di Redazione
Stipendi dei docenti inadeguati, perdita progressiva del potere di acquisto, nessun recupero dei tagli degli anni precedenti, nessun adeguamento retributivo all’orizzonte. La scuola italiana, anche per le retribuzioni dei docenti, si allontana sempre più dall’area dei Paesi più sviluppati e i docenti italiani sono sempre più considerati i cugini poveri dei colleghi europei.
Ad attestarlo sono i dati delle indagini internazionali, pubblicati nei mesi scorsi: il 16 settembre quelli dell’OCSE, con il rapporto “Education at a Glance 2021” che esamina e confronta i sistemi educativi dei paesi OCSE e di alcuni Stati partner; il 21 ottobre quelli dell’UE con il rapporto di Eurydice “Teachers’ and School Heads’ Salaries and Allowances in Europe 2019/20” che ha comparato le retribuzioni degli insegnanti e dei capi di istituto a livello europeo. Una situazione già ampiamente considerata nel 2019 dal Consiglio dell’Unione Europea che nella Raccomandazione sul programma nazionale di riforma 2019 dell’Italia efficacemente chiosava “gli stipendi degli insegnanti italiani rimangono bassi rispetto agli standard internazionali e rispetto ai lavoratori con un titolo di istruzione terziaria. Le retribuzioni crescono più lentamente rispetto a quelle dei colleghi di altri paesi e le prospettive di carriera sono più limitate, basate su un percorso di carriera unico con promozioni esclusivamente in funzione dell’anzianità anziché del merito. Ciò si traduce in una scarsissima attrattiva della professione di insegnante per le persone altamente qualificate e in un effetto disincentivante sul personale docente, che a sua volta ha un impatto negativo sui risultati di apprendimento degli studenti.”
Un quadro che richiederebbe la massima attenzione da parte del Parlamento, del Governo e delle forze sociali, eppure nulla si muove!
Ad occuparsene, invece, è la Direzione dell’Associazione Nazionale Docenti che si è riunita, sotto la presidenza del Prof. Francesco Greco, lo scorso 10 novembre 2021, raccogliendo lo stato di malessere e di disagio che interessa tutta la categoria e, più in generale, l’intero mondo della scuola.
Nel corso della riunione è stato stigmatizzato l’atteggiamento inaccettabile da parte del Governo che, a fronte di risorse considerevoli destinate alle scuole con il PNRR, non riesce a dare finalmente piena applicazione al dettato costituzionale che all’art. 36 testualmente stabilisce che “Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa”. Un diritto di fatto negato, sebbene il ruolo dei docenti sia fondamentale per la crescita culturale e civile delle nuove generazioni e per il futuro del Paese; sebbene i docenti, in questi anni di grave crisi pandemica abbiano dimostrato grande senso di responsabilità e spirito di abnegazione riuscendo a garantire la continuità didattico-educativa in condizioni difficilissime, connesse all’adozione della metodologia della didattica a distanza.
Secondo l’organo direttivo dell’AND, recuperare i tagli del passato e allineare le retribuzioni dei docenti a quelli di altre categorie, con pari livello di qualificazione professionale, rende necessario da parte del Governo un impegno di spesa che possa garantire aumenti medi non inferiori a cinquecento euro mensili. Le risorse ci sono e sono tante, come mai in passato, lo ha affermato il ministro Bianchi nei giorni scorsi. Bruciare questa grande opportunità, che difficilmente potrà replicarsi, sarebbe un gravissimo ed imperdonabile errore che ci consegnerebbe un Paese incapace di investire nel suo futuro.
“Se nei prossimi giorni non ci saranno atti concreti da parte del Governo – ha dichiarato il prof. Francesco Greco– avvieremo una serie di azioni, con forme anche plateali di protesta, affinché venga posta al centro del dibattito nazionale la questione del riconoscimento del diritto sacrosanto dei docenti di ottenere il giusto riconoscimento economico del loro lavoro, proporzionato al grande sforzo quotidianamente profuso al servizio della scuola, della società e dello Stato. Tra le iniziative, si fa appello ai colleghi che ricoprono incarichi elettivi e non obbligatori che garantiscono il funzionamento degli istituti scolastici, di autosospendersi sine die, tutti insieme, il prossimo 1° dicembre 2021, inviando comunicazione al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, al presidente del Consiglio Mario Draghi e al ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi. A tutti gli altri colleghi, invece, l’invito di far pervenire la loro protesta alle stesse autorità istituzionali, nello stesso giorno del 1° dicembre, a mezzo Twitter, o altri canali di comunicazione, con un hashtag chiaro ed inequivocabile. Sulle modalità organizzative stiamo lavorando, ma, se necessario, proporremo di attivare anche altre forme di protesta, senza escludere la proclamazione dello sciopero”.
“Aumentare gli stipendi degli insegnanti -ha aggiunto Greco- non è solo riconoscere la giusta retribuzione ad una categoria professionale che svolge un servizio altamente qualificato, risultato di lunghi percorsi di studio e di esperienze specialistiche, ma corrisponde sicuramente anche ad una necessità di politica economica. Al riguardo, spiace che un presidente del Consiglio, che è stato allievo di Federico Caffè, pare abbia dimenticato, a differenza di quanto sta facendo il governo ellenico, gli insegnamenti keynesiani. Infatti, aumentare gli stipendi degli insegnanti, e non solo di questi, permetterebbe di raggiungere con velocità e risolutezza due obiettivi importanti e cruciali per lo sviluppo del nostro Paese: il primo è sicuramente un obiettivo di equità sociale, i docenti italiani sono i colleghi sempre più poveri dei docenti europei e di altre categorie professionali; il secondo è un obiettivo di politica economica, perché immetterebbe nel sistema, con immediatezza, liquidità diffusa, visto il numero delle persone interessate, che attiverebbe i consumi e la ripresa economica, a differenza del “cashback di Stato” e dei vari “bonus” e “ristori“, elargiti a chi ha già tanti soldi da spendere, ma anche una più alta propensione al risparmio. Al contrario, il governo “stringe la cinghia” sulle retribuzioni ed aumenta le tasse, soffocando, così, ogni speranza di risveglio della nostra economia”.
Altra questione sollevata dalla Direzione dell’AND è quella che appare una “mutazione genetica della scuola italiana”, con Istituti scolastici trasformati in “centri di formazione professionale e progettifici”. In questi “nuovi opifici”, i docenti sono perennemente obbligati ad una “formazione di Stato”, estenuante quanto inconsistente, ma con gravi ripercussioni sulla loro libertà culturale e di insegnamento; immersi nella “fabbrica dei progetti”, il cui scopo preminente è di intercettare risorse finanziarie volte a tutto tranne che a migliorare gli esiti scolastici dei nostri studenti che, ormai, nella “nuova scuola della incompetenza cognitiva” hanno perso ogni attenzione e rilevanza.
“Una deriva -ha affermato il prof. Greco- a cui va assolutamente posto un argine! Bisogna rimettere l’insegnamento e gli apprendimenti a capo di ogni priorità; bisogna porre fine alla formazione dei docenti autogestita dalle scuole, non riconoscendo più alle stesse la qualità di soggetti formatori per i docenti. Le scuole si devono occupare (e preoccupare) dell’apprendimento degli studenti e non di quello dei docenti! È necessario che ogni risorsa impiegata nella scuola altro scopo non debba avere se non quello di migliorare i risultati dell’azione didattico-educativa, dunque, la promozione culturale e civile dei nostri studenti che poi è la missione che legittima la funzione e l’esistenza della stessa scuola.”