Analisi & Commenti

I sistemi educativi di fronte alla complessità della società della conoscenza

“L’uomo dal momento in cui brilla in lui per la prima  volta la luce della coscienza, si distacca dalla linea evolutiva  dei Primati, ed inizia a percorrere una strada che, dopo milioni di anni, lo avrebbe portato sulla Luna ed oltre. Egli, da allora, comincia a sentire e a capire, lentamente e faticosamente, che è anche soggetto e non solo oggetto tra gli oggetti della natura. In questo breve passaggio del suo libro “La metodologia della Pedagogia Comparata” (1972), Francesco Inzodda, descrive efficacemente, come già aveva fatto lo scrittore britannico Arthur C. Clarke nel suo libro “Odissea 2001 nello spazio” (1968) e, quasi contemporaneamente, sul grande schermo, il geniale regista Stanley Kubrick con il film omonimo, la particolarità del rapporto fra l’uomo e l’universo.

Quell’epoca di grandi interrogativi, ma anche di grandi speranze, oggi, è sopravanzata da un’epoca di profonde inquietudini e l’uomo sempre più si affanna nel cercare di comprendere le ragioni di accadimenti generati dalle sue stesse azioni.

Appare chiaro che dopo le rivoluzioni politiche (nazionali, sociali e democratiche) e le rivoluzioni economiche che abbiamo conosciuto negli ultimi cinquecento anni, ci troviamo a convivere con dinamiche senza precedenti  che, inducendo a cambiamenti di portata epocale, dischiudono le porte di un nuova epoca caratterizzata dal mutamento dei grandi sistemi politici, da profonde trasformazioni nell’organizzazione della produzione e nella divisione internazionale del lavoro, ma anche dalla rapidità e radicalità degli stessi mutamenti, che rendono fragile e temporanea ogni nuova condizione. A questi si aggiungono altri cambiamenti d’impatto più direttamente culturale che, con le loro interazioni e le loro ricadute, polarizzano trasformazioni nelle culture, nelle mentalità e nelle identità, rendendo il quadro ad un tempo più dinamico e complesso.

Ed è proprio la complessità, come struttura chiave dell’epoca contemporanea, ad emergere come l’aspetto più immanente delle trasformazioni in atto, che richiede nuove chiavi di lettura per rileggere-ripensare in modo radicalmente nuovo le stesse dinamiche che interessano i sistemi educativi e formativi.

È evidente, infatti, che tali cambiamenti ormai ci stanno portando definitivamente fuori dal vecchio contesto strutturale e culturale della società industriale, per condurci verso un mondo interconnesso, basato su un sistema di comunicazione globale ove la diffusione, la pervasività e la sincronicità dei sistemi mediatici, oltre a dare all’epoca contemporanea il carattere della globalità e della simultaneità, abbattono i limiti spaziali all’esercizio delle attività umane, sia esse di tipo economico che culturale, fino a mutare la percezione stessa della dimensione spazio-temporale degli accadimenti. Ne consegue, rispetto al passato, una compressione dello spazio funzionale all’interno del quale l’uomo svolge la sua attività, che risulta enormemente contratto -nel senso che il nostro pianeta appare sempre più piccolo, in cui ogni punto è facilmente raggiungibile- o, come altri preferiscono, enormemente dilatato, “stirato”, nel senso che lo spazio di riferimento va oltre i confini tradizionali, storicamente segnati dello Stato-nazione, per inglobare una quantità di gran lunga maggiore, indefinita, di soggetti e persone.

A modificare i confini dello spazio funzionale, o sistemico, hanno contribuito oltre alla rivoluzione dei trasporti, lo sviluppo dell’informatizzazione e il cambiamento senza precedenti delle forme di comunicazione, operato dalla rivoluzione telematica, e che ora sta producendo quel fenomeno noto come “globalizzazione dei processi”, che si distingue -rispetto ai mutamenti già da tempo conosciuti e noti come internazionalizzazione e multinazionalizzazione – per la possibilità concreta del verificarsi di eventi, a prescindere dalla loro localizzazione spaziale, perché comunque dentro allo spazio funzionale, in tempi sostanzialmente simultanei.

La “globalizzazione dei processi”, interessa le diverse dimensioni dell’agire umano, da quella economica, a quella politica, a quella culturale, caratterizzandosi come l’aspetto più evidente e connaturato al modo di essere delle società della comunicazione e della conoscenza, che investe anche i modelli di produzione, di cui ne ha modificato i ritmi e le forme. Quelle finora conosciute erano legate ai luoghi, radicate nei luoghi, la grande fabbrica fordista si identificava con il territorio, lo segnava simbolicamente, lo identificava socialmente; tutti i processi avvenivano all’interno di quel luogo, nelle mura di grandi stabilimenti, la cui presenza induceva alla localizzazione di altre imprese, di altri servizi, di nuovi insediamenti. Oggi le tecnologie, e l’inconsistenza delle barriere politiche e commerciali, aprono all’impresa confini prima insperabili, che le consentono di dislocare segmenti di produzione e reti di commercializzazione, di connettere saperi tecnologici e percorsi formativi, in una rete in cui i limiti spaziali sono segnati solo dagli interessi dell’impresa.

Una nuova dimensione spaziale che de-materializza i luoghi tradizionali della produzione, con un evidente effetto anche sull’esercizio effettivo delle prerogative politiche dello Stato-nazione, storicamente legato nei suoi elementi costitutivi alla dimensione territoriale. e dunque, ad essere interessato dai processi di globalizzazione non è solo il potere economico, ormai sradicato dal territorio, ma anche quello politico che, ancor di più, è storicamente associato alle comunità locali radicate nel territorio. Uno scenario, dunque, caratterizzato da nuove dinamiche territoriali, che  tenderanno sempre più ad “organizzarsi intorno alla contraddizione tra poteri senza luogo e luoghi senza poteri”[1].

Anche il sapere, nelle sue modalità di trasmissione e di acquisizione, è investito da questi processi, che tendono a de-strutturare in profondità le geometrie della conoscenza dell’attuale società. La diffusione della telematica porta a quella che è stata definita la Terza fase, successiva alla prima, legata all’invenzione della scrittura e alla seconda legata all’invenzione della stampa. L’invenzione della scrittura “permise di fissare con segni scritti le informazioni su un supporto stabile, liberando la memoria individuale e collettiva dal peso di un enorme quantità di dati”[2]. In questa fase, tuttavia, la trasmissione della conoscenza avveniva in modo indiretto, senza il ricorso al testo scritto, in situazioni contestualizzate, nella cosiddetta “bottega”, sotto la guida esperta del maestro, con un’interazione diretta nell’utilizzo dei saperi[3]. L’invenzione della stampa a caratteri mobili permise a milioni di persone di accedere a cose pensate da altri a distanza di spazio e di tempo. In questa fase, il modello della bottega è sostituito da un modello infinitamente più economico, basato sul linguaggio stampato.

Nella Terza fase, al libro, per secoli rappresentazione ed emblema della conoscenza, si affiancano i media e l’espansione mondiale della rete telematica, che rende possibile, in tempi pressoché trascurabili, accedere ad una massa incommensurabile di dati e informazioni, neanche immaginabile qualche decina di anni addietro. La globalità multimediale diviene il baricentro del nuovo modo di fare-trasmettere saperi, che porta a de-materializzare i luoghi del fare-fruire cultura. Le diverse opportunità, messe a disposizione dalle nuove tecnologie, oltre ad influenzare la stessa percezione dello spazio e le visioni del mondo, ha anche importanti implicazioni sul modo di pensare: i modelli analitici, strutturati e sequenziali con cui la cultura occidentale ha finora convissuto, tipici dell’intelligenza sequenziale, dei processi scanditi in successione lineare, un passo dopo l’altro, vengono sopravanzati da forme di pensare olististiche, globali, sincroniche, che sono tipiche dell’intelligenza simultanea, che tratta più dati e informazioni contemporaneamente senza che si stabilisca un ordine di successione gerarchico.

Le varie fasi sono segnate anche dal passaggio da forme diverse di apprendimento: dalla dimensione collegate a pratiche tecnico-operative, tipica della “bottega” si è passato a quella simbolico-ricostruttiva, tipica del linguaggio scritto e poi a quella rappresentativo-simbolica, tipica dell’era della società della conoscenza, della globalità multimediale.

La società che si va delineando, in breve, racchiude in se l’insieme delle innovazioni, ma anche vecchie e nuove contraddizioni, che confluendo in una prospettiva sempre più globale, dischiudono le porte di una nuova epoca, in cui i paradigma dominanti sono rappresentati dalla complessità, dalla globalizzazione e dalla simultaneità.

In quest’orizzonte di profondi mutamenti, acquisisce sempre maggiore attenzione comprendere come i sistemi educativi si collocheranno di fronte ai cambiamenti. Un’attenzione che è testimoniata da vari studi a livello internazionale sugli scenari della scuola del futuro[4]. Comunque sarà, la scuola non potrà che continuare ad essere il luogo in cui troveranno posto i saperi formalizzati, le modalità di apprendimento strutturate e predefinite, articolate secondo procedure sequenziali non causali, ma tale luogo non potrà essere inteso come mero luogo di conservazione e di trasmissione alle nuove generazione dei saperi elaborati dalle precedenti generazioni, in una crisi di separatezza rispetto ai grandi trend culturali che stanno mutando in profondità l’attuale società. Anzi, è ai sistemi educativi e alla scuola che spetterà, sempre più nei prossimi anni, canalizzare e favorire le nuove competenze, che derivano dalla gestione delle innovazioni tecnologiche, dai progressi della psicopedagogia, dalle scoperte della genetica e delle neuroscienze; ad essa, più di altre istituzioni, spetterà favorire e presidiare un senso alto di partecipazione alla vita democratica, ai valori della convivenza civile, in una società sempre più differenziata e complessa. Tutto ciò richiederà, necessariamente, un innalzamento qualitativo e dell’efficacia dei sistemi di istruzione e di formazione e la valorizzazione della loro funzione educativa e orientativa, perché è attraverso di essi che la società persegue il suo fine primario di valorizzazione della persona umana.

Francesco Greco, Presidente Associazione Nazionale Docenti

 

 


[1] Tagliagambe S., Studi e documenti degli Annali della Pubblica Istruzione, Le Monnier, Firenze, 1997

[2] Simone R., La Terza fase. Forme di sapere che stiamo perdendo. Laterza, Bari, 2000

[3] Antinucci F., Computer per un figlio, Laterza, Bari, 1999

[4] OCSE, 2001, Quali Scuole per il Futuro? R. Miller, T.  Bentley, Possible Futures: four scenarios for schooling 2030, NCLS, 2003

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