04/09/2003
di Sandro Gigliotti
Membro del Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione
Alla fine della lunga stagione degli scioperi nella scuola, una cosa sembrava chiara, e cioè che, al di là delle valutazioni sul contenuto dell’accordo Confederali – Governo, si dovesse poi far presto per consentire agli insegnanti di ricevere quanto prima gli aumenti che si erano guadagnati con un anno intero di mobilitazione. A due mesi da quell’accordo e a trattativa iniziata da qualche settimana, siamo invece, ancora, in un tunnel del quale non si scorge uscita.
All’osservatore attento, tuttavia, non possono sfuggire i due nodi che le Organizzazioni Sindacali hanno il dovere di sciogliere senza tentennamenti e, soprattutto, senza le furbizie che sono loro proprie, perché la loro credibilità (e faccio riferimento a tutte le Organizzazioni presenti al tavolo), ne sarebbe ulteriormente ridotta, e il mondo della scuola sarebbe, forse per l’ultima volta, posto davvero al limite estremo della sopportazione.
I nodi che devono essere affrontati riguardano i seguenti temi
1) Quanta parte dei 1260 miliardi del concorsaccio debba essere data alle scuola
2) Quanto debba la secondaria avere in più rispetto agli altri gradi di scuola.
Ora, sulla prima questione l’atto di indirizzo del Governo dichiara esplicitamente che il budget del concorsaccio deve essere distribuito a tutti salvo una quota individuata fra 1 200 e i 400 miliardi, che va data alle scuole. E’ dunque presumibile che, dopo le scaramucce d’uso, si trovi rapidamente una via mediana fra chi (CGIL) punta ai 400, e chi (Snals, Cisl) ai 200.
Sul secondo nodo, invece, sembra esserci un intoppo ben più rilevante, perché mette in discussione, dopo molti anni, una questione storicamente messa a tacere (o pessimamente risolta), e che viene finalmente alla luce.
L’atto di indirizzo del Governo, per la prima volta assume la questione stipendiale degli Insegnanti dal punto di vista dei “parametri europei”. Si tratta di una vera conquista di questa stagione di proteste. Ma aggiunge, e qui sta il vero argomento del contendere, che si dovranno prevedere “incrementi differenziati” che “evitino appiattimenti” in quanto i rilevamenti fatti in sede tecnica, hanno messo in evidenza che lo scostamento rispetto alla media OCSE ” è riferibile da un lato alla durata della progressione economica, dall’altro al diverso trattamento fra i diversi ordini di scuola”.
Per dirla in altri termini, il Governo si è finalmente accorto che gli Insegnanti maggiormente penalizzati sono quelli con maggiore anzianità di servizio, e, soprattutto, quelli della Secondaria, a causa di una storica operazione di appiattimento e di disconoscimento di specificità. Si tratta dunque, nella distribuzione a tutti sia delle risorse del concorsaccio che degli 850 miliardi stanziati ex novo, di differenziare gli aumenti tenendo presente “chi è più lontano dall’Europa”.
Attorno a questo nodo, che nessuno rende pubblico, si sta arenando la trattativa, perché tutte le Organizzazioni sono restie, per problemi interni, a prendere atto di questa sacrosanta indicazione del Governo che, per la prima volta, ha il coraggio di mettere il dito su una piaga incancrenita. E infatti, se sul maggiore aumento agli Insegnanti con maggiore anzianità sembra ci sia consenso, sulla questione della penalizzazione storica della “secondaria”, l’imbarazzo è generale. Tutte le Organizzazioni tradizionali hanno infatti al loro interno forti componenti di altri gradi di scuola, che premono affinché gli aumenti non vengano differenziati, ed è dunque comprensibile, ancorché non accettabile, la loro ritrosia ad affrontare correttamente il problema. Stupisce invece il silenzio della Gilda, che, non solo ha sempre teorizzato le diversificazioni, ma ha, nella secondaria, più del 90% dei suoi aderenti e votanti.
Qualcuno sembra sussurrare che siccome i soldi sono pochi non vale la pena di differenziarli. Ma questo sarebbe un gravissimo errore, non solo perché non si vede proprio quando i soldi possano essere “tanti”, quanto soprattutto perché si darebbe, per l’ennesima volta, un segnale di arretratezza anche culturale, rispetto a quell’Europa che si chiede di raggiungere.