterne la spendibilità. Sarebbe necessaria, dunque, un’urgente riforma delle classi di concorso che vada a razionalizzare e riformare i titoli d’accesso integrando i Diploma Afam afferenti l’area Jazz e Nuovi linguaggi.
b) quali sono, secondo la Vostra opinione e se ritenete che ve ne siano, le routine/pratiche che ‘appesantiscono’ oggi il lavoro di un insegnante?
I docenti dei Licei Musicali hanno molto spesso l’esigenza di organizzare saggi, concerti, rassegne musicali, collaborazioni con orchestre provinciali, interprovinciali, attività d’orientamento formative con precedenti e seguenti ordini scolastici (SMIM e Conservatori). Per tutte queste proposte di “didattica outdoor” spesso c’è una notevole mole di lavoro documentale che la scuola è soggetta a richiedere e che in molti casi “appesantisce”, e delle volte scoraggia, il lavoro del docente, al quale tornerebbe utile una “sburocratizzazione” dei processi, nonché una maggiore e più curata digitalizzazione di istanze e documenti utili alla realizzazione delle attività succitate.
c) quali suggerimenti offrireste per migliorare/aggiornare le attuali Indicazioni e Linee guida per la scuola del primo e del secondo ciclo? Potreste individuare delle aree precise dei documenti e/o fare delle proposte in merito?
Le linee guida dei Licei Musicali andrebbero revisionate affinché questi ultimi siano inquadrati come Istituti di formazione professionalizzanti e non generalisti. Pertanto, dovrebbero essere proposti programmi di studio (corsi) ad indirizzo jazz e dei processi e tecniche dell’improvvisazione al fine di fornire agli studenti le competenze necessarie di continuità con l’AFAM, al momento del tutto assenti.
Nell’Allegato E delle Indicazioni Nazionali dei Licei Musicali e, specificatamente alle linee generali e di competenze di “Esecuzione ed Interpretazione” è così riportato:
[…]; al termine del percorso liceale lo studente avrà acquisito una ricca specifica letteratura strumentale (autori, metodi e composizioni), solistica e d’insieme, rappresentativa dei diversi momenti e contesti della storia della musica (nell’evoluzione dei suoi linguaggi) fino all’età contemporanea; la progressiva acquisizione di specifiche capacità analitiche a fondamento di proprie scelte interpretative consapevoli e storicamente contestualizzabili; la maturazione progressiva di tecniche improvvisative (solistiche e d’insieme) e di lettura/esecuzione estemporanea; la conoscenza dell’evoluzione storica delle tecniche costruttive degli strumenti utilizzati e della principali prassi esecutive a loro connesse.
Persiste la problematica relativa al reclutamento di Docenti di esclusiva “formazione classica”, i quali non possono garantire una così vasta letteratura strumentale che preveda anche specifiche competenze circoscrivibili alle prassi e tecniche improvvisative. C’è una profonda ed importante lacuna da colmare al fine di garantire un percorso liceale ampio, eterogeneo e stimolante per lo studente.
Pertanto, al fine di un ampliamento dell’offerta formativa, sarebbe necessario legittimare l’accesso all’insegnamento anche a Docenti possessori di Diploma Accademico di II livello in strumento ad indirizzo Jazz e Pop-rock (es: Canto Jazz e Pop-Rock, Piano Jazz e Pop-rock, Chitarra Jazz e Pop-rock, etc..).
Tale revisione sarebbe da realizzare attraverso una riforma e aggiornamento delle Classi di Concorso che includano succitati Diplomi quali titoli d’accesso.
d) dovendo scegliere una soltanto fra le proposte di modifica possibili, qual è, a Vostro avviso, la più urgente?
Riforma delle Classi di Concorso con relativa introduzione dei Diplomi accademici Afam di strumento Jazz e pop-rock validi ai fini dell’insegnamento sia per la scuola secondaria di I grado (indirizzo musicale) che per la secondaria di II grado (Liceo Musicale).
Nello specifico:
ITER LEGISLATIVO
I Licei ad indirizzo musicale vengono costituiti tramite lo Schema di regolamento recante “Revisione dell’assetto ordinamentale, organizzativo e didattico dei licei ai sensi dell’articolo 64, comma 4, del de- creto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito dalla legge 6 agosto 2008, n. 133”, assicurando altresì la continuità dei percorsi formativi per gli studenti provenienti dai corsi ad indirizzo musicale di Scuola Se- condaria di I Grado, di cui all’articolo 11, comma 9, della legge 3 maggio 1999, n. 124, fatto salvo quanto previsto dal comma 2” (art. 7 comma 1).
In prima battuta, nel DPR 19/16, sono individuate le stesse classi di concorso strumentali normate nella scuola secondaria di primo grado con codice generico A-55. In seconda battuta, dopo il DM 374/17 (pg. 5 del Pdf), vengono istituite sottoclassi con l’inclusione di nuove classi di concorso strumentali e canto (ad esempio contrabbasso, mandolino). Nel DPR 19/2016, nell’ambito della classe di concorso generica A-55 (Cfr. pg. 68 del Pdf), come requisiti di accesso alle classi di abilitazione, sono considerati titoli validi anche il diploma di Jazz previgente ordinamento e il diploma accademico di II livello in Musica Jazz; per ambedue, come indicato in nota a), è però necessario il possesso del diploma accademico relativo allo specifico strumento. Per “specifico strumento” è però inteso quando indicato nella Tabella A del suddetto DPR19/16 (tabella che esclude, di fatto, i Diplomi Afam di strumento ad indirizzo jazz e pop-rock, contemplando solo quelli ad indirizzo “classico”).
Pertanto, si fa presente che nei Conservatori il corso di diploma in Musica Jazz, a cui si accedeva con un diploma di strumento o canto già acquisito, viene istituito con il D. M. 13 Aprile 1992.
In seguito verranno attivati i diplomi accademici di primo e secondo livello in via sperimentale, tra cui anche quello generico di Musica Jazz, tramite la Legge 21 Dicembre 1999, n. 508.
Con il Decreto Ministeriale 30 settembre 2009 n. 124, il triennio “generico” di Musica Jazz viene modificato e vengono istituiti i diplomi accademici di I livello negli specifici percorsi per strumenti e canto jazz (pianoforte jazz, canto jazz, batteria jazz, sassofono jazz, etc..).
Con il DM. 14 del 9 gennaio 2018 vengono messi in ordinamento anche i bienni (diplomi accademici di Ii livello) per gli stessi corsi strumentali e di canto jazz previsti nei diplomi accademici triennali.
Con il DECRETO n. 382 dell’ 11 maggio 2018 viene approvata l’”armonizzazione dei percorsi formativi della filiera artistico-musicale”, in cui è previsto, in ordinamento, un periodo detto “propedeutica” (art. 2, e art. 3) che prevede precisi requisiti di accesso ai corsi. Gli stessi, da accertare in sede di esame di ammissione, sono previsti anche per tutte le classi strumentali/vocali ad indirizzo jazz (tabella E gruppo 2 – pg. 4 del Pdf), che fanno specifico riferimento ai Settori Artistico Disciplinari presenti negli ordinamenti accademici, tutti individuati con la sigla COMJ/–.
Allo stato attuale il concetto di “armonizzazione” decade proprio per il settore “Musica Jazz” e “Popular Music”, ma anche per “Musica Antica” e/o “Musica Elettronica” essendo completamente assenti dalle sotto classi di concorso le relative materie (codice SIDI dpr 19/2016).
Va inoltre precisato che nel DPR 19/16 non c’è alcuna norma specifica che escluda dalla classe di concorso A-55 chi ha titoli accademici Jazz, anzi ne prevede la ammissibilità collegata ad un necessario possesso del diploma accademico relativo allo specifico strumento. Con queste motivazioni si sono espressi favorevolmente anche diversi TAR in relazione a ricorsi presentati da molti docenti esclusi dalle graduatorie pur avendo conseguito diplomi accademici di primo e secondo livello in strumenti e canto ad indirizzo jazz.
A tal punto, le considerazioni da fare in merito a diverse incongruenze sono varie:
L’ Art. 8 del DM 382/2018, fa esplicito riferimento agli obiettivi formativi in uscita dei Licei musicali i quali devono essere allineati con l’accesso ai corsi accademici di primo livello dei Conservatori stabiliti nel precedente articolo 4.
A riguardo ci si chiede, dal momento che l’unico Titolo d’accesso all’insegnamento nei corsi di istruzione secondaria di primo e secondo livello, come riportato nella Tabella A del DPR 19/16 e nel DM 259/17, è esclusivamente il Diploma Afam ad indirizzo “classico”, chi garantisce agli studenti la formazione preaccademica, e cioè l’allineamento con i corsi di Jazz e popular music nei Conservatori?
Anche il Decreto n.211 del 7 ottobre 2010 (Allegato E) inerente le “Indicazioni Nazionali per i Licei”, cita tra gli obiettivi dei licei musicali “la maturazione progressiva di tecniche improvvisative”, materia tanto fondamentale nello studio degli strumenti jazz quanto assente nella maggior parte degli strumenti classici (vi sono pochissime eccezioni). Di conseguenza, il liceo musicale privilegiando lo studio di strumenti classici, quindi, non adempirebbe a queste indicazioni nazionali.
Altra incongruenza:
nelle succitate Indicazioni Nazionali, i Licei Musicali sono, per giunta, istituiti come corsi di formazione musicale generalista e non professionalizzante. A tal proposito, ci si chiede perché l’insegnamento, dunque, è appannaggio dei soli Diplomi AFAM ad “indirizzo classico”; se la formazione degli studenti è generalista e non specialistica perché si chiede l’esclusività di un Diploma a discapito di un altro?
Inoltre, è da tenere in considerazione che i percorsi formativi dei Diplomati Jazz e Popular Music, non differiscono, nelle loro specificità, da un corso di strumenti e canto ad indirizzo classico: propedeutica triennale, diploma accademico di primo e secondo livello, e da poco anche i dottorati di ricerca (DM 470 del 21 Febbraio 2024).
Date tali premesse:
facendo seguito agli impegni assunti con la Commissione europea e specificatamente al d.l. n° 36/2022 recante misure urgenti per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), e relativamente all’art.1 (“con il presente decreto, adottato ai sensi dell’articolo 4, comma 2 bis, del D.L. 13 aprile 2017, n. 59”) il quale prevede la “revisione e l’aggiornamento delle classi di concorso attraverso la loro “razionalizzazione e accorpamento”, si fa presente la necessità di integrare alcuni titoli di accesso assenti relativamente al comparto AFAM “al fine di promuovere l’interdisciplinarità e la multidisciplinarità dei profili professionali innovativi”.
Pertanto,
si propone
la modifica, da allegare al nuovo decreto, delle tabelle stabilenti i titoli di accesso alle classi di concorso di strumento musicale sia nella Scuola Secondaria di I Grado (A-56), che nella Scuola Secondaria di II Grado (A-55), attraverso l’integrazione di tutti i Diplomi Accademici AFAM afferenti il “Dipartimento di Nuove Tecnologie e Linguaggi Musicali” (come normato nel DPR D.P.R. 212/2015 Tabella A, art.5, comma 1), e specificatamente a “Scuola di Jazz” (indirizzo jazz, popular music, musiche tradizionali).
Tale integrazione si rende necessaria in quanto, nelle tabelle allegate al DPR 19/2016 e al DM 259/2017, tra le specifiche sottoclassi di concorso di strumento musicale – come titoli d’accesso – non furono previsti (ad oggi in modo del tutto ancora immotivato) tutti i Diplomi ad “indirizzo jazzistico e popular music”, generando così di fatto una grave disparità di trattamento e spendibilità con i rispettivi Diplomi ad “indirizzo classico”, nonostante si tratti di Diplomi Accademici rilasciati dallo stesso Ministero (Ministero dell’Università e Ricerca).
Ad esempio, si fa istanza che il Diploma AFAM di “Chitarra Jazz” e “Chitarra pop-rock”, possano essere legittimati ed integrati come titoli di accesso nelle già esistenti sottoclassi di concorso AB56 (per secondaria di I grado) e AB55 (per secondaria di II grado); il Diploma di “Piano jazz” e “Piano pop-rock” integrato in AJ56 (secondaria I grado) e in AJ55 (secondaria di II grado), “Canto Jazz” e “Canto pop-rock” in AO55 (secondaria di II grado), etc…
Importante: l’integrazione dei suddetti Diplomi AFAM Jazz e Popular Music, deve avvenire senza richiesta di crediti formativi aggiuntivi, in quanto – come già ribadito nelle premesse – le competenze sulla formazione musicale di base sono le stesse per tutti i corsi senza distinzioni di indirizzi e, quindi, le stesse per tutti i Diplomati AFAM. Diversamente non sussisterebbero motivazioni normative a riguardo, né costituzionali, né culturali.
Tale apertura, consentirebbe ai possessori dei succitati Diplomi di rientrare anch’essi tra i requisiti necessari ai fini dell’inserimento nelle graduatorie d’istituto, nelle GPS, nonché di non avere incostituzionalmente preclusa la possibilità di poter accedere alle varie procedure concorsuali (straordinarie ed ordinarie) inerenti l’immissione in ruolo del personale docente della scuola secondaria di primo e secondo grado, dal momento che la formazione artistico-musicale di base è la medesima per tutto il comparto AFAM.
Infatti, per ciò che concerne le Scuole Secondarie di I grado ad indirizzo musicale, il DM 201 del 6 Agosto 1999 all’interno dell’Allegato A (indicante i programmi di insegnamento dello strumento musicale) tra gli orientamenti formativi, gli obiettivi di apprendimento, contenuti fondamentali e le metodologie, fa esplicito riferimento all’espletamento di una didattica di alfabetizzazione musicale di base, la quale – per l’appunto – non giustificherebbe l’esclusione di nessun Diploma, tantomeno di quelli ad indirizzo “Nuovi linguaggi”, in quanto, le competenze e abilità maturate circa tale alfabetizzazione musicale è la medesima per tutti i Docenti AFAM, senza distinzioni di indirizzi, corsi e strumenti.
A garanzia di ciò, si rammenta che la messa in ordinamento dei trienni AFAM “Nuovi Linguaggi” (D.M. n. 124 del 30 settembre 2009), prevede che tutti i candidati superino un esame di ammissione, il quale certifica le competenze musicali di base in ingresso; le stesse che si ritengono necessarie per poter accedere e proseguire un percorso di “Alta Formazione Artistico-Musicale”.
Tale procedura selettiva, dunque, è sufficiente per far decadere ogni sorta di distinguo fra Diplomi AFAM appartenenti a differenti Dipartimenti, ponendo fine ad una immotivata disparità di trattamento, favorendo la parificazione e la medesima spendibilità dei Titoli, sia che essi siano ad “indirizzo classico” che ad “indirizzo jazz e popular music” (senza richiesta di CFA aggiuntivi).
Medesima ratio emerge per le secondarie di II grado (Licei Musicali), i quali stando alle “Indicazioni Nazionali” – relativamente agli obiettivi di apprendimento degli studenti collegati al percorso di studio e normati col “Decreto Ministeriale 211 del 7 ottobre 2010” (Allegato E) – codesti Istituti d’istruzione sono nati come percorsi di formazione musicale generalista e non professionalizzante.
A questo punto, tale cornice didattico-pedagogica non farebbe altro che, da un lato escludere qualsiasi tipo di specificità nel reclutamento dei Docenti, e dall’altro aprire – come titoli d’accesso per le sottoclassi di concorso di strumento musicale – a qualsiasi Diploma Accademico AFAM prescindendo, dunque, da indirizzi e “scuole”. Se, dunque, la formazione dei discenti è “generalista”, per quale motivo l’accesso alla docenza è appannaggio dei soli Diplomi ad “indirizzo classico”?
Inoltre, l’apertura a titoli d’accesso nelle classi di concorso di strumento (A56, A55) dei Diplomi Jazz e Popular Music darebbe anche parità di diritti e di opportunità formative anche in riferimento al conseguimento dei recenti 30/36/60 CFA circa i percorsi abilitanti all’insegnamento, i quali – allo stato attuale – sempre come riportato nella Tabella A del DM 259/17 – prevedono che, a conseguimento dei crediti, quest’ultimi devono essere congiunti con un Diploma di I livello in strumento specifico, il quale permane essere sempre quello ad “indirizzo classico”.
Si ribadisce che tale conditio non fa altro che configurare un disvalore fra Diplomi Accademici AFAM rilasciati dallo stesso Ministero (M.U.R), nonostante il medesimo impianto teorico e psicopedagogico e le medesime competenze musicali di base.
In allegato alla presente, si fornisce una tabella di riferimento (Allegato 1) con i titoli d’accesso da integrare nelle relative sottoclassi di concorso.
ALLEGATO 1
MODIFICHE TITOLI DI ACCESSO CLASSI DI CONCORSO – SECONDARIA I GRADO:
CLASSE DI CONCORSO | DENOMINAZIONE | TITOLI DI ACCESSO DA INTEGRARE |
AB56 | Strumento musicale nella scuola secondaria di I grado (CHITARRA) |
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AC56 | Strumento musicale nella scuola secondaria di I grado (CLARINETTO) |
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AD56 | Strumento musicale nella scuola secondaria di I grado (CORNO) |
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AF56 | Strumento musicale nella scuola secondaria di I grado (FISARMONICA) |
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AG56 | Strumento musicale nella scuola secondaria di I grado (FLAUTO) |
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AI56 | Strumento musicale nella scuola secondaria di I grado (PERCUSSIONI) |
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AJ56 | Strumento musicale nella scuola secondaria di I grado (PIANOFORTE) |
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AK56 | Strumento musicale nella scuola secondaria di I grado (SASSOFONO) |
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AL56 | Strumento musicale nella scuola secondaria di I grado (TROMBA) |
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AM56 | Strumento musicale nella scuola secondaria di I grado (VIOLINO) |
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MODIFICHE TITOLI DI ACCESSO CLASSI DI CONCORSO – SECONDARIA II GRADO:
CLASSE DI CONCORSO | DENOMINAZIONE | TITOLI DI ACCESSO DA INTEGRARE |
AB55 | Strumento musicale negli istituti di istruzione secondaria di II grado (Chitarra) |
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AC55 | Strumento musicale negli istituti di istruzione secondaria di II grado (Clarinetto) |
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AD55 | Strumento musicale negli istituti di istruzione secondaria di II grado (Corno) |
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AF55 | Strumento musicale negli istituti di istruzione secondaria di II grado (Fisarmonica) |
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AG55 | Strumento musicale negli istituti di istruzione secondaria di II grado (Flauto) |
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AI55 | Strumento musicale negli istituti di istruzione secondaria di II grado (Percussioni) |
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AJ55 | Strumento musicale negli istituti di istruzione secondaria di II grado (Pianoforte) |
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AK55 | Strumento musicale negli istituti di istruzione secondaria di II grado (Sassofono) |
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AL55 | Strumento musicale negli istituti di istruzione secondaria di II grado (Tromba) |
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AM55 | Strumento musicale negli istituti di istruzione secondaria di II grado (Violino) |
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AO55 | Strumento musicale negli istituti di istruzione secondaria di II grado (Canto) |
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AP55 | Strumento musicale negli istituti di istruzione secondaria di II grado (Contrabbasso) |
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AR55 | Strumento musicale negli istituti di istruzione secondaria di II grado (Trombone) |
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