Note & Interventi

Cambiare la condizione degli insegnanti, un imperativo categorico

di Redazione

Oggi, su iniziativa delle Nazioni Unite, si celebra la giornata mondiale degli insegnanti. In questa breve intervista abbiamo rivolto tre domande al prof. Francesco Greco, Presidente dell’Associazione Nazionale Docenti


Come nasce questa ricorrenza e quale fine si propone?

Come tutte le ricorrenze di cui non si conoscono, o si conoscono poco, le motivazioni, anche la Giornata Mondiale degli Insegnanti può apparire un vuoto rituale.

In realtà, la Giornata mondiale degli insegnanti è il punto di approdo di un lungo viatico che risale al 1946, alla prima sessione della Conferenza Generale dell’Unesco. In quella Conferenza la delegazione cinese chiese di promulgare una Carta degli Insegnanti di tutto il Mondo. Questa Carta, nell’intento di chi la propose, avrebbe dovuto contribuire a migliorare ed innalzare le condizioni materiali e morali degli insegnanti e a proteggere e tutelare la libertà di insegnamento.

Nel 1966, vent’anni dopo, viene adottata a Parigi, in una speciale Conferenza Intergovernativa, per iniziativa delle Agenzie specializzate delle Nazioni Unite, Unesco ed ILO, la Raccomandazione sullo Status degli Insegnanti.

Nel 1994, proprio per richiamare i contenuti di quelle raccomandazioni, su iniziativa delle Nazioni Unite, si decise di istituire La Giornata Mondiale degli Insegnanti. 

Ed è dal 1994, che ogni anno, il 5 ottobre si celebra la giornata mondiale degli insegnanti.

Ogni anno nei messaggi congiunti delle Agenzie specializzate delle Nazioni Unite viene ribadito che gli insegnanti e l’educazione sono elementi cruciali per il progresso delle nazioni.

Qual è oggi l’effettiva condizione dei docenti nel mondo?

Le azioni dei governi per l’istruzione non sempre hanno corrisposto a quegli impegni e, un po’ dovunque, nel mondo si registra una crescente disaffezione per la professione insegnante.

Ciò, in gran parte è dovuto al progressivo peggioramento delle condizioni professionali, ma anche all’inadeguatezza, in molti Paesi, delle retribuzioni.

Aspetti, d’altronde, già previsti dalla Raccomandazione del 1966, ove esplicitamente è affermato che tra i fattori dai quali dipende il loro riconoscimento sociale e l’importanza della loro funzione debbano essere considerate le condizioni economiche di cui godono. 

Qual è la situazione degli insegnanti nel nostro Paese?

Tutti gli indicatori economici confermano che l’Italia è il paese europeo che, in percentuale alla propria spesa pubblica, investe meno nell’istruzione. L’Italia destina circa l’8,0% della propria spesa pubblica all’istruzione, contro una media europea del 10%, posizionandosi all’ultimo posto della classifica dopo la Grecia (8,3%).

Paesi come la Svizzera e l’Islanda doppiano le nostre cifre, assestandosi intorno al 16%. Altri grandi Paesi europei comparabili con l’Italia hanno tutti percentuali nettamente più alte: 9,6% la Germania, 9,5% la Spagna e la Francia.

Anche riguardo al rapporto Spesa Istruzione/PIL, l’Italia spende circa il 3,9% contro una media europea del 5%. Come se ciò non bastasse, l’Italia, anziché aggiungere nuove risorse, con il Documento di economia e finanza 2022 prevede di ridurre, nel 2025, le spese per l’istruzione al 3,5% del PIL.

Non meno grave la questione retribuzioni. Se si guarda le retribuzioni degli ultimi 15 anni nei Paesi dell’OCSE, gli stipendi degli insegnanti sono aumentati mediamente aumentati dal 2 % al 3 %. In Italia, gli stipendi degli insegnanti sono diminuiti del 5%. Unico Paese al mondo in controtendenza.

La questione non riguarda ovviamente solo le retribuzioni, ma anche le condizioni di lavoro. Con l’introduzione dell’autonomia scolastica e della dirigenza scolastica, la scuola italiana ha subito un vero e proprio cambiamento genetico, ha smesso di essere comunità educante ed ha vestito impropriamente i panni di microazienda, organizzata su modelli vetero dirigistici ed autoritari, in cui il fattore dominante è quello burocratico, del mero adempimento, così smarrendo il senso ed il fine della sua missione. In questo contesto, gli insegnanti e l’insegnamento sono stati svuotati della loro funzione, gli insegnanti non sono più i soggetti chiave del processo formativo e all’insegnamento sono stati assegnati altri fini.

Tutto ciò non può che far regredire ancor di più la situazione degli insegnanti in Italia. Si tratta di una questione che dovrebbe suscitare allarme politico, in uno scenario in cui sull’educazione e sulla scuola si scaricheranno sempre più le tensioni e le contraddizioni che attraversano la complessità delle società contemporanee.   

 

 

 

 

 

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