13/10/2006
L’AND chiede lo stralcio dalla Finanziaria
Ancora una volta la scuola entra nel gran calderone della legge finanziaria, ad essa è dedicato quasi l’intero Capo terzo del mastodontico documento che compone la manovra di bilancio per il 2007. Alla finanziaria, secondo una prassi inveterata e assai opinabile dal punto di vista giuridico, si ricorre oltre che per interventi che hanno risvolti sul bilancio dello Stato anche per blindare provvedimenti che ben altro corso dovrebbero seguire, come dimostra il caso degli Istituti Regionali di Ricerca Educativa(IRRE).
Nella finanziaria 2007, il sistema scolastico è interessato, tra l’altro, in quelle sue espressioni e articolazioni, quali sono gli Istituti regionali di ricerca educativa (IRRE), che hanno consentito in questi anni di sperimentare riforme e di monitorarne gli esiti, alle scuole di ricevere supporto ai processi di innovazione che hanno interessato la didattica, la ricerca educativa e la costruzione di percorsi formativi contestualizzati alle specificità delle varie realtà territoriali. Ma proprio mentre viene riconosciuto, forse mai come ora, che “L’autonomia scolastica e l’interazione, nei contesti locali, tra le diverse autonomie, costituisce il quadro di riferimento principale dei processi di innovazione di cui l’intero sistema educativo ha bisogno”, la rete degli Istituti regionali di ricerca, faticosamente costruita con il contributo di diversi soggetti istituzionali, viene smantellata. Gli IRRE anziché essere riorganizzati e le loro funzioni ridefinite per renderne più efficace l’interazione con il territorio e con le istituzione scolastiche, sono più semplicemente cancellati. Le loro competenze e le attività che prima erano localizzate sul territorio, dopo oltre trent’anni –tanto è lunga esperienza degli istituti regionali di ricerca iniziata con gli Irrsae- ritornano al centro, ad un istituenda Agenzia Nazionale che da Firenze dovrebbe supportare lo sviluppo dell’autonomia scolastica.
Ma gli IRRE, pur essendo enti strumentali del ministero della pubblica istruzione, presentano un modello istituzionale che li rende enti del territorio al servizio del territorio. Tant’è che alla costituzione dei loro consigli di amministrazione concorrono le Regioni e le università, oltre che il ministero nelle sue articolazioni regionali. Appare dunque, quanto meno singolare che la loro cancellazione possa essere decisa da un solo soggetto – lo Stato- senza che gli altri soggetti siano in qualche modo interpellati. Una azione unilaterale che fa apparire ancora una volta la scuola e i suoi problemi una variabile indipendente da quel delicato equilibrio istituzionale definito dal novellato Titolo V della Costituzione, che, al contrario, induce a far discendere ogni ipotesi di riorganizzazione del sistema istruzione, dall’allocazione di funzioni e di assetti organizzativi al livello ove più direttamente possono dare risposte ottimali.
Le istituzioni scolastiche, le Regioni e le Province, ciascuna per le competenze che il legislatore ha loro attribuito, devono, pertanto, essere i nuovi soggetti attorno ai quali riorganizzare funzioni e compiti degli istituti di ricerca. Questi devono divenire un laboratorio permanente di ricerca educativa delle scuole al servizio delle comunità professionali che operano nel sistema dell’istruzione e della formazione, capaci di tradurre in ipotesi di ricerca i bisogni della didattica e dell’apprendimento per migliorare gli esiti e la qualità dei sistemi scolastici. Non si tratta allora di distribuire dal centro alle scuole contenuti preconfezionati, da prendere a scatola chiusa, secondo modelli ormai ampiamente superati, ma di sostenere dal basso, attraverso un’azione capillare sul territorio, i processi di miglioramento e di innovazione promossi dalle scuole. Poiché è nelle scuole, e nell’autonomia che la Costituzione loro riconosce, che le proposte di innovazione ordinamentale e metodologica trovano il loro terreno di coltura e di sperimentazione, dalle scuole devono partire quelle sinergie che sul territorio devono trovare strumenti appropriati per consolidare le migliori pratiche educative, per promuovere progetti formativi e di ricerca corrispondenti alle reali esigenze di queste strutture primarie di formazione dell’uomo e del cittadino.
Proprio per questo, l’intervento sul sistema degli IRRE avrebbe richiesto il coinvolgimento concertativo delle Regioni e uno strumento legislativo più consono che non una legge di bilancio. Allora, estrapolare dalla finanziaria le disposizioni che riguardano gli Irre e portare la questione sul tavolo Stato-Regioni, prima di sancirne definitivamente il destino, sarebbe un atto di grande responsabilità politica che consentirebbe un confronto quanto mai necessario con i diversi soggetti istituzionali coinvolti e una più accorta ponderazione del ruolo che la ricerca educativa deve svolgere nel nostro Paese.
Il Presidente
Prof. Francesco Greco