22/04/2003
di Maurizio Tiriticco
Università di Roma Tre
1) La nostra IP (Istruzione Professionale), dopo le riforme degli ultimi anni, ha tutto da dire e da dare e nulla da perdere! Anzi, nei curricoli flessibili IP ci sono tutte le premesse per dar vita a seconde gambe più che forti (del resto, la stessa UE ha sempre apprezzato la nostra IP). Quindi, non fasciamoci la testa prima che qualcuno lanci le sue bordate! In politica valgono i rapporti di forza e, nella incerta bonaccia che precede la battaglia che si scatenerà per i decreti delegati, l’IP, per la sua storia, ha buone ragioni da vendere e suggerimenti da dare! Del resto, per l’attuazione della stessa Legge 425, fu l’esperienza IP a “indicare” molti dei criteri per l’innovazione!
2) Occorre sottolineare che il comma 3 del nuovo Cos. 117 afferma come linea di principio che è materia di legislazione concorrente quella relativa all’istruzione, salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione professionale; ma non stabilisce di fatto – né potrebbe farlo, in quanto si tratta di materia costituzionale, non di legislazione ordinaria – che gli istituti professionali siano trasferiti tout court alle Regioni!
3) Secondo la Legge 53 l’ultimo anno del primo ciclo “assicura l’orientamento e il raccordo con il secondo ciclo”, ma occorre ricordare che la scuola media è sempre stata formativa e orientativa per tutto il suo percorso in forza della sua stessa ragion d’essere! E’ importante, comunque, assicurare subito agli studenti dopo l’uscita (a 14 anni o a 13 anni e mezzo) percorsi integrati o, se si vuole, comprensivi. Ciò, però, sarebbe permesso a condizione di una generalizzazione della didattica modulare pluridisciplinare, che implica, da parte dei consigli dei classe di diverse tipologie di istruzione modalità particolari di progettazione ed organizzazione delle attività formative.
4) Sarei molto fermo sui seguenti TRE punti (del resto la legge non li nega, il DPR 275/99 li legittima ed anche lo stesso Bertagna mi sembra su questa linea): a) occorre una didattica organizzata per gruppi-alunni flessibili più che per rigide classi di età; b) i docenti non dovrebbero essere distribuiti per cattedre (derivanti dalle relative classi di concorso che dovrebbero essere superate!), ma assegnati in organico funzionale alle scuole con orari di servizio che prevedano sia gli insegnamenti disciplinari e pluridisciplinari, anche in codocenza, che attività di sistema (ad es., produzione di materiali didattici, modulari e non, produzione di prove di verifica, recuperi, rinforzi e sostegni mirati ai fini della personalizzazione degli obiettivi formativi, e tutte quelle attività che sono indispensabili al funzionamento dell’autonomia); il tutto richiederà, ovviamente una trattativa ad hoc; c) gli obiettivi formativi che saranno declinati nelle ISA dagli obiettivi specifici di apprendimento, di cui alle Indicazioni nazionali per i Piani di studio “personalizzati”, dovrebbero comportare da parte degli studenti acquisizioni di competenze/capacità – più che di conoscenze disciplinari – che riguardino anche e soprattutto le capacità trasversali elaborative e creative (lo dicono Delors, Morin, i libri bianchi, Goleman, Bruner, i teorici dell’apprendimento organizzativo, ecc.; e Maragliano parla di una scuola “indisciplinata”!!!); gli studenti, cioè, dovrebbero “acquisire” strategie e metodi per apprendere anche da soli e in gruppo, per progettare, risolvere problemi, organizzare, organizzarsi, e tutto il lungo bla bla bla delle sterminate operazioni del cervello destro e di quello sinistro, operazioni a fronte delle quali le discipline non sono contenuti da imparare, ma occasioni e stimoli per produrre!
5) L’alternanza partirebbe fin dai 15 anni (e la Legge 53 lo dice!), ma dovrebbe riguardare tutte le organizzazioni in cui si producono beni, servizi, informazioni, cultura (dall’azienda metalmeccanica all’industria alimentare, alla biblioteca, all’istituto universitario, al giornale, alle case editrici, al panificio, al supermercato, al tribunale, all’ospedale…). Quando si parla di formazione professionale, molti pensano ancora alla vecchia maniera, al lavoro manuale esecutivo e ripetitivo! Ma è formazione professionale anche quella di un avvocato o di un giornalista o di un chirurgo. In effetti istruzione e formazione costituiscono sempre e comunque un’endiadi, oggi soprattutto con l’evoluzione dei saperi, delle tecnologie, dei profili professionali! Un cuoco, un parrucchiere, un sarto sono professioni a tutto tondo! Tutta l’istruzione/formazione è istruzione/formazione generale e professionale! Restituiamo in primo luogo dignità alle professioni, a TUTTE, e la ricaduta sui processi formativi si verifica di conseguenza… Se crediamo ad una democrazia reale e se siamo convinti che nemmeno uno deve restare indietro! Non dobbiamo permettere che un giovane diventi un cuoco perché non è stato capace di diventare un ingegnere, ma perché ha scelto di fare il cuoco! Purtroppo, ancora sono in molti a pensare che troppi giovani “non hanno voglia di studiare”, “non sono portati per”, ecc. Ma ormai sappiamo tutti quanto pesino i condizionamenti sociali! E allora… la scuola “nuova” e “riformata” che ci sta a fare, se non è in grado di garantire a ciascuno il suo “successo formativo”? L’abbiamo scritto (articolo 2, comma 2 del DPR 275/99), perché ci abbiamo creduto e ci crediamo!
6) Ritengo che la questione SE gli istituti professionali. debbano o non debbano passare alla Regioni sia un falso problema!!! Il problema è un altro: l’istruzione – tutta l’istruzione e non solo quella professionale – deve fare un forte salto di qualità! Che, ovviamente, non è la licealizzazione! Una forte formazione di base non è tout court assimilabile agli studi liceali di un tempo finalizzati alla cultura “disinteressata” e alle professioni cosiddette liberali! E la nostra IP può essere una guida su una strada di questo tipo! Ed allora gli IP, invece che piangere nella paurosa attesa di chissacchecccosaaaa… dovrebbero adoperarsi per valorizzare la loro storia, il loro ruolo, la funzione innovatrice che hanno svolto e svolgono, per confezionare i loro POF ben calibrati sulla integrazione delle cosiddette “due” culture. Insomma, passino loro all’attacco! Solo allora potranno contribuire alla crescita complessiva di una formazione forte, teorica e pratica, disinteressata ma orientata, generale ma mirata! Ed allora soltanto, sia che restino allo Stato sia che passino alle Regioni, comunque saranno motivi esemplari ed insostituibili di autentica innovazione! Se restano allo Stato, con le loro strategie potranno rinforzare il sistema dei licei; se passano alle Regioni, potranno contribuire ad un miglioramento significativo della FP regionale!
7) Insomma, io alle due gambe non ci credo, ad una brutta e rachitica e ad una bella e robusta! O meglio, le due gambe le abbiamo ereditate dal passato! Oggi, in effetti, le gambe sono molte di più, diversissime l’una dall’altra, ma ciascuna può e deve marciare bene perché ha la medesima struttura forte, la tibia, il perone, muscoli, nervi e sangue che circola! Ma, perché le mille gambe di un sistema plurale possano marciare spedite e sicure, occorre che siano fornite di scarpe robuste! E questa robustezza può essere garantita solo se i principi della “pari dignità dei due sistemi” e del “diritto/dovere all’istruzione per almeno 12 anni” tanto conclamati verranno “letti” ed “attuati” in modo tale che vengano proposte “offerte formative” di tutto rilievo. E quindi, che vengano garantite risorse strutturali, istituzionali, finanziarie ed umane di tutto rilievo per il rinnovato sistema di istruzione!
In altri termini, occorre che i poteri concreti riservati alla legislazione dello Stato, e cioè
– la determinazione dei principi fondamentali,
– la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale,
– le norme generali sull’istruzione,
siano tali da tracciare e definire un modello di educazione, istruzione e formazione (sono i tre concetti che ritroviamo declamati del DPR 275/99, art. 1, c. 2) che consenta una pluralità di percorsi, ciascuno dei quali, statale, paritario, regionale che sia, garantisca una forte preparazione di base per tutti i 12 anni di diritto/dovere di istruzione. Senza scadere, ovviamente, in una sorta di rinnovata licealizzazione! E vanno anche considerati gli snodi per i percorsi IFTS e per i nuovi progettati percorsi universitari ad Y! Insomma, è tutto un sistema di istruzione lunga, per tutta la vita, che si è messo in moto, nel quale e grazie al quale il diaframma tra licealità permanente e professionalizzazione precoce sta perdendo di vigore, in forza delle trasformazioni in atto nel sociale, nella cultura, nei profili professionali, nei processi lavorativi.
8) Insomma, se questa è la sfida che i nostri tempi in questa società avanzata ci propongono, allora adoperiamoci perché i decreti delegati che discenderanno dalla Legge 53 siano con essa coerenti. La legge apre un nuovo scenario di dibattito e di confronto! Il fronte del NO non ha ragion d’essere ed è politicamente perdente! E ne soffrirebbero anche i nostri giovani!
Roma, 21 aprile 2003
Maurizio Tiriticco