Note & Interventi

Emergenza Covid-19, una grande opportunità per cambiare la scuola

Da circa un ventennio l’introduzione nel settore pubblico di logiche ispirate a modelli aziendali, l’impiego di meccanismi concorrenziali, il decentramento politico-amministrativo, con trasferimenti di poteri dallo Stato alle regioni e agli enti locali, hanno cambiato le condizioni della sanità e dell’istruzione nel nostro Paese.

Tali cambiamenti ispirati da politiche neoliberiste sono stati giustificati da esigenze finanziarie ed economiche. In realtà, in tutti questi anni, i tanti tagli alle risorse e al personale, non solo non hanno fatto diminuire i costi, ma hanno gravemente peggiorato la qualità e la quantità dei servizi pubblici primari, per come abbiamo potuto direttamente apprezzare in questi giorni di emergenza sanitaria. Così proprio le regioni che chiedevano un rafforzamento dell’autonomia differenziata si sono dimostrate le più incapaci nel gestire le competenze che già avevano.

Ma il miglior risultato del fallimento del decentramento amministrativo è stato sicuramente conseguito dalle scuole autonome!

Molti dirigenti non si sono curati di verificare se le piattaforme per la didattica a distanza (DAD) rispondessero o meno al GDPR sulla privacy, obbligando i docenti a trasgredire al diritto all’immagine propria e dei propri discenti; in alcuni casi, sono stati convocati collegi e dipartimenti dopo il 4 marzo, mettendo a rischio la salute dei propri dipendenti; in altri, è stato imposto WhatsApp come strumento ufficiale per i consigli di classe e collegi dei docenti. Pur non esistendo fino al 24 aprile 2020 niente che supportasse la delibera online dei collegi dei docenti, quasi tutte le scuole hanno riunito collegi dei docenti, addirittura tenuti dai soli vicari, in cui ci sono state deliberate variazione dei PTOF. Spesso sono state adottate delibere di collegio, nonostante alcuni partecipanti avessero problemi di connessione e, dunque, non partecipanti alla votazione perché magari disconnessi. Ma i luoghi virtuali deputati alla collegialità poggiano su piattaforme che non garantiscono la privacy e non rendono possibile la certificazione del voto e l’identificazione dei partecipanti. Così, nelle riunioni online degli organi collegiali, la parola ai docenti finisce per scomparire del tutto mentre si rafforza quella degli staff di dirigenza. Non sono mancate neanche le sanzioni, per i docenti che hanno agito a tutela della loro privacy e di quella dei loro discenti.

La volontà di alcune scuole di dimostrarsi più efficienti di altre nel somministrare la DAD ha spesso prodotto risultati disastrosi: mamme diventate docenti supplenti, evidenti difficoltà per le famiglie, anche agiate, ma non in possesso di un numero di dispositivi sufficiente per soddisfare le esigenze dei propri figli, inadeguatezza delle rete Internet, ragazzi rimasti  vicino al PC da soli per un numero di ore indeterminato, violazioni costanti della privacy, intromissioni durante lezioni di pedofili e di studenti di altre classi, inefficacia delle video lezioni, docenti in difficoltà per il sol fatto di usare strumenti che non conoscono, costretti a un superlavoro e impossibilitati a certificare la valutazione.

Nonostante tutto ciò, l’assenza di provvedimenti concreti fa presagire un prossimo anno scolastico in modalità didattica blended ovvero giorni alterni di didattica in presenza con altri a distanza. La scuola dell’autonomia è una scuola in affanno in cui la competizione fra le scuole induce a una affannosa ricerca di clienti (iscritti) con i mezzi e gli stratagemmi più subdoli. Gli esiti di questa competizione sono rappresentati da scuole che si ammalano, alcune di bulimia (classi iperaffollate, classi pollaio) ed altre di anoressia (classi vuote), ma comunque malate. A ciò hanno anche concorso piani di dimensionamenti illogici che hanno prodotto aggregazione e disaggregazioni tutt’altro che razionali.

Pertanto, la modalità blended, con tutte le sue criticità, forse potrà essere utile a sottrarre alla politica la responsabilità delle sue (non) decisioni e ai dirigenti scolastici quelle sulla salute e sulla sicurezza, ma certo non gioverà ai nostri studenti e al futuro della nostra scuola. Non ci vogliono nuove task force per comprendere che l’unica soluzione possibile a questa crisi debba partire dal riconoscimento del fallimento del modello di autonomia funzionale e della deriva dirigistica, oltreché dal recupero dei tagli di risorse.  La scuola, dal 2008 a oggi, è stata vittima di tagli e restrizioni, oggi bisogna avere il coraggio di programmare un piano di investimenti straordinario capace di apportare modifiche profonde e strutturali. Tra queste, nell’imminenza, la riduzione del numero di alunni per classe, eliminando il potenziamento, immettere nuovi docenti con procedure meritocratiche, fissare una soglia massima di allievi per istituto, ridistribuire gli studenti nelle scuole, ripristinare le strutture scolastiche chiuse per decremento demografico, riorganizzare le classi e gli organici, taglieggiati senza alcuna logica pedagogica e didattica.

Questa è la grande occasione per abrogare la legge 107/2015 e tutti gli effetti del liberismo nella scuola. Bruciare questa grande opportunità, non solo attesterà una incapacità manifesta ed una inconfutabile inadeguatezza al ruolo, ma comporterà anche una responsabilità politica e morale verso chi ha diritto ad avere una scuola ed un futuro migliore.

Mariantonietta Ivone

 

 

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