NewsNote & Interventi

TEMI “CALDI”: L’INSOSTENIBILITÀ DEL MIDDLE MANAGEMENT NELLA SCUOLA ATTUALE

Contraddizioni e paradossi di una prassi incompatibile con un sistema manageriale monocratico

di PIO G. SANGIOVANNI*.

Lo stato dell’arte. Tra voci e improbabili soluzioni pasticciate 

Le dichiarazioni di oltre un anno fa del ministro Valditara sulla possibilità di inserire nel contratto nazionale norme specifiche che riconoscano e valorizzino stabilmente figure intermedie, quali i collaboratori dei dirigenti scolastici, avevano riportato al centro dell’attenzione una discussione che va avanti da anni e che, se da un lato ripropone l’esigenza oggettiva di dare una connotazione giuridica più precisa a docenti tradizionalmente noti come vicepresidi, dall’altro deve fare i conti con la complessità di un quadro normativo imperniato sulla dirigenza scolastica che, a meno di cambiamenti sostanziali di sistema, difficilmente potrà prevedere la presenza di un middle management nel significato pieno del termine.

E ciò, nonostante l’entusiastica presa di posizione dell’Associazione nazionale collaboratori dei dirigenti scolastici (Ancodis) che aveva immediatamente letto il ragionamento del titolare del dicastero di viale Trastevere come un obiettivo riconoscimento “dell’importanza strategica della squadra dell’autonomia o middle management per l’efficiente funzionamento organizzativo e didattico”, rispetto al quale da otto anni chiedono che “il quotidiano lavoro di oltre 100mila docenti venga riconosciuto e valutato in base alle funzioni svolte”.

Più diversificate le posizioni delle organizzazioni dei dirigenti scolastici, che vanno da posizioni chiaramente scettiche, a un tiepido apprezzamento per l’idea del ministro Valditara di concretizzare, in fase di rinnovo contrattuale, un modello di scuola più efficiente sia sul piano didattico che organizzativo, attraverso la creazione di figure intermedie e qualificate che supportino adeguatamente il ruolo del dirigente scolastico. Uno staff dirigenziale, dunque, che abbia però poteri decisionali e di responsabilità, che risponda anche dei risultati, che smetta di essere quella sorta di “contenitore vuoto”, a fronte della solitudine del dirigente scolastico con il suo carico di lavoro e la gestione di tutte le decisioni.

La deriva dirigistica vero ostacolo alla soluzione del problema

Ma il vero ostacolo che rende praticamente impossibile giungere alla risoluzione del problema, è rappresentato proprio dal sistema della dirigenza della scuola, così come si è configurata a seguito delle riforme degli ultimi decenni. Un’organizzazione dirigistica e monocratica imperniata sulla figura del dirigente scolastico quale terminale ultimo del sistema dell’Istruzione e del merito. Non è esagerato affermare che molte delle cause del profondo malessere, delle forti criticità e dell’elevato clima di conflittualità esistente oggi nel mondo della scuola, siano da ricondurre a questa configurazione che, di fatto, si pone in clamorosa antitesi con la definizione di scuola contenuta nell’ultimo contratto, “comunità educante e democratica”.

Una figura di dirigente così costruita e caratterizzata, non può evidentemente ammettere l’esistenza di qualsiasi forma di middle management che abbia in sé una qualche forma di autonomia decisionale e gestionale, nell’ambito di competenze e responsabilità ben definite, che non possono in alcun modo derivare da una nomina fiduciaria di tipo liberale, qual è l’attuale sistema di individuazione dei collaboratori del dirigente scolastico.

I collaboratori “responsabili” sono figure incompatibili con il sistema di nomina attuale.

Permanendo, quindi, la struttura piramidale delle istituzioni scolastiche, disegnata dall’attuale quadro normativo, la figura del collaboratore del dirigente scolastico non può avere altro riconoscimento di ruolo, se non qualche forma di ulteriore incentivo economico o una certificazione che valga per il curriculum personale, ma certamente nessuna forma di attribuzione giuridica “permanente” di figura intermedia, riconosciuta nel quadro della struttura gestionale di una istituzione scolastica. Le numerose mansioni del collaboratore del dirigente scolastico si concentrano principalmente sul supporto alla gestione e al coordinamento delle attività didattiche e amministrative all’interno della scuola. 

Vi è innanzitutto quella di supporto al Dirigente Scolastico nelle sue funzioni quotidiane e agendo come suo rappresentante o sostituto in caso di assenza o impedimento. Nell’ambito della gestione didattica ed educativa, alla figura del collaboratore è affidato il compito di supervisionare le attività didattiche, coordinare progetti educativi e partecipare alla pianificazione dell’offerta formativa; collaborare con gli insegnanti per migliorare le pratiche didattiche e organizzative; organizzazione di eventi e attività extra-curriculari; si occupa della predisposizione dell’orario delle lezioni e della sostituzione dei docenti assenti, ma non può modificare autonomamente l’orario. I “poteri” del collaboratore del dirigente scolastico, quindi, sono limitati e si concentrano principalmente su funzioni di assistenza e coordinamento. Non esercita funzioni direttive e non ha autorità gerarchica sui docenti. 

Il ragionamento è abbastanza semplice: la normativa attuale attribuisce al dirigente scolastico il potere esclusivo di nomina che, in quanto tale, determina l’instaurazione di un rapporto fiduciario di derivazione diretta e ha natura meramente esecutiva, sottoposta a un controllo assoluto, che non ammette alcuno spazio di autonomia organizzativo-gestionale, se non nel recinto di quanto preventivamente stabilito o volta per volta indicato. Inoltre si tratta sempre di una nomina a tempo, di durata annuale, che per qualsiasi ragione, come ad esempio anche l’avvicendamento del dirigente scolastico, può non essere riconfermata, con la conseguente perdita di tutte le funzioni derivanti dal ruolo stesso di collaboratore del dirigente scolastico. Questo significa che, allo stato attuale delle cose, parlare di middle management riferito ai collaboratori del dirigente scolastico (sembra siano circa 100 mila docenti in tutta Italia), rappresenta un ragionamento accademico o un puro esercizio retorico.

Conflittualità permanente e fughe in avanti

Intanto non si può non rilevare l’esistenza di un clima di conflittualità e disagio che attraversa tutto il mondo della scuola, senza differenze in termini di latitudini geografiche. Sono un dato di fatto i casi sempre più frequenti di aggressioni, minacce, pressioni dirette e indirette di ogni genere di studenti e genitori nei confronti dei docenti, a dimostrazione del grave deterioramento dei rapporti, che provoca un clima di tensione sempre più insopportabile. Del resto qualificati studi hanno certificato il fatto che il rischio burnout per i docenti è ormai divenuto uno scenario non solo possibile, ma inevitabile e reale.

A questo dato oggettivo non possiamo non inserire un altro elemento incombente di criticità e di instabilità potenziale, che deriva proprio dal sistema monocratico di governo della scuola, affidato al dirigente scolastico che riassume su di sé sia il potere inquirente che quello giudicante, per quanto riguarda sanzioni e procedimenti disciplinari. Negli ultimi anni i contenziosi sono aumentati di oltre il 300%, a dimostrazione del fatto che il clima è fortemente deteriorato a discapito della qualità dei processi di insegnamento-apprendimento e del dialogo educativo, nel significato più ampio del termine.

La riforma della governance di una scuola comunità educante e democratica

Appare chiaro dunque che, se davvero si vuole andare verso la valorizzazione di figure che nel sistema scolastico ricoprono compiti e ruoli di responsabilità “derivata”, va attuata un’autentica e radicale riforma dell’organizzazione della scuola dell’autonomia, della struttura stessa di funzionamento e di governo, in modo da farla diventare veramente una “comunità educante e democratica”.

In una simile visione è necessario che si vada verso una leadership condivisa e distribuita, che trasformi in primis la figura dell’attuale dirigente scolastico da autorità monocratica investita di un potere assoluto, a “primus inter pares” scelto democraticamente dal collegio dei docenti con libera procedura elettiva che dovrebbe comprendere anche le figure intermedie, i collaboratori del preside, pienamente legittimati nell’esercizio di compiti e relative responsabilità. Un nuovo sistema di governance nel quale gli incarichi dovranno essere a tempo, sicuramente rinnovabili ma per un numero limitato di mandati.

Anche se in ambito scolastico la leadership distribuita non è disciplinata da norme giuridiche specifiche, tuttavia rientra senz’altro in una visione fondata su principi organizzativi e pedagogici che promuovono la condivisione delle responsabilità e la partecipazione attiva di tutti gli attori coinvolti.

La riforma della carriera e della professione docente

Un rilancio vero, dunque, di un sistema scuola autenticamente democratica e autonoma, al centro della quale, oltre agli studenti, venga posta la figura del docente, vero motore e anima dell’organizzazione scolastica e delle sue diverse articolazioni. In tal senso i docenti, dovranno essere necessariamente destinatari di un’autentica rivoluzione, sia dal punto di vista specifico della professione, che della progressione della carriera, superando finalmente la monotona piattezza attuale, che in parte è la causa e la conseguenza delle gravi criticità e del profondo malessere in cui ormai da troppo tempo si dibatte la figura del docente. 

Per quanto riguarda la carriera, essa dovrà evolvere e articolarsi in corrispondenza della progressiva acquisizione di competenze e responsabilità, che comporterà l’obiettivo riconoscimento giuridico ed economico diverso, incentivando i docenti a migliorare continuamente la propria professionalità attraverso concorsi e valutazioni periodiche, basate sia sull’efficacia dell’insegnamento che sui ruoli e funzioni aggiuntive svolte nell’ambito scolastico.

Elemento chiave in un tale contesto, che incide direttamente sulla progressione di carriera, a garanzia della qualità dell’insegnamento, sarà la valutazione periodica del docente, condotta in modo scientifico da un organismo specifico che possa dare e garantire il giusto riconoscimento al merito. 

Un nuovo sistema, dunque, che dovrà sancire finalmente il riconoscimento della professione docente attraverso l’istituzione di un vero e proprio ordine professionale che abbia come riferimento un Consiglio Superiore della Docenza, come organismo tecnico rappresentativo della funzione docente, con la funzione, tra le altre, di definire gli standard professionali, l’elaborazione e aggiornamento del codice deontologico e l’esercizio di potestà disciplinari. Un Consiglio che contribuirà a garantire anche l’autonomia professionale dei docenti, la libertà di insegnamento e la qualità del sistema educativo.

Una questione costituzionale: Non si possono rappresentare contemporaneamente dirigenti e docenti.

Con la creazione della figura dirigenziale al vertice delle istituzioni scolastiche è esploso un nuovo evidente conflitto di interesse che chiama in causa e scuote l’intero mondo sindacale che si ritrova contemporaneamente ad avere fra i propri iscritti e a rappresentare gli interessi dei lavoratori della scuola e coloro che, invece, esercitano al proprio interno il ruolo e funzione di datore di lavoro. Insomma, per fare un esempio per niente banale, è come se le organizzazioni sindacali delle varie categorie dovessero difendere contemporaneamente la proprietà delle aziende e i lavoratori che da esse dipendono.

Non è esagerato affermare che si tratta di un problema di natura costituzionale che dovrà essere affrontato e risolto, sia da parte della dirigenza scolastica che di quella sindacale. Non si può continuare a stare con un piede in due staffe e, per usare la famosa metafora biblica che rende bene l’idea, “Nessun servo può servire a due padroni: o odierà l’uno e amerà l’altro oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire a Dio e a mammona” (Lc 13).

Un’immagine molto calzante che mette il dito nella piaga di relazioni sindacali sempre più colluse e compromesse che alimentano conflitti, forme di prevaricazione, pressioni e violenze psicologiche di cui sono vittime i docenti, che le cronache quotidiane, neanche troppo velate, ci raccontano in modo sempre più frequente.

È davvero giunto il momento di fare chiarezza e scrivere la parola fine a ogni forma di ambiguità e compromissione.

*Presidente nazionale AND

Pulsante per tornare all'inizio