Analisi & Commenti

Schema di decreto reclutamento professori universitari

21/01/2006

Ancora modifiche peggiorative

Uno dei problemi che connotano la vita civile, amministrativa e politica del nostro Paese è senz’altro quello del reclutamento del personale docente del sistema universitario e di ricerca. Su questo argomento ci sono stati innumerevoli interventi di denuncia, molti dibattiti anche interni al mondo accademico, persino sentenze di condanna della magistratura, senza che poi nulla sia cambiato, se non nel senso di una progressiva accettazione dello stato di fatto. In realtà le condizioni di arbitrio nelle quali spesso si tengono i concorsi per questi ambiti del pubblico impiego rappresentano uno degli elementi di maggior degrado della nostra vita civile, quantunque spesso non riconosciuto per tale. Un degrado che colpisce in primo luogo la credibilità delle istituzioni, proprio in un ambito, come quello dell’insegnamento, che dovrebbe essere esemplare anche moralmente, per l’influenza che esercita sulla formazione e sulla mentalità delle giovani generazioni. Un degrado per il danno che produce alla società civile, a cui viene sottratta la certezza che le risorse siano utilizzate per reclutare i soggetti maggiormente idonei e capaci in settori tanto rilevanti come lo sono quelli della ricerca e dell’insegnamento universitario. Un degrado che vanifica parte degli investimenti nella ricerca, che costringe molti dei migliori a fuggire all’estero e che indebolisce in modo così vistoso la capacità del nostro Paese di stare al passo con lo sviluppo scientifico internazionale. Un degrado che assume l’aspetto di un’intollerabile prevaricazione per i singoli che risultano vittime di meccanismi concorsuali che ne disconoscono meriti evidenti, a vantaggio di candidati scientificamente assai più deboli, ma sostenuti in vari modi.
Con la dichiarata intenzione di valorizzare i meriti e di porre termine a tale degrado l’attuale governo ha emanato, il 16 gennaio 2004, un disegno di legge delega approvato dal Consiglio dei Ministri sul Riordino dello stato giuridico e del reclutamento dei professori universitari. La principale novità consisteva nel ritorno ai concorsi nazionali, con lo scopo di sottrarre alle realtà universitarie periferiche il mezzo di compiere in molti casi dei veri e propri arbitri. Anche in questo disegno di legge, tuttavia, la conclamata volontà di valorizzare il merito ponendo un freno alla gestione corporativa, per non dire di peggio, dell’università, veniva contraddetta dalla riserva di posti del 15%, garantita a ricercatori e docenti associati, rispettivamente per i concorsi ad associato e ad ordinario. Una riserva che finirà per pesare molto di più di quanto esprime la sua quantificazione numerica, perché, com’è facile prevedere, essa potrà essere fatta valere a sostegno dei candidati interni scientificamente più deboli e contro gli esterni più forti.
Ancor più grave è il disposto dell’art. 15 dell’ultima versione del Decreto, che innalza la riserva al 100% per le prime quattro tornate concorsuali. Una tale disposizione impedirà, di fatto, a tutti gli studiosi non membri della corporazione universitaria di partecipare ai concorsi per ben quattro anni, con un ulteriore, gravissimo danno per l’immagine già deteriorata dell’università e per gli interessi del Paese.
Le nuove norme prevedono poi che siano ammessi ai concorsi locali (che non sono stati aboliti, come avrebbe voluto la coerenza con la dichiarata volontà di impedire le malversazioni e gli scandali della gestione domestica delle sedi universitarie) solo i candidati che abbiano prima ottenuto l’idoneità nazionale. Simile norma avrà come unico effetto quello di rafforzare le possibilità decisionali locali, perché i concorsi verranno banditi solo quando i propri candidati avranno ottenuto tale idoneità. Le sedi universitarie non avranno quindi più neppure il rischio di organizzare un concorso a proprie spese, con il fine di assegnare l’idoneità a un proprio protetto, vedendoselo poi bocciare da una commissione ‘sfavorevole’, come in taluni casi è successo.
Nei fatti si ritiene che il nuovo Decreto legislativo concernente il Reclutamento dei professori universitari peggiori di molto l’attuale, già pessima, situazione dei concorsi universitari e che la riserva del 100% per le prime quattro tornate configuri un abuso anticostituzionale, difendendo i privilegi di una corporazione contro gli interessi nazionali e l’uguaglianza dei diritti dei cittadini.

Prof. Dario Generali
Comitato Scientifico dell’AND

 

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