di Francesco GRECO
Una regola fondante di ogni sistema giuridico democratico è la terzietà di chi deve procedere all’accertamento di fatti e comportamenti ai fini di far valere eventuali responsabilità e di altri che sono preposti alla valutazione di tali fatti e comportamenti e all’irrogazione di eventuali sanzioni. Nella scuola italiana, e in questo conferma un’altra sua singolarità, tutto il procedimento disciplinare si accentra in un unico soggetto che del procedimento è anche parte, il dirigente scolastico.
Un’anomalia sulla quale si deve urgentemente intervenire per ripristinare i regolari canoni di equilibrio tra le parti e della terzietà di chi gestisce i procedimenti discipliari.
In questa direzione va la proposta dell’Associazione Nazionale Docenti che prevede l’istituzione di un Consiglio Superiore della Docenza, quale organo di garanzia della libertà di insegnamento, a cui rimettere tutte le questioni dello stato giuridico, della carriera e dei procedimenti disciplinari.
Così anche quella di adottare un Codice deontologico, quale carta fondamentale a cui ispirarsi per i contenuti normativi che regolano la professione. Un codice etico sottoposto all’approvazione della stessa categoria, la cui applicazione e gestione è demandata al Consiglio Superiore della Docenza.
Sicuramente, i fatti segnalati ogni giorno e in ogni regione che vedono contrapposti, spesso per futili motivi, dirigenti scolastici e docenti sparirebbero dalle cronache giornalistiche, perché i procedimenti disciplinari perderebbero la loro funzione di strumento di asservimento alla voce del capo, che altra non vuol sentire se non la propria.
L’ultimo fatto, in ordine di tempo, espressione di questa grave anomalia è quello riportato da Tecnica della Scuola che ha interessato una docente della provincia di Lecce. In breve, la dirigente aveva presentato una denuncia contro la docente dopo che quest’ultima, a sua dire, l’avrebbe insultata durante una riunione del collegio dei docenti. La docente è stata querelata dalla dirigente scolastica e processata per oltraggio e diffamazione, ma è stata assolta perché i fatti non costituivano reato. La docente è stata anche coinvolta dalla dirigente scolastica in due procedimenti disciplinari presso l’Ufficio Scolastico Territoriale di Lecce, ma entrambi sono stati archiviati. La storia è iniziata quando la dirigente ha richiesto ai docenti di prestare assistenza durante la pausa pranzo autogestita degli studenti e la docente ha contestato questa disposizione illegittima. La docente è stata punita con una censura, ma la sanzione è stata annullata successivamente. La dirigente ha anche sospeso la docente dal servizio e dallo stipendio, ma questa decisione è stata annullata dal giudice del lavoro di Lecce. Infine, la dirigente ha cercato di licenziare la docente a causa di una presunta mancata presenza a casa durante una malattia, ma anche questa richiesta è stata archiviata dopo un’indagine dell’Ufficio Scolastico Provinciale.
È facile immaginare il calvario della docente, ma non è accettabile che tutto questo possa ripetersi continuamente, nell’indifferenza fattuale di chi a queste anomalie dovrebbe porre fine cancellando le norme obbrobriose che le consentono.