Analisi & Commenti

I nodi della scuola media

Apro i lavori di questo seminario1 sulla scuola media in un momento in cui la Legge 111 del 20112 ne ha formalmente fissato la sua dipartita, nel senso che la scuola media come segmento scolastico caratterizzato da una sua specifica autonomia ed identità, a partire dai piani di dimensionamento scolastico approvati nei mesi scorsi, non esiste più.

A distanza di cinquant’anni, infatti, le scuole medie del nostro Paese, per ragioni non propriamente pedagogiche, vengono ad essere assorbire nello loro interezza nel modello organizzativo noto come “istituto comprensivo”.

Tuttavia, se, sul piano sostanziale, questa innovazione stata giustificata da ragioni prettamente economiche -la legge 111 reca infatti norme di stabilizzazione finanziaria–  l’aver aggregato in una unica struttura funzionale scuole dell’infanzia, elementari e medie di un medesimo territorio, non è detto che non possa trattarsi anche di una soluzione che possa avere, come alcuni sostengono, importanti risvolti sul piano pedagogico.

Intanto, l’aver imposto la generalizzazione degli istituti comprensivi e l’avere poi elevato la soglia minima di alunni (1000) affinché una scuola possa disporre di autonomia funzionale e personalità giuridica cambia, nel bene e nel male, la geografia della scuola (nel 2010, delle 10.452 istituzioni scolastiche autonome, gli IC erano poco più di un terzo (3.872), dal prossimo anno scolastico saranno quasi il 70% (7.294).

Ma mutano anche le condizioni per far pesare di più la variabile organizzativa per la messa a punto di approcci metodologici e didattici maggiormente aperti e dialoganti tra i diversi ambienti e livelli di istruzione, tra la scuola primaria da un lato e la scuola secondaria dall’altro.

Ciò detto, non possiamo nasconderci le nostre perplessità su questo modo di procede: si generalizza un modello organizzativo, lo si impone come matrice dell’organizzazione della rete scolastica e come chiave di volta per mantenere in vita istituzioni scolastiche sul territorio, senza che vi sia stato alcun confronto o riflessione o analisi sui risultati finora conseguiti, là dove gli istituti comprensivi sono stati impiantati. Eppure, a quasi dieci dalla cosiddetta “legge per la montagna” (L.97/1994), l’esperienza dei comprensivi avrebbero dovuto essere sufficiente per una valutazione approfondita, quando meno per procedere con cognizione di causa e con motivazioni diverse rispetto a “ragioni meramente di cassa”.

Ma basta accampare ragioni di stabilità finanziaria, oggi come ieri, per stravolgere ogni cosa? per fare nella scuola ciò che si vuole? Se così fosse, credo serva assai poco condurre analisi sui nostri sistemi educativi o interrogarci sui quali dovrebbero essere gli interventi più opportuni per assicurare prospettive migliori per i nostri ragazzi.

Ciò premesso, non si può non evidenziare la portata culturale e sociale che ebbe, negli anni dello sviluppo economico, l’introduzione della scuola media unica (legge 1859, del 31 dicembre 1962) e come essa abbia segnato una tappa fondamentale del sistema scolastico italiano. Non sfuggono certo alla nostra memoria le condizioni sociali in cui versava il Paese in quegli anni: appena due terzi della popolazione aveva solo la licenza elementare, un altro decimo la licenza media, il 4% circa il diploma di scuola superiore e poco più dell’1% la laurea.

Una situazione ancor più grave se letta in una prospettiva territoriale. In questo quadro, l’obiettivo di innalzare i livelli di istruzione passò anche attraverso l’unificazione di un percorso divergente che avviava, allora, prematuramente, i figli delle classi sociali più svantaggiate verso il lavoro mentre spingeva quelli delle classi sociali abbienti verso i livelli più alti degli studi.

Alla scuola media allora si assegnò la missione di avvicinare le condizioni economiche e sociali degli italiani, dal Nord al Sud, attraverso lo studio, almeno fino ad un certo livello di istruzione. E la scuola divenne un grande ascensore sociale.

Si trattò di una tappa assai significativa di un percorso di cui venivano avviati i primi passi, ma è da questi che il nostro Paese potè avanzare e progredire socialmente anche su altri fronti. In ogni caso, la possibilità di allargare ad una platea più vasta l’istruzione scolastica testimonia anche una nuova sensibilità politica il cui significato è chiaro: non potrà esserci equità sociale senza che sia assicurata equità educativa, intesa come possibilità di accesso all’istruzione non solo a livello individuale ma anche territoriale.

Nondimeno, fin dalla sua introduzione la scuola media si porterà dietro fino a nostri giorni alcune questioni irrisolte, sulle quali varrà la pena dare uno sguardo retrospettivo, anche per capire quali possano essere le ragioni profonde delle difficoltà che hanno anche reso difficile, il formarsi di una sua fisionomia, una sua identità, e deboli gli elementi di raccordo e di giuntura con il segmento scolastico la precede e con quello che la segue. Ancor di più, per capire i risultati non lusinghieri dei nostri ragazzi nelle prove finalizzate ad accertare i livelli di apprendimento in alcune discipline.

Allora, ci si potrebbe innanzitutto chiedere:

  • oggi, in questo nuovo contesto istituzionale ha ancora un senso e una missione la scuola media? Ha, cioè, significato mantenere una scuola media nell’attuale impianto del sistema scolastico italiano, articolato nei due cicli di istruzione e, in caso affermativo, secondo quale identità e con quale struttura curricolare?
  • la generalizzazione del sistema in istituti comprensivi quali effetti avrà sul miglioramento della didattica e degli esiti scolastici? Dato che ancora non si conosce bene il valore, o il disvalore, della loro introduzione, né quali siano i loro punti di forza e di debolezza. Se ad essi (dato che sono ormai diffusi da quasi un decennio), e in che misura, debba essere ricondotta la situazione di debolezza dell’attuale scuola media?
  • bisognerebbe anche chiedersi in che misura l’attuale impianto ordinamentale (quadri orari, monte ore settimanale e annuale, insegnamenti, flessibilità curricolare, etc.) incida sul successo scolastico?
  • e, ancora, l’attuale modello di governance corrisponde alle peculiarità e ai bisogni di tutte le componenti che operano in organizzazioni così complesse ?

 

 

Francesco Greco

 

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1 Stralcio introduzione al seminario, “I nodi della scuola media”, Università di Firenze, 27 aprile 2012 .

2 legge di conversione Decreto-legge del 6 luglio 2011 n. 98 – Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria, G.U. n. 155 del 6 luglio 2011

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