
NOTE E INTERVENTI*.
Fare ed essere scuola, forma e sostanza, azione e riflessione, teoria e pratica. E potremmo ancora continuare con ulteriori accostamenti per indicare le due facce di una dimensione fondamentalmente unitaria della Scuola, così come abbiamo imparato a riconoscerla attraverso la prassi quotidiana incentrata sull’attività di insegnamento-apprendimento che si sostanzia nel luogo fisico, con tutte le sue croniche criticità, che diventa nello stesso tempo entità simbolica immateriale e cuore pulsante di vita autentica nella sua profonda complessità creativa.
Per abitudine, forse, le persone che vivono e lavorano in questo mondo così sorprendente e vario (siano essi docenti, studenti, personale scolastico, dirigenti o Ata), hanno perso di vista questa realtà multidimensionale della scuola, capace di esprimere nello stesso momento forme e contenuti sempre nuovi e pur compenetrati da quell’esperienza e quel vissuto che le rende antiche, uniche e irripetibili, capaci cioè di assumere la dimensione di una scoperta continua ed esaltante.
La scuola pubblica sotto attacco. Paura di crescere o pregiudizio sociale?
I grandi cambiamenti che hanno investito il mondo della scuola, approdata in pochi decenni agli scenari sorprendenti e imprevedibili dell’Intelligenza Artificiale, non hanno riguardato soltanto gli strumenti di supporto e le nuove metodologie del fare scuola, altrettanto determinanti sono state le riforme che hanno investito il sistema di governance delle istituzioni scolastiche, con l’introduzione della figura del dirigente, vera e propria autorità monocratica. Come la nostra Associazione sta sostenendo da anni in tutte le sedi istituzionali, si è trattato di un’evoluzione normativa per niente coerente con quella visione della scuola autonoma che ha preso il via con la Riforma Bassanini, che abbia capacità di autogoverno e gestione democratica, attraverso i propri organi collegiali.
Per dare l’idea della contraddizione profonda che la scuola italiana vive in questo delicato momento storico, possiamo fare riferimento alla legge 142 del 8 giugno 1990 sull’Ordinamento delle autonomie locali, che ha introdotto autonomia statutaria e potestà regolamentare a comuni, province e aree metropolitane segnando in modo concreto e sostanziale quei principi di decentramento amministrativo e sussidiarietà sanciti dalla Costituzione della Repubblica. Senza addentrarsi nel dettaglio di un provvedimento che, insieme alla Legge 241 del 7 agosto 1990 sulla Trasparenza, è diventata una pietra miliare della moderna evoluzione del sistema di governo nelle varie articolazioni delle autonomie locali, citiamo soltanto l’esempio emblematico dell’elezione diretta dei sindaci, che rappresenta in modo compiuto l’espressione democratica e autonoma della volontà della comunità dei cittadini elettori.
È quello che sarebbe dovuto avvenire anche nel sistema di governance della scuola autonoma dove, invece, si è fatto tutto il contrario, innestando una figura dotata di prerogative e poteri assoluti in un sistema costruito per funzionare secondo una circolarità di competenze e ruoli, fondato sui principi autentici dell’autonomia. Si è così innescata immediatamente una crisi senza precedenti, un vero e proprio corto circuito, che ha portato a livelli altissimi di conflittualità, una sorta di tutti contro tutti che ha rotto definitivamente quel fragile equilibrio di relazioni, sempre problematiche e dialettiche, con le famiglie e i territori. A tale proposito colpisce la virulenza e l’aggressività quasi quotidiana, che vede protagonisti studenti e genitori, ormai fuori controllo, incuranti di qualsiasi regola di buonsenso, per non parlare della buona educazione, che si sentono autorizzati e legittimati a farsi giustizia da soli, anche quando sanno che non avrebbero alcuna ragione per lamentarsi. Fermo restando che questi atteggiamenti sono sempre e comunque da condannare con la massima fermezza, senza se e senza ma.
Non sembra esagerato sostenere che ad essere sotto attacco è la scuola pubblica italiana con il suo alto valore istituzionale, così come disegnato dalla Carta Costituzionale, che viene apertamente screditata. In tal senso crediamo vada letta anche l’elargizione di fondi ogni anno più sostanziosi, a scuole e università private, in nome di una presunta libertà di scelta educativa che nessuno ha mai negato da quando è nata la Repubblica. Piuttosto bisogna dire che, al contrario, sono proprio questi stratagemmi che violano la Costituzione e in particolare l’art. 33 che stabilisce che “Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato“. Se si vuol fare diversamente bisogna prima cambiare questa norma primaria che, per la sua estrema chiarezza, al momento non ammette ignoranza.
La prassi del fare scuola. L’insegnamento non è un mestiere!
Di fronte alla sistematica azione di discredito e delegittimazione messa in atto nei confronti dei docenti e della scuola pubblica in generale, bisogna reagire con estrema fermezza, rivendicando la piena tutela del ruolo e della dignità contro ogni forma di prevaricazione. Nello stesso tempo, però, soprattutto noi docenti dobbiamo essere assolutamente intransigenti con noi stessi per quanto riguarda l’esercizio della nostra professione insegnante, da esercitare con serietà e competenza, rigore metodologico e rispetto delle regole deontologiche, pur sapendo che per la nostra categoria professionale, ancora non esiste un codice deontologico specifico, ma si applica genericamente quello dei dipendenti pubblici. Veniamo insomma trattati alla stregua di anonimi impiegati dello Stato, mentre invece il docente è ben altro e molto di più.
Essere intransigenti con se stessi e il ruolo delicatissimo esercitato, è il primo passo fondamentale per essere inattaccabili da quella zona grigia del “sentire comune” che si nutre di illazioni e dicerie, strumentalizzando ogni pur minimo errore o malinteso. In sostanza, per una scuola davvero in grado di rispondere alle formidabili sfide del futuro che è già adesso, è necessario che il docente sia davvero un professionista esperto dell’educazione e formazione integrale delle nuove generazioni, operando con coscienza, consapevolezza, responsabilità e maturità; perché la professione docente non è mai stata e mai potrà essere un mestiere. Chi in modo sciagurato la intende tale, è opportuno che cambi urgentemente “mestiere”.
Una professione e una missione molto delicata, come è sempre stata e lo è ancora di più oggi di fronte alle rischiose sfide educative che abbiamo di fronte. Il mio pensiero va a quel grande educatore che è stato papa Francesco, sia durante il suo pontificato che nella sua vita da presule in Argentina e in tutta l’America Latina, le cui scelte autenticamente rivoluzionarie secondo lo spirito evangelico, hanno certamente avuto un riferimento e uno specchio nella pedagogia della liberazione dalla schiavitù morale e materiale di ignoranza e analfabetismo. Mi riferisco anche a quel grande pedagogista e pensatore che è stato Paulo Freire e alla sua “Educazione come pratica della libertà”, al quale credo sarebbe opportuno dedicare una riflessione approfondita e arricchente.
Qui, anche per ovvie ragioni di tempo mi limito a richiamare alcune affermazioni tratte dalla sua Pedagogia dell’autonomia, quando dice che “uno dei saperi indispensabili è che chi viene formato, fin dall’inizio della sua esperienza, si consideri egli stesso un soggetto che produce sapere, e si convinca una volta per tutte che insegnare non è trasferire conoscenza, ma creare le possibilità per produrla o costruirla”. Insegnare esige comprendere che educare è una forma di intervento sul mondo; l’educazione non è mai stata, non è, né può essere neutrale, “indifferente”.
L’irrompere dell’intelligenza artificiale: la sfida continua, ma non bisogna avere paura.
L’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale nella prassi didattica rappresenta una grande opportunità per qualificare e migliorare ulteriormente il modo di fare ed essere scuola. Si tratta indubbiamente di un’occasione formidabile e di una altrettanto importante sfida che non ci deve assolutamente spaventare né scatenare reazioni irrazionali, dettate da atteggiamenti emotivi sotto il peso delle incertezze. L’esperienza della storia ci insegna che le innovazioni e i grandi cambiamenti si affrontano con consapevolezza, mettendosi in gioco, con intelligenza e apertura mentale; non avrebbe alcun senso, anzi, sarebbe una vera e propria iattura se si reagisse con uno scomposto e anacronistico “divieto di utilizzo”.
Sarebbe soltanto un modo per negare l’evidenza, mettendosi fuorigioco e fuori dal cammino della storia. Una reazione che non può esistere ed è assolutamente inconcepibile per chi esercita la difficile, ma affascinante, arte dell’insegnamento/apprendimento. Bisogna avere invece la capacità di governare i processi di cambiamento, trasformandoli in opportunità di crescita individuale e collettiva, capace di migliorare la qualità della didattica, di quella didattica generativa che apporterà sicuramente grandi benefici e contribuirà, grazie anche al decisivo intervento dei docenti e della scuola, a costruire un mondo migliore, all’insegna della sostenibilità.
Una nuova dimensione etica: il peso antico e moderno di educare al pensiero critico.
Una formidabile sfida, dicevamo. E non può essere definita diversamente, se prendiamo in considerazione tutto ciò che si muove ed evolve con una rapidità impensabile nel campo delle applicazioni dell’intelligenza artificiale. L’esempio della tesi di laurea sperimentale, discussa all’Università di Cassino e Lazio meridionale davanti alla commissione d’esame da un avatar creato dalla studentessa laureanda utilizzando le l’intelligenza artificiale, oltre a suscitare meraviglia e compiacimento, ci pone una serie di problemi e domande del tutto nuovi, proponendo una inattesa e incredibile complessità, che coinvolge tutte le dimensioni dell’esistenza umana, del suo ruolo e funzione in prospettiva di un futuro che è già adesso.
Si tratta di questioni di natura etica, culturale, socio-politica, esistenziale e tanto altro ancora, che sollecitano risposte in termini di prassi educativa e gestione dei fondamenti essenziali dell’agire quotidiano di ogni uomo e, soprattutto, delle nuove generazioni. Gestire questa nuova complessità significa investire sulle grandi potenzialità dell’intelligenza artificiale, senza però rassegnarsi all’idea che si tratti di un inesorabile processo che porterà alla definitiva crisi e marginalizzazione dell’umanità, destinata ad essere sostituita in tutto e per tutto da questa sovra-dimensione, completamente altra, incontrollabile e onnipotente.
E qui vengono chiamate in causa direttamente la scuola e l’università, che dovranno educare e formare persone capaci di un uso consapevole, maturo e responsabile di strumenti che, di per sé, esaltano la creatività e le meraviglie di percorsi del tutto inesplorati, ma che, in quanto tali, dovranno essere governati in modo molto accorto per evitare che essi stessi diventino un alter ego che, a poco a poco, si sostituirà in tutto e per tutto all’uomo, rendendolo quasi inutile e “poco pratico”. Sviluppare, dunque, un irrinunciabile pensiero critico o, più concretamente, uno scetticismo attivo, come unico antidoto ad ogni forma di prevaricazione e appiattimento.
Principio di autorità e autorevolezza. Contro l’ipse dixit.
Senso critico e scetticismo attivo, rappresentano la premessa irrinunciabile per rispondere in modo serio e razionale alla tendenza a spingere verso forme di autoritarismo, magari con il pretesto che bisogna imparare a riconoscere e rispettare l’autorità costituita o, come si è soliti definirlo, “il principio di autorità”.
Anche in questo caso giunge in soccorso il grande patrimonio della tradizione letteraria e culturale italiana, offrendoci l’esempio di Galileo Galilei (1564-1642) che nella Giornata seconda del Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo (1632) dimostra come sia fallace il rispetto a tutti i costi del principio di autorità (l’ipse dixit) invitando invece a operare “con le ragioni e con le dimostrazioni, e non con testi e nude autorità, perché i discorsi nostri hanno a essere intorno al mondo sensibile, e non sopra un mondo di carta”.
*Pio G. Sangiovanni, Relazione introduttiva incontro seminariale sul tema “Prassi didattica e AI. Opportunità e rischi” – IIS “Valentini-Maiorana” – Castrolibero (Cs) 29.04.2025