La grande operazione mediatica consumata sulla scuola è stata disvelata dalla recente pubblicazione della sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea.
D’altronde, a non pochi, sin dalla prima lettura del rapporto “la buona scuola”, era apparso chiaro quale fosse l’insano proposito del Governo, calare sul Paese l’idea di una grande riforma della scuola, per mascherare il rimedio ad un abuso del diritto da chi i diritti avrebbe dovuti garantirli, lo Stato italiano. E poiché il rimedio (le decine di migliaia di assunzioni) è un potentissimo scudo ad ogni critica, perché con l’occasione non smantellare quel che ancora resiste della scuola statale e farla scivolare verso quel sistema privatistico aziendale “all’italiana”, tanto caro ad un altro Governo che senza pudore si definiva progressista e di sinistra?
Come valutare altrimenti il senso dell’eliminazione dei commissari esterni agli esami di Stato e il taglio di risorse all’istruzione statale, mentre si garantiscono a quella privata? Così come viene falsamente definita carriera un semplice meccanismo premiale che toglie a tutti i docenti il diritto all’adeguamento retributivo per dispensarlo solo ad alcuni, ammantandolo di un carattere elargitore nelle mani di nuovi padroni offensivo della dignità di una funzione, l’insegnamento, garantita da ogni costituzione, in ogni Paese che possa definirsi civile e democratico. Forse, il nostro non rientra più nel novero di questi?