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Valori e diritti non possono essere a geografia variabile

Fermo NO dell'AND alla proposta di stipendi geograficamente differenziati

di Pio G. Sangiovanni

Come già espresso circa un anno fa, l’AND ribadisce il proprio fermo NO alla proposta di stipendi geograficamente differenziati che si ripresenta nuovamente dopo l’ordine del giorno approvato alla Camera durante la discussione sul salario minimo, che di fatto conduce inevitabilmente alla questione della differenziazione degli stipendi tra aree del Nord e del Sud dell’Italia. L’ordine del giorno, presentato da Andrea Giaccone, è stato approvato dopo aver ottenuto il parere favorevole del Governo, rappresentato dal sottosegretario al Lavoro, il leghista Durigon.

La proposta che, lungi dall’essere una risposta coerente alle differenze territoriali del costo della vita, è invece la certificazione inequivocabile del divario economico e sociale, mai risolto negli oltre 160 anni di storia dell’Italia unita.

Alquanto paradossale sembra l’affermazione del proponente, che “il tema del costo della vita e delle retribuzioni adeguate è principalmente sentito nel settore del pubblico impiego, laddove lo stipendio unico nazionale può comportare disuguaglianze sociali su base territoriale, creando discriminazioni di reddito effettivo”, con un chiaro riferimento, a titolo di esempio, al mondo della scuola. L’unico modo per superare le “disuguaglianze sociali” e le vere e proprie penalizzazioni esistenti, è a nostro avviso quello di adeguare gli stipendi del personale della scuola agli standard europei; urgente necessità più volte evidenziata.

Esprimiamo, pertanto, forte preoccupazione riguardo alla proposta di differenziare i salari nella pubblica amministrazione a seconda del territorio. Questa differenziazione sarebbe un fallimento delle politiche regionali e dimostrerebbe che delle risorse destinate al Sud ne ha beneficiato in larga parte il Nord, mentre la migrazione di persone qualificate dal Sud verso il Nord continua ad alimentare e ad accrescere questa disparità. Una differenziazione salariale certificherebbe, quindi, una resa dello Stato nel perseguire l’obiettivo di ridurre le disuguaglianze economiche e sociali che impediscono l’unità del Paese.

Ci sembra inoltre il caso di ribadire che una legge che permetta differenze salariali basate sulla geografia, violerebbe l’art. 36 della Costituzione che testualmente sancisce che “Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro”, indipendentemente dalla regione in cui viene svolto, in quanto l’insegnamento di un docente non varia a seconda del territorio in cui si trova.

A suo tempo come Associazione Nazionale Docenti avevamo inviato una nota al ministro Valditara, che confermiamo in toto, sottolineando la necessità di prendere in considerazione misure adeguate a contrastare i costi dei trasporti per i docenti trasferiti o che lavorano in sedi diverse, anche molto distanti tra loro. Invece di pensare, quindi, a stipendi differenziati in base alla posizione geografica, sarebbe sufficiente introdurre anche a favore del personale della scuola, misure simili a quelle già adottate da altre amministrazioni nel settore pubblico.

Ad esempio, si potrebbero considerare indici diversi per calcolare il costo della vita e proporre misure specifiche per aiutare i docenti a fronteggiare i costi più elevati, quali la spesa familiare media o quella alimentare, che potrebbero riguardare i fitti e i trasporti (con contributi economici e detrazioni fiscali) e la spesa alimentare (con buoni pasto). Queste misure aiuterebbero i docenti a fronteggiare i costi della vita più alti in alcune regioni, senza però mettere in discussione valori e diritti che, per loro natura, non possono essere a geografia variabile.

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