Note & Interventi

È sciopero. Su la testa!

 

L’intesa raggiunta tra Governo e sindacati nell’incontro del 24 aprile scorso, con la promessa di nuovi concorsi e nuove assunzioni e stabilizzazione dei precari, si è conclusa con la volontà di reperire maggiori risorse economiche da aggiungere a quelle previste dalla manovra del 2019 per migliorare la condizione retributiva dei docenti.

Il governo ha promesso di destinare alla scuola nuove risorse per consentire l’aumento degli stipendi ed ha assunto l’impegno di avviare un’istruttoria tecnica e politica tesa a verificarne la pratica attuazione, anche se tutto questo rimane solo una ipotesi. Tutto dipenderà dal fatto se i fondi previsti per l’intero comparto pubblico saranno sufficienti e quale somma sarà messa a disposizione per la scuola. La spesa pubblica per l’istruzione rimane in Italia al 4% del Pil, sotto di quasi un punto percentuale rispetto alla media della Ue (4,9%) e poco più della metà di quanto investito da Danimarca (7%), Svezia (6,5%) e Belgio (6,4%). Una media che supera di poco la spesa totale dei privati, pari al 3% del Pil secondo le ultime rilevazioni Ocse.

Ad oggi, solo promesse, dunque, sciopero! Sciopero contro il progetto di regionalizzazione della scuola e contro la richiesta di una autonomia differenziata portata avanti inizialmente da Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna e poi da altre regioni e sostenuta dal Governo. Con la regionalizzazione si rischia nella scuola, tra l’altro, anche la frammentazione delle condizioni di lavoro e la differenziazione degli stipendi. Difatti, gli incrementi di stipendio saranno possibili solo in poche regioni “ricche” che potranno decidere nuovi aumenti o mantenere inalterate le condizioni retributive attuali; tanto anche per le scuole, così avremo istituti dei serie A e di serie B a seconda delle risorse di un territorio.

Si sciopera anche per gli stipendi dei docenti. Gli stipendi dei docenti italiani continuano ad essere tra i peggiori dell’UE. In Germania, lo stipendio percepito da un insegnante, sia ad inizio carriera che al termine, è circa il doppio di quello di un insegnante italiano. Differenze retributive sono evidenti anche rispetto ad altri paesi come la Spagna e la Francia.

Difendere la professionalità e la dignità degli insegnanti e il loro prestigio sociale, significa anche assicurare stipendi dignitosi, equiparando gli attuali stipendi a quelli dei colleghi europei in tutti gli ordini di scuola.

La scuola della Repubblica Italiana, aperta e plurale, deve continuare a mantenere la sua unità ed assicurare le stesse opportunità a tutte e a tutti, come recita l’art. 34 della C., deve essere “aperta a tutti” e assicurare “ai capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi”, condizioni e possibilità che verrebbero gravemente calpestate se i proponimenti del progetto regionalista dovessero essere attuati.

 

 

 

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