In una nota inviata al ministro dell’Istruzione, il prof. Francesco Greco, Presidente dell’Associazione Nazionale Docenti chiede che si intervenga per modificare profondamente i cosiddetti “Ambiti Territoriali”.
“Salutiamo con favore–scrive il prof. Greco- il recente accordo sulla cancellazione della “chiamata diretta” che anticipa l’eliminazione legislativa di uno degli istituti più deleteri della legge 107/2015 e reindirizza la scuola verso i più consoni binari del rispetto dell’ordinamento costituzionale. Un intervento necessario verso il superamento delle aberrazioni prodotte dall’inveterata “buona scuola” e delle umiliazioni fatte patire ad un’intera categoria professionale.
Tale scelta, -continua il presidente dell’Associazione Nazionale Docenti- ferma restando la sua forte valenza politica, tuttavia, lascia in ombra tante questioni, su molte delle quali si è registrata una sostanziale convergenza tra impegni elettorali e legittime aspettative del mondo della scuola.
Oggi, pur consapevoli che gli interventi debbano essere ponderati ed adeguati, molte questioni necessitano azioni urgenti e immediate. In tal senso, riteniamo che si debba, per la stretta correlazione con la chiamata diretta, intervenire con la medesima celerità sugli ambiti territoriali. Una correlazione resa ancor più evidente dalla precedente denominazione di “albi”, come erano definiti gli ambiti nel progetto di legge della “buona scuola”, ovvero “liste di chiamata” che noi definimmo liste di “proscrizione”, da cui i dirigenti scolastici avrebbero dovuto attingere per le nomine, poi mutati nominalmente in “ambiti”. In nome della logica degli ambiti sono fatte cadere importanti regole sulla formazione degli organici e delle cattedre e introdotta una nuova e non augurabile titolarità su ambito, consentita la costituzione di posti fantasiosi tra scuole situate in comuni spesso distanti decine di chilometri e tanti insegnanti costretti a peregrinare su intere province. Per i docenti, dunque, nuove forme di precarietà e ulteriore svilimento della dignità professionale, costretti a dipendere, con la chiamata diretta, dalla scelta discrezionale, più spesso arbitraria, di un dirigente scolastico.
Ma ora, con la cancellazione della chiamata diretta, anche gli ambiti territoriali devono essere rivisti e ripensati alla radice.
Pertanto, riteniamo che dopo la fase destruens, tra l’altro ancora neanche iniziata, dovrà esserci, necessariamente, una fase costruens. Ed è in questa direzione, e per la sua evidente attualità, che vogliamo richiamare la nostra lettera aperta, pubblicata il 14 giugno 2014, rivolta a Matteo Renzi, allora presidente del Consiglio, e a Stefania Giannini, allora ministro dell’Istruzione. Nella lettera, tra le varie proposte, c’era anche la richiesta, avanzata pubblicamente per la prima volta, di costituzione di “ambiti territoriali” (a dire il vero, già molto prima, nel 2011, ne avevamo discusso con il ministro Profumo, appena insediato, e, su sua indicazione, con il dott. Giuseppe Cosentino che la ritenne molto interessante).
Nella lettera, alla voce “Autonomie responsabili”, scrivevamo “I piani di dimensionamento della rete scolastica, così come previsti dal D.P.R. 233/1998, sono finalizzati a discriminare le istituzioni scolastiche in relazione alle dimensioni dei singoli istituti (numero di alunni) senza tener conto che in ambiti territoriali assai ristretti possano esserci istituti della stessa tipologia. Ciò, spesso, ha dato luogo a duplicazioni di corsi di studio con sottoutilizzo delle risorse e senza alcun reale vantaggio per l’utenza scolastica, ma anche instabilità degli organici e discontinuità nell’attività didattica, per il continuo avvicendamento dei docenti. Si tratta, allora, di definire degli ambiti organizzativi dell’offerta formativa a livello sub provinciale, in cui siano garantiti un’offerta articolata e univoca dei diversi percorsi di studio e un organico funzionale stabilizzato del personale docente che consenta in modo flessibile di assorbire esuberi e carenze, senza effetti, nel medio periodo, sulla mobilità esterna. Ciò renderebbe inutile il ruolo attualmente svolto dagli ex provveditorati, le cui funzioni -sostanzialmente la gestione degli organici- andrebbero svolte da un organismo territoriale di coordinamento delle autonomie scolastiche. Non si tratterebbe di costituire nuove strutture burocratiche, ma organismi rappresentativi delle autonomie scolastiche dotate di una struttura minimale per il supporto tecnico delle stesse. Tanto dicasi per gli Uffici Scolastici Regionali che potrebbero essere soppressi e le loro funzioni in parte ritornare a livello centrale e in parte traferite ai nuovi organismi territoriali di coordinamento delle autonomie scolastiche. I risparmi di spesa, per come si può evincere dalla tabella allegata, sarebbero notevoli e dovrebbero essere reinvestiti nelle scuole per migliorare la qualità e l’efficacia dell’intero sistema educativo. Un nuovo modello organizzativo di “autonomia responsabile” che riduce alla dimensione funzionale l’apparato amministrativo e che mette al centro le scuole e la funzione che ne legittima la loro stessa esistenza, l’attività educativa e formativa.”
Come si può ben capire, la costituzione degli ambiti, da noi proposti, era volta a fini ben diversi dalle liste di renziana memoria e inserita all’interno di una diversa organizzazione dell’istruzione sul territorio e di nuovo modello di governo delle istituzioni scolastiche, connessi ad una profonda riscrittura dello stato giuridico dei docenti.
Ciò detto, la questione degli ambiti, a nostro giudizio, -conclude il Prof. Greco- non può più essere disattesa, onde evitare che la cancellazione della chiamata diretta possa, anche solo apparire, un provvedimento estemporaneo e, men che meno, meramente propagandistico.”