Si riprenda il dialogo con il mondo della scuola, per cambiare davvero.
Può un movimento politico promettere “il grande cambiamento” su temi cruciali, e particolarmente avvertiti, e poi, ricevuto un altissimo consenso elettorale come mai era avvenuto nella storia del nostro Paese, dimenticare le promesse fatte? Certamente no! Certamente non dimenticano le tante persone che nelle promesse hanno creduto e che con il proprio voto hanno permesso a delle “persone qualunque” di divenire parlamentari e ministri! Certamente non dimenticano quei settori sociali che sono stati duramente colpiti da politiche ingiuste e deleterie contro le quali hanno lottato e attivato azioni di contrasto sociale, spesso eclatanti, a cui anche rappresentanti del movimento 5 Stelle hanno partecipato dichiarando pubblicamente che una volta al governo avrebbero “cambiato”!
Tra questi settori sociali c’è senz’altro da annoverare quello della scuola. Tra i parlamentari insegnanti eletti alla Camera e al Senato, il movimento 5 Stelle ha il più alto numero, alla Camera 16 deputati su 26, al Senato 13 senatori su 20. Numeri che qualcosa devono significare, come un significato non può non avere il fatto che quasi due terzi degli elettori non hanno riconfermato il voto ai 5 Stelle del 2018.
Ebbene la promessa fatta al mondo della scuola dai 5 Stelle è stata quella che avrebbero “cambiato” le scelte politiche neoliberiste degli ultimi vent’anni che hanno marginalizzato il nostro sistema statale di istruzione e di formazione, sottratto ingenti risorse e annichilito la sua funzione di leva di progresso sociale, economico e civile, chiaramente affidatagli dalla Carta Costituzionale. E, soprattutto, cavalcando l’onda della grande contestazione alla “riforma Renzi-Giannini” della scuola, la promessa che avrebbero abrogato la legge 107/2015. Tutto questo non solo non è avvenuto, ma si è capito, sin dalla formazione del nuovo governo 5 Stelle – Lega, che sulla scuola si stava consumando ancora una volta un grande tradimento. Difatti, non solo le promesse non sono state mantenute, ma addirittura è stato presentato un progetto di legge delega per dare attuazione all’unica delega inattuata della legge 107/2015 che anche Renzi, forse questa volta consapevole della delicatezza del tema, aveva fatto “cadere”.
Matteo Renzi, facendo un mea culpa postumo, ha riconosciuto che il voto della scuola è stato decisivo per la sua sconfitta elettorale, ci spiace che chi quel voto ha ricevuto, della storia non abbia fatto tesoro. L’auspicio è che il risultato elettorale serva per ripensare gli errori fatti; che si riprenda il dialogo con il mondo della scuola, interrotto dopo le elezioni politiche, per attuare le riforme che docenti e studenti si attendono da una forza politica che si è autoproclamata del “cambiamento”.