Ho letto con molto interesse il documento varato dal Coordinamento nazionale per la Scuola della Costituzione, che verrà discusso a Firenze il prossimo 13 ottobre. Sono fondate le critiche al pdl 953. In effetti, riuscire a convertire la proposta Aprea, avanzata da una visione politica che era quella del Pdl, in una proposta che sia in grado di riscuotere un largo consenso, anche da parte di schieramenti politici diversi per quanto riguarda la concezione che si ha della scuola, o meglio del Sistema educativo nazionale di istruzione e formazione, è assai difficile! Ne è uscito fuori quel pateracchio che in effetti – penso – non piacerà alla Scuola della Repubblica e forse neanche alla stessa Aprea! Tuttavia, quando si ha a che fare con l’attuale regime del “volemose bene” in attesa di dissotterrare le asce quando si avrà certezza delle elezioni prossime venture, è un po’ difficile non avere a che fare con pateracchi.
Nel documento citato si insiste molto sul fatto che l’autonomia è un precetto costituzionale che non deriva tanto dal passaggio del novellato articolo 117, “salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche”, del 2001, quanto dall’articolo 33, del 1947, che recita: “l’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento”. E’ anche vero che quelle “norme generali sull’istruzione”, di cui al citato novellato articolo 117, figurano anche nell’articolo 33 che testualmente recita: “La Repubblica detta le norme generali sull’istruzione…”. E’ il caso di dire che i Padri costituzionalisti guardavano lontano e, anche se in quegli anni noi cittadini scampati dalla guerra dovevamo soltanto attendere alla ricostruzione materiale del Paese più che alla costruzione delle sue strutture democratiche, loro gettavano le basi perché la nostra Repubblica costruisse negli anni a poco a poco e con i tempi necessari quelle strutture che garantissero a tutti noi libertà e democrazia. In effetti la Costituzione del ’47 è una Costituzione dai tempi lunghi: basti pensare all’intero Titolo V, in cui si esordisce “La Repubblica si riparte in Regioni, Provincie e Comuni” (è l’articolo 114 che nel 2001 è stato così riscritto: “La Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato”: e si noti la profonda differenza concettuale e giuridica che corre tra le due scritture). Ebbene, Provincie e Comuni esistevano già da prima della guerra, ma le Regioni erano tutte da fare. Solo le quattro a Statuto speciale vennero istituite nel 1948, con la Legge cost. 24 febbraio 1948. Tutte le altre cominciarono a vedere la luce solo trent’anni dopo, con gli anni Settanta!
Tutto questo per dire che l’autonomia non solo viene da lontano, ma costituisce, o dovrebbe costituire, la garanzia stessa dell’esercizio della democrazia. I Padri costituenti hanno anche guardato lontano quando, nella Parte seconda, hanno chiaramente indicato quale fosse la scelta di fondo di un Paese democratico: l’indipendenza dei tre poteri, dalla felice intuizione di quel Montesqiueu che in pieno Illuminismo gettò le basi teoriche di un governo della Cosa Pubblica che fosse autenticamente democratico. Ricordo a memoria quella sua massima, secondo la quale, “perché non si possa abusare del potere, occorre che il potere arresti il potere”. E’ una delicata operazione di uncinetto quella svolta dai nostri Padri costituenti, quando hanno puntualmente descritto gli ambiti e i limiti del Governo, del Parlamento, della Magistratura: una tripartizione che è nel contempo il sale della democrazia e l’esercizio dell’autonomia. E mi piace ricordare che quelle bella Carta costituzionale l’hanno scritta in poco più di un anno! E noi sono anni che non riusciamo a darci una decente legge elettorale!!!
L’autonomia dei tre poteri ha una sua validità anche e soprattutto nel fatto che i tre organismi hanno un respiro nazionale e si estendono su di un tessuto altrettanto nazionale. Ed è qui che mi pongo questo interrogativo: la scuola, o meglio il Sistema educativo non ha anch’esso ormai un respiro nazionale, per di più orizzontale e verticale? Orizzontale, nello spazio, perché l’istituzione scolastica è ormai anche nelle più piccole frazioni (sarebbe dire meglio “era”, dati i dissennati accorpamenti imposti da Tremonti e soci); verticale, nel tempo, perché non c’è più cittadino che non debba passare attraverso l’istruzione dalla culla alla tomba, come si suol dire: infatti, se non apprendi per tutta la vita, rischi di essere espulso da ogni processo lavorativo (fatto aggio del difficile momento che stiamo attraversando, per cui, anche se studi, il mondo del lavoro si fa sempre più rarefatto: ma questo è un discorso contingente).
Se queste considerazioni sono vere, perché non rivendicare allora il fatto che il Sistema di istruzione si colloca come un quarto potere autonomo e indipendente dagli altri? La sua diretta discendenza è data dalla Carta costituzionale (e si potrebbero citare altri articoli), come dalla Carta discendono le autonomie dei tre poteri canonici. Tutte le disquisizioni sui rapporti tra Stato, Parlamento, Miur e istituzioni scolastiche (fino a che punto deve giungere la decretazione centrale?) vengono a cadere nel momento in cui si ritorna alle origini stesse della separazione dei poteri, che ovviamente non significa – e non lo è – la via delle delegificazione! Esiste un Ministero della Giustizia ed esiste una Magistratura indipendente (anche se a volte emergono delle frizioni). Quindi possono e devono continuare ad esistere un Miur e una Scuola autonoma. Se il discorso è corretto e se può costituire una premessa teorica e costituzionale – se non è una parola grossa – alla discussione in atto in merito ai rapporti tra Miur e Istituzioni scolastiche, i sette punti di cui al documento del Coordinamento possono essere letti alla luce proprio dell’assunto proposto: l’autonomia delle Istituzioni scolastiche come l’autonomia della Magistratura, quella del Parlamento, quella del Governo. E con questo assunto si potrebbe anche uscire dall’equivoco “governo e/o governance”. Infatti, per quanto riguarda il rapporto tra Miur (e i suoi organi periferici) e le istituzioni scolastiche, dove finisce il governo e dove ha inizio la governance? Uno spazio estremamente scivoloso, forse per l’assunto iniziale! E’ dal varo del novellato Titolo V, se non dal varo del dpr 275/99, che amministrazione e scuole giocano al tiro della corda, e il che non fa bene a nessuna delle due istituzioni, tanto meno ai nostri studenti che dei tira e molla normativi sono i primi a pagarne le conseguenze.
Se le suddette intuizioni sono vere, forse tutto il dibattito sull’autonomia delle istituzioni scolastiche potrebbe fare un netto salto in avanti! Si tratta di un piano di discorso molto diverso e, a mio avviso, più netto e corretto rispetto a quello sul quale in genere siamo soliti dibattere. La questione vera non è la Scuola della Costituzione vs pdl 903, ma la Scuola autonoma come è sancita e descritta dalla Costituzione!
Roma, 9 ottobre 2012
Maurizio Tiriticco