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Rapporto Annuale ISTAT 2025. Il sistema di Istruzione e formazione in Italia tra sfide e opportunità, competenze e precarietà

Presentato mercoledì 21 maggio scorso, il Rapporto ISTAT 2025 presenta molte criticità che influenzano negativamente i livelli di istruzione e le opportunità di sviluppo sociale ed economico

REDAZIONALE. 

Presentato mercoledì 21 maggio 2025, il Rapporto Annuale 2025 dell’ISTAT, esamina l’evoluzione demografica, sociale ed economica dell’Italia nel 2024, offrendo un quadro completo della situazione del paese. La trentatreesima edizione del rapporto, illustrata dal Presidente dell’ISTAT Francesco Maria Chelli, si concentra sui cambiamenti strutturali in corso e sulle sfide che l’Italia dovrà affrontare. Il Rapporto analizza i principali punti di forza e di debolezza del nostro Paese e le sue differenti dimensioni territoriali, soffermandosi sugli elementi salienti dell’evoluzione del sistema produttivo, dell’impiego delle tecnologie e della sostenibilità ambientale. Un viaggio in quattro Capitoli incentrato sulle generazioni, per comprendere il presente e progettare il futuro.

Dal Rapporto 2025 il sistema di istruzione italiano presenta molte criticità che influenzano negativamente i livelli di istruzione e le opportunità di sviluppo sociale ed economico. ​Solo il 65,5% della popolazione tra i 25 e i 64 anni possiede almeno un diploma, contro la media UE27 dell’80%, e tra questi i laureati sono il 21,6%. ​ La dispersione scolastica esplicita è al 9,8%, con valori più alti tra gli uomini, nel Mezzogiorno e tra i giovani stranieri, mentre quella implicita evidenzia che molti studenti terminano il percorso scolastico senza raggiungere i traguardi minimi previsti. In generale la dispersione scolastica colpisce in modo più marcato chi proviene da famiglie con basso livello di istruzione.

I divari territoriali restano ampi: l’abbandono degli studi, prima del completamento del percorso di istruzione e formazione secondario superiore riguarda il 12,4 per cento dei 18-24enni nel Mezzogiorno, l’8,4 per cento al Nord e l’8,0 per cento nel Centro. Le disuguaglianze sociali e intergenerazionali sono marcate, con il livello di istruzione dei genitori che influisce fortemente sui risultati scolastici dei figli, limitando la mobilità sociale. ​ Le donne, pur avendo una quota di laureate superiore agli uomini, sono meno orientate verso percorsi tecnico-scientifici (STEM). Se nel 2022 i divari di genere nei tassi di scolarità risultavano piuttosto contenuti, con circa due punti percentuali in più per le ragazze, essi tendono ad ampliarsi al momento della scelta del percorso di istruzione, essendo le donne storicamente meno orientate a percorsi di tipo tecnico-scientifico.

L’accesso all’istruzione terziaria è limitato: solo il 31,6% dei giovani 25-34enni ha un titolo terziario, valore che, nonostante il progressivo miglioramento registrato negli ultimi decenni, rimane ancora lontano dall’obiettivo del 45% definito per il 2030 dal Quadro strategico per la cooperazione europea nel settore dell’istruzione e formazione. Inoltre, molti studenti non completano il percorso universitario nei tempi previsti, influenzando negativamente l’ingresso nel mercato del lavoro. ​

Le competenze digitali, sempre più centrali nel mondo del lavoro e nella vita quotidiana, mostrano livelli ancora insufficienti. Nel 2023, solo il 45,8 per cento della popolazione tra 16 e 74 anni possiede competenze digitali almeno di base, con forti disparità per età, sesso, titolo di studio e area geografica. Il Mezzogiorno registra livelli particolarmente bassi e, in generale, il divario tra uomini e donne resta marcato tra gli individui con oltre 45 anni di età. ​

In generale, comunque, il sistema educativo italiano deve affrontare divari territoriali, disuguaglianze sociali e di genere, oltre ad una scarsa capacità di adattarsi alle esigenze del mercato del lavoro.​ Questi problemi evidenziano la necessità di interventi mirati per migliorare l’efficienza, l’equità e l’inclusività del sistema d’istruzione. ​L’inclusione scolastica degli alunni con disabilità, infatti, è migliorata, ma persistono carenze nella formazione degli insegnanti di sostegno, difficoltà nella continuità didattica e ritardi nell’assegnazione delle cattedre. I giovani laureati incontrano difficoltà nel trovare stipendi adeguati, mentre i lavoratori più anziani tendono a mantenere posizioni stabili con salari più elevati. L’analisi sottolinea che il titolo di studio è un fattore chiave, ma altri elementi come esperienza, settore e posizione geografica incidono significativamente sulle retribuzioni.

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