Note & Interventi

Congresso Nazionale dell’AND

Si è svolto lo scorso 5 giugno il Congresso dell’Associazione Nazionale Docenti. Confermato per acclamazione alla guida dell’AND il prof. Francesco Greco.

Di seguito il testo dell’intervento del Prof. Francesco Greco.

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Saluti omiss….

Un po’ di storia ..

Le organizzazioni non sono entità astratte. Ogni organizzazione poggia su chi in essa lavora e sulle idee e sulla capacità che questi riescono a immettere in essa per farla camminare e farla vivere, di farla sentire come un soggetto con una propria anima, con un proprio scopo. Per me che mi affacciavo da pochi anni nel mondo della scuola, dato che provenivo da altre esperienze lavorative, appariva chiara la necessità che molte delle questioni che interessavano la scuola, ed in particolare i docenti, traevano origine da un vuoto di rappresentanza, che purtroppo ancora oggi persiste, sia della categoria dei docenti che dei problemi veri della scuola.

Già allora, solo un terzo dei dipendenti della pubblica istruzione era iscritto ad un sindacato. Ciò, nondimeno, non impediva a questi sindacati di agire in nome e per conto di tutta la categoria, sulla base di una pseudo rappresentanza, definita appunto, maggiore rappresentatività. Un alchimia nominale e giuridica, espressione di un bizantinismo tutto italiano, per dire che esse sono le organizzazioni maggiormente rappresentative di quella minoranza iscritta ad un sindacato.

L’esiguo numero di iscritti ai sindacati ha certamente diverse ragioni, ma senza dubbio non può non essere anche l’espressione di una mancanza di fiducia verso un certo tipo di sindacato consociativo, che un giorno sembra vestire i panni della rappresentanza dei lavoratori e il giorno successivo quello della sua controparte. In altri tempi e in altri Paesi si parlerebbe di sindacati di comodo e, come tali, banditi dalla legge, ma ormai è quanto, non senza rammarico, ci troviamo di fronte a sindacati sempre più cinghia di trasmissione e plaudenti di politiche che mortificano la dignità del lavoro e di quanti aspirano a trovare un lavoro. Nella scuola, questo è ancor più evidente. Oggi, i dirigenti scolastici sono considerati da alcune norme datori di lavoro. Ma i sindacati confederali annoverano tra i loro iscritti sia questi “datori di lavoro” che tutti gli altri cosiddetti dipendenti. E, in caso di conflitto di lavoro, è facile immaginare da che parte staranno. Ciò che è intollerabile e constatare che di tutto questo molti nostri colleghi non hanno la benché minima percezione!

Ciò avviene oggi, ma già avveniva anche quindici anni fa, quando è nata l’AND. Proprio per questo, ritenemmo che una prima azione andava fatta sul piano culturale. Bisognava allora rendere consapevoli i colleghi di questo stato di cose e che poteva essere cambiato. Come? Attraverso un’intensa attività convegnistica, seminariale, con incontri dibattiti, con attività pubblicistica, etc. Dal 1998 ad oggi, su questo fronte abbiamo svolto centinaia di iniziative. Abbiamo promosso dibattiti, seminari, attività di formazione. Su questa strada abbiamo acquisito competenze e cercato di diffonderle nelle attività di formazione e di aggiornamento. Proprio per questa attività il MIUR ha riconosciuto all’AND la qualità di Ente qualificato per la formazione. Abbiamo promosso in collaborazione con diverse università corsi di alta formazione, progettato ed organizzato i primi master in Italia, tra questi ricordo quelli svolti con l’Università di Firenze e con l’Università di Sassari in cui si sono formati docenti e dirigenti provenienti da diverse province e anche dipendenti di altre amministrazioni pubbliche.

Il piano culturale è anche quello della proposta politica, naturalmente della politica scolastica. È, infatti, attraverso la politica che i cambiamenti possono divenire cambiamenti istituzionali e, dunque, avere effetti concreti sulla vita professionale di ognuno di noi e sulla scuola in generale. Questo è avvenuto attraverso l’elaborazione di studi e documenti, presentati e/o richiesti dal ministro pro-tempore, quale massima espressione della politica scolastica. Ma è avvenuto anche con nostri interventi in Parlamento, attraverso le molteplici audizioni a cui abbiamo partecipato presso le Commissioni Istruzione e Cultura della Camera e del Senato; è avvenuto, in tempi più recenti, con l’elaborazione di una proposta organica di riforma del modello di governo delle istituzioni scolastiche che è stata presentata in Parlamento quale proposta di legge.

 

Uno sguardo sul presente

Se tutto questo ha consentito all’AND di acquisire una sua propria fisionomia di associazione culturale professionale, come tale riconosciuta e apprezzata da tutti gli interlocutori istituzionali e anche da parte dei sindacati, nel contesto attuale non basta più.

Negli ultimi quindici anni, l’Italia come il resto del mondo, è stata investita da cambiamenti epocali. Da una parte le grandi trasformazioni indotte dalla globalizzazione che hanno reso vicino, prossimo ogni angolo del mondo, uniformando costumi e abitudini, facendo vivere ogni giorno l’ebbrezza di sentirci cittadini del mondo. Dall’altra, avvertiamo come queste trasformazioni tendono a contrarre ogni aspetto della nostra individualità, sentiamo forte l’effetto di  spinte che cercano di omologare ogni aspetto della nostra vita quotidiana, che cercano di sradicare tradizioni, peculiarità culturali e istituzionali che sono il portato della nostra storia millenaria, di conquiste ottenute con i sacrifici dei nostri padri e delle generazioni che li hanno preceduti.

Il motore che negli ultimi cinque anni ha accresciuto questo processo planetario e che svolge ormai una vera e propria funzione di “frullatore culturale”, poggia su due montanti giganteschi:

  1. Il primo è rappresentato dai cambiamenti politici che hanno investito in particolare alcune macroregioni, sia del mondo occidentale che di quello orientale. Nel mondo occidentale ad essere maggiormente interessata è la regione europea, che poi rappresenta anche il cuore dell’Occidente sviluppato. Dalla caduta del muro di Berlino e dall’unificazione della Germania, si è ridisegnata la mappa dei rapporti di forza all’interno del vecchio continente: così, da una parte, la Germania si trova ad avere un ruolo politico che è di gran lunga superiore al suo peso economico; dall’altra, con l’istituzione dell’Unione Europea e il suo allargamento ai Paesi dell’Europa dell’Est, assistiamo ad una progressiva cessione di pezzi consistenti di sovranità degli Stati a vantaggio delle istituzioni europee, a favore di una tecnoburocrazia più attenta agli interessi di grandi gruppi oligopolistici di potere economico e finanziario che a quelli di intere nazioni;
  2. l’altro montante agisce su una scala più ampia, che è quella mondiale, ed è rappresentato dai cambiamenti economici e commerciali che trovano la loro radice nella globalizzazione, a sua volta favorita dalle politiche di liberalizzazione del commercio e dalla crisi economica. Ed è proprio la globalizzazione dell’economia, unitamente ai cambiamenti politici, che rendono gli Stati incapaci di gestire processi che vanno oltre la loro scala d’azione. Così, la crisi di alcuni, contamina anche altri e finisce per connotarsi come crisi strutturale planetaria, i cui effetti nefasti si riverberano in ogni angolo del mondo.

 

 

Cambiamenti e istruzione

 

Una crisi che è ad un tempo una crisi economica, una crisi finanziaria e una crisi politica, dato che le istituzioni statuali non riescono più ad arginarne gli effetti. Essa investe, destrutturandoli, i sistemi di welfare costruiti nel mondo occidentale negli ultimi 40 anni, mettendo in discussione diritti ritenuti assiomi delle moderne democrazie, tra questi il diritto alla salute, all’istruzione, alla mobilità, al lavoro. Diritti considerati inviolabili da documenti internazionali di grande valore etico, come la Dichiarazione universale dei diritti umani, firmata a Parigi nel lontano 10 dicembre 1948, la cui redazione fu promossa dalle Nazioni Unite perché avesse applicazione in tutti gli stati membri.

Per l’istruzione, che qui più direttamente ci interessa, la contrazione delle risorse fa emergere vecchie e nuove contraddizioni e i limiti di certe politiche miopi, senza un respiro culturale e temporale adeguato. Così, per quanto riguarda l’Italia, la crisi diventa l’alibi per tagliare alla scuola ulteriori risorse, non curanti che già l’Italia ha una spesa per l’istruzione che la colloca al penultimo posto in Europa(8,5%, contro una media europea del 10,9%), dopo di noi solo la Grecia.

Eppure, basta guardare le cifre dell’ultimo rapporto Ocse relative al nostro sistema educativo per rendersi conto che, invece, le risorse dovrebbero essere accresciute anziché tagliate! Mentre, infatti, nel mondo si registra un netto miglioramento del tasso di scolarizzazione (il 75% delle persone nate dopo gli anni 70 ha  finito il liceo, mentre negli anni 40 la percentuale si fermava ad appena il 50%), con in testa Paesi come la Corea, ove il 97% dei giovani ha un diploma di scuola secondaria, la Norvegia con il 95%,  il Giappone e la Slovacchia con il 94%. In Italia un adolescente su 5 non va a scuola e non lavora e appena il 22,2% dei giovani di età compresa tra i 15 e i 19 anni hanno una scolarizzazione secondaria.

Inoltre, mentre in Usa, Finlandia, Svezia e  Svizzera più del 40% dei lavoratori ogni anno partecipa a programmi di aggiornamento, nel caso di Italia, Spagna, Grecia, Portogallo e Ungheria tale percentuale scende al  10%. In Italia, nel 2010 solo il 50% dei diplomati si è iscritto all’università. L’unico dato che in Italia aumenta è quello della disoccupazione e quello dei cosiddetti NEET (giovani che non sono inseriti in percorsi di istruzione o formazione, non hanno un impiego e non stanno cercando un’occupazione), che raggiunge il 25%, rispetto ad una media europea del 15,8.

L’ultimo colpo che sta per assestarsi su coloro che lavorano nel settore pubblico è rappresentato dal rinnovo del blocco della contrattazione e degli automatismi stipendiali. Questo nel mondo della scuola, e in particolare per quanto riguarda i docenti, che a differenza degli altri pubblici dipendenti non hanno altre forme di avanzamento di carriera, non potrà che produrre una forte sperequazione ed un’ingiustizia sociale che colpisce una categoria già oggettivamente esposta ad una pesante prospettiva di progressivo impoverimento.

Chi non conosce la condizione dei docenti, non sa quali sono le loro effettive condizioni di lavoro, altro che 18 ore di lezioni e ferie per tre mesi all’anno! In ogni anno scolastico i docenti devono fare i conti con il valzer delle cattedre che si perdono e, dunque, essere esposti a continui trasferimenti, a volte anche con nuova sede distante diverse decine di chilometri, o cattedre che si ricostituiscono in cattedre esterne, con scuole di completamento distanti fino a 40 chilometri. Un girone dantesco di continua precarietà che rende un eufemismo la tanto declarata continuità didattica.

 

Nuovi traguardi …

È dalla considerazione di questo stato di cose, che oggi dobbiamo porci nuovi traguardi. C’è bisogno di un rinnovato impegno. Un impegno che deve investire l’altra anima dell’AND, quella sindacale. Dobbiamo mettere appunto strategie che puntano ad un aumento degli iscritti in maniera esponenziale. Noi a differenza dei sindacati tradizionali abbiamo un’idea chiara di qual è la condizione dei docenti, di quali sono le loro effettive condizioni di lavoro e di come la scuola deve cambiare affinché possa migliorare e con essa i risultati dei nostri studenti e la condizione di coloro che svolgono quella funzione chiave che legittima l’esistenza stessa dei sistemi educativi, l’insegnamento.

Abbiamo un progetto per cambiare il modello di governo delle nostre scuole e per dare ai docenti una prospettiva di carriera che è quello che è stato presentato in Parlamento come proposta di legge. Alcuni punti innovativi di quel progetto sono stati fatti propri da diverse forze politiche. La stessa organizzazione dei dirigenti scolastici (ANP) ha fatto propria l’autonomia statutaria che noi per primi abbiamo proposto.

  • Vogliamo che le scuole siano dei luoghi di democrazia, ove tutti possano respirare un clima di libertà e vedere riconosciuta dignità al proprio impegno e al proprio lavoro;
  • Vogliamo una scuola che non sia l’emulazione di modelli aziendali anacronistici, ma luoghi distribuiti delle responsabilità che valorizzino le competenze di ciascuno e che permettano a tutti di partecipare al loro governo;
  • Vogliamo che siano esaltate le caratteristiche proprie di ogni scuola, di comunità di apprendimento e di comunità professionale;
  • Vogliamo che coloro che sono preposti alla guida di una scuola non siano dei burocrati calati dall’alto, ma espressione della comunità professionale che opera all’interno della scuola e, dunque, dei presidi eletti e a tempo;
  • vogliamo che sia riconosciuta la dignità professionale dei docenti, anche con la possibilità di progredire per merito nella carriera e con retribuzioni in linea con quelle percepite dai colleghi dei Paesi d’oltralpi;
  • Vogliamo che ogni docente vesta i panni del missionario e diffonda l’idea che la nostra scuola può migliorare e che la condizione dei docenti in Italia può essere cambiata nell’interesse della stessa scuola e del Paese.

 

 

 

 

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