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La Leadership Condivisa: La riforma necessaria per la Scuola Italiana

Adottare la leadership diffusa rappresenta un passo cruciale per costruire un sistema educativo più equo, innovativo e inclusivo, superando la visione riduttiva e impiegatizia del ruolo docente

di GIANLUCA PASQUALE TODISCO, Professore a contratto Università di Salerno.

L’attuale sistema scolastico italiano richiede un cambio di paradigma per migliorarne qualità ed efficacia. L’analisi del contesto evidenzia come la scuola sia spesso intrappolata in processi decisionali verticali e burocratici, che ne limitano la partecipazione democratica e la corresponsabilità. È tempo di immaginare un’istruzione che, come l’acqua in un giardino rigoglioso, nutra le radici di ogni cittadino, affinché tutti possano crescere e prosperare nel miglior modo possibile.

Oggi nelle nostre scuole non si discute più di semplice gestione, ma della necessità di un vero e proprio cambiamento di paradigma: la transizione verso un modello di leadership diffusa. Non si tratta di una scelta astratta, ma di una necessità dettata da un sistema educativo che, l’analisi delle nuove Indicazioni Nazionali, definisce come “comunità educante” che ha perso la propria identità, diventando un “non-luogo”, privo di anima e volto a un’efficienza pseudo-aziendale; la definizione è dell’antropologo, etnologo, scrittore e filosofo francese Marc Augé. Per tale motivo, date le ben note difficoltà che ostacolano il regolare funzionamento del sistema educativo, è opportuna una radicale riforma della governance scolastica, basata proprio su un modello di leadership distribuita, mirato a superare il crescente clima di conflittualità e malessere. La leadership, come affermava il pedagogista Leo Buscaglia, è il risultato finale di un profondo apprendimento, e la sfida attuale impone di ripensare ruoli e responsabilità per affrontare le complessità moderne.

Se il modello di autonomia scolastica formalizzato con la legge del 1997 e perfezionato con il decreto legislativo 165/2001 ha trasformato la figura del preside in Dirigente Scolastico, ha anche creato un sistema spesso troppo concentrato sulla figura del vertice, senza valorizzare appieno la funzione docente e il suo potenziale. La leadership diffusa offre una risposta concreta, favorendo la condivisione di responsabilità e competenze tra tutto il personale scolastico per costruire un’istituzione più forte e inclusiva, una vera e propria scuola democratica.

La leadership scolastica si riferisce alla capacità di dirigere e guidare una scuola in modo efficace, coinvolgendo non solo i dirigenti ma anche i docenti e il personale amministrativo. Tuttavia, il modello tradizionale centralizza spesso l’autorità nel Dirigente Scolastico, con un conseguente sovraccarico di lavoro. La scuola, specchio della società, riflette il diffuso disagio psico-fisico emerso nel periodo post-Covid. La classe docente è quindi chiamata ad affrontare sfide complesse, aggravate da un’eccessiva burocratizzazione, da un sovraccarico di incarichi che esulano dalla funzione didattica e da un crescente numero di ore di servizio non retribuite.

A questa situazione si aggiunge la tendenza di alcuni genitori a “scaricarsi” delle proprie responsabilità, mentre giornalisti e opinionisti attribuiscono alla scuola nuovi ruoli, estemporaneamente, senza conoscere il contesto, ignorando i compiti e le funzioni definite dai contratti collettivi nazionali dei lavoratori dell’istruzione. Negli ultimi anni, anche a causa dei finanziamenti PON e PNRR, la figura del docente è stata spesso ridotta a svolgere mansioni tipiche di un “semplice impiegato”.

Questa visione, oltre a essere inopportuna, ignora l’importanza e la complessità del ruolo dei docenti. Essi non sono meri esecutori di programmi, ma professionisti con competenze pedagogiche e psicologiche, la cui motivazione e passione sono fondamentali per un insegnamento efficace e per ispirare gli studenti. Come evidenziato in un approfondimento, è necessario opporsi a una “proletarizzazione degli insegnanti” che ne causa la dequalificazione professionale. La conoscenza, infatti, non è un semplice adeguamento della mente alle cose, ma un processo di ricostruzione e ristrutturazione da parte dell’allievo. Il docente in questo processo non è un trasmettitore passivo, ma un “catalizzatore” che attraverso una relazione collaborativa e interattiva promuove la crescita, lo spirito critico e lo sviluppo delle energie mentali degli studenti.

Un’autorità istituzionale del docente, che incuta rispetto al di là delle sue competenze individuali, è fondamentale per un sistema scolastico efficace. Vedere i docenti come impiegati può compromettere la relazione con gli studenti e soffocare l’innovazione didattica, necessaria per affrontare le sfide attuali. L’attuale sistema organizzativo e la sua deriva dirigistica hanno reso insostenibile il modello del cosiddetto “middle management”, dove le figure dei collaboratori responsabili si rivelano spesso incompatibili con un sistema manageriale monocratico, generando un paradosso che penalizza il personale scolastico. È essenziale che il loro lavoro sia riconosciuto e valorizzato adeguatamente, sia in termini economici che di rispetto e considerazione sociale.

Una riforma scolastica autentica deve partire dalla tutela dei diritti fondamentali degli studenti più vulnerabili. Attualmente, gli studenti con disabilità ricevono mediamente 10-12 ore settimanali di supporto educativo tramite il Piano Educativo Individualizzato (PEI). Tuttavia, normative nazionali ed europee stabiliscono che il numero di ore debba adeguarsi alle esigenze specifiche di ciascun alunno, con una forbice che va da 6 a 25 ore settimanali. Purtroppo, la limitatezza delle risorse, accompagnata da problemi organizzativi e carenza di personale qualificato, spesso impedisce una copertura completa. L’investimento in risorse umane e finanziarie è, dunque, un imperativo per garantire pari opportunità a tutti.

A questo riguardo, una proposta di grande rilevanza è emersa dall’articolo “A proposal for a feasible evolution of the role of the support teacher in Italy” (Ipotesi di evoluzione funzionale dell’insegnante di sostegno in Italia), scritto da Paola Aiello, Felice Corona e Maurizio Sibilio. Il saggio del 2014, sempre attuale, mette in luce il dilemma della comunità pedagogica italiana sul ruolo dell’insegnante di sostegno e la necessità di superare la semplice co-presenza con l’insegnante curricolare per facilitare i processi di insegnamento-apprendimento inclusivi.

Gli autori propongono una “doppia missione” per l’insegnante di sostegno, il docente per l’inclusione, che dovrebbe integrare la pedagogia e la didattica sia speciale che inclusiva. Il suo ruolo non si limita al supporto diretto agli studenti con bisogni educativi speciali (SEN), ma si estende alla consulenza pedagogica e metodologica per l’intera classe e per i colleghi. Questa evoluzione è cruciale, anche in confronto a modelli come quello inglese, dove l’eccessivo supporto individuale dei “Teaching Assistants” (TA) può portare a un distacco degli studenti con SEN e a un atteggiamento passivo. Gli autori sottolineano che l’insegnante di sostegno in Italia è l’unica figura a ricevere una formazione ricca di contenuti metodologici e didattici, e per questo le sue competenze specialistiche devono essere valorizzate e messe al servizio dell’intera comunità scolastica per creare contesti veramente inclusivi.

Una formazione di qualità rappresenta la chiave del futuro dell’Italia. Non solo deve adattarsi alle esigenze moderne, ma deve anche integrare adeguatamente discipline fondamentali come il disegno e la storia dell’arte, la filosofia e la geografia.

A tal fine, è fondamentale rafforzare il corpo ispettivo, oggi gravemente sottodimensionato. Questo corpo dovrebbe essere riorganizzato come un presidio educativo e culturale sul territorio, capace di sostenere l’autonomia delle scuole e la libertà di insegnamento, fungendo da agente di innovazione e veicolando le migliori pratiche pedagogiche e didattiche. Dargli stabilità e consistenza rappresenta un investimento nel futuro dell’istruzione pubblica italiana.

Adottare un modello di leadership diffusa non è solo un cambiamento amministrativo, ma un vero e proprio cambiamento culturale, che si basa sull’ispirazione e sulla collaborazione. I benefici sono molteplici e toccano diversi aspetti della vita scolastica. Un buon leader scolastico, infatti, non si limita a gestire risorse e burocrazia, ma influenza positivamente la cultura della scuola, promuovendo valori come il rispetto, l’inclusione e l’eccellenza accademica. Questo approccio permette un migliore utilizzo delle competenze, valorizzando le capacità individuali di tutto lo staff e creando un ambiente in cui ogni membro può contribuire al processo decisionale.

Il concetto stesso di “competenze” deriva dal latino “cum-petere“, che significa “cercare insieme all’altro“. Coinvolgere più persone nella gestione della scuola rafforza il senso di appartenenza e aumenta la motivazione e la soddisfazione professionale. Un approccio collaborativo, inoltre, favorisce l’emersione di idee innovative, poiché diverse prospettive e esperienze arricchiscono il dibattito e la risoluzione dei problemi. Infine, la distribuzione delle responsabilità rende la scuola più flessibile e capace di affrontare le sfide, garantendo stabilità anche in situazioni di crisi, un aspetto fondamentale per la resilienza organizzativa. Temi come la leadership distribuita e il merito sono al centro del dibattito nazionale, come dimostrato anche in occasione dei vari eventi formativi specialistici rivolti a dirigenti e docenti di ogni ordine e grado.

L’implementazione di un modello di leadership diffusa richiede un impegno strategico. È cruciale investire nella formazione e nello sviluppo professionale del personale per sviluppare competenze di leadership, comunicazione efficace e gestione del cambiamento. Si possono, inoltre, istituire team di lavoro che includano rappresentanti di diverse componenti scolastiche (dirigente, tutor, docenti e amministrativi) per affrontare questioni specifiche e implementare processi decisionali partecipativi, ad esempio tramite riunioni periodiche o piattaforme digitali. Un sistema di valutazione e feedback continuo è fondamentale per monitorare l’efficacia delle strategie e apportare miglioramenti costanti. Il principale ostacolo a questa transizione è la resistenza al cambiamento. Per superarla, è fondamentale comunicare chiaramente i benefici e coinvolgere attivamente tutti i membri nel definire i nuovi processi. Inoltre, un coordinamento efficace tra i vari team è essenziale per evitare disfunzioni e conflitti.

In questo nuovo modello, il ruolo del tutor scolastico assume una funzione strategica. Questa figura, che potremmo definire un vero e proprio “Senato Scolastico” per le sue competenze superiori, è stata concepita, come previsto dal Decreto Ministeriale n. 63 del 2023 e dalle Linee guida del PNRR, per aiutare ogni studente ad acquisire consapevolezza delle proprie potenzialità e a supportare le famiglie nelle scelte future.

Per conferire la giusta dignità a questa figura, è necessario inserirla a pieno titolo nella gerarchia scolastica con una fascia stipendiale corrispondente a quella di un funzionario direttivo o, quantomeno, di un docente universitario associato, così da incentivare i migliori professionisti a ricoprire e mantenere questo ruolo cruciale. È inoltre fondamentale prevedere per i tutor l’esonero o il semi-esonero dall’insegnamento, consentendo loro di dedicarsi in modo organico e strutturato a una funzione di gestione e sviluppo. Analogamente a quanto avviene nel comparto Sanità, dove i primari non sono solo medici ma anche amministratori e coordinatori, i tutor per l’orientamento scolastico devono essere messi in condizione di gestire e sviluppare le attività in modo organico e strutturato.

Come pure ho suggerito al seminario dell’AND a Città della Scienza del 14 novembre 2024, è indispensabile che i tutor scolastici abbiano accesso, tramite riserve appositamente costituite, alle graduatorie per diventare dirigenti scolastici e dirigenti tecnici. Questo valorizzerebbe la loro esperienza e garantirebbe una leadership consapevole delle esigenze di studenti e docenti. L’esperienza professionale dovrebbe prevalere su una selezione basata su test che, a giudizio degli addetti ai lavori, si rivelano spesso discutibili e fuorvianti, generando peraltro contenziosi dispendiosi a tutto svantaggio dei candidati e notevoli costi per lo Stato.

Adottare la leadership diffusa rappresenta un passo cruciale per costruire un sistema educativo più equo, innovativo e inclusivo, superando la visione riduttiva e impiegatizia del ruolo docente e promuovendo un approccio che rispetti e consideri il loro contributo alla società. La scuola deve diventare un luogo di relazioni collaborative e responsabili, dove ogni lavoratore si sente parte attiva del processo e ogni studente è co-protagonista del proprio percorso formativo. Attraverso un approccio olistico che consideri tutti gli aspetti della vita scolastica in modo integrato, possiamo preparare le nostre scuole a rispondere efficacemente alle sfide future, creando un ambiente di apprendimento positivo e dinamico per studenti, docenti e personale ATA.

All’interno di un modello di leadership diffusa, il Collegio dei Docenti potrebbe valutare e valorizzare i propri membri in modo democratico e meritocratico. Questo avverrebbe creando commissioni di docenti, scelti a rotazione, che avrebbero il compito di valutare i colleghi in base a criteri oggettivi e condivisi. Il processo includerebbe la valutazione tra pari per riconoscere la qualità della didattica e l’innovazione metodologica, il riconoscimento del contributo all’inclusione, e la valorizzazione della gestione di progetti innovativi. Tale approccio permetterebbe di superare il giudizio discrezionale del singolo dirigente, premiando il merito e la collaborazione per costruire una vera e propria scuola democratica.

In definitiva, si tratta di un approccio trasformativo che sfrutta le competenze di tutti i membri del personale per migliorare la motivazione, promuovere l’innovazione e costruire la resilienza. L’istruzione, arricchita da un sistema meritocratico, se ben concepito, non solo educa, ma ispira e valorizza il talento e l’esperienza, garantendo un futuro di crescita per l’Italia.

GIANLUCA PASQUALE TODISCO, Professore a contratto Università di Salerno

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