04/10/2003
di Alberto Giovanni Biuso
Direttore del Centro Studi dell’AND
Il Comunicato Stampa diffuso dal Presidente dell’A.N.D. il 2 settembre scorso ha colto le questioni centrali che si presentano all’inizio del nuovo anno scolastico. Una conferma evidente viene dalla rassegna stampa di questi giorni. Sul Corriere del 2 settembre, Gaspare Barbiellini Amidei rileva il clima di incertezza nel quale l’anno si apre. Sulla Stampa dello stesso giorno, Marco Belpoliti scrive che «il corpo docente è la parte più stabile e più duratura della scuola, quella che bisognerebbe curare e far crescere», come l’A.N.D. da sempre sostiene. Belpoliti aggiunge che gli altri grandi problemi irrisolti sono costituiti dalla «formazione degli insegnanti» e dalla loro considerazione sociale, da rivalutare se non si vuole che il tessuto sociale italiano ceda definitivamente alle «aristocrazie del denaro e del potere». Anche Antonio Socci (sul Foglio di oggi), in un articolo certo non privo di luoghi comuni sui docenti, ribadisce la necessità della «riqualificazione degli insegnanti», della «loro valorizzazione professionale» e del «dovuto riconoscimento economico». Si tratta, quindi, di cominciare a invertire davvero la tendenza -denunciata da Giuseppe Savagnone sull’Avvenire di oggi- a negare lo specifico valore della professionalità docente, la sua natura essenzialmente educativa. La sfida è quella di favorire un livello medio dei docenti che ne faccia per i nostri ragazzi dei “maestri” e non degli “impiegati”. I corsi di formazione organizzati dall’A.N.D. hanno sempre avuto esattamente questo obiettivo.
A tale proposito, su Italia Oggi del 3 settembre Giuseppe Pennisi chiarisce l’intricato nodo delle Ssis, modalità di formazione e di reclutamento degli insegnanti alla quale la nostra Associazione crede molto purché sia affrontata -dagli specializzandi, dalle Università e da Ministero- con serietà e con disponibilità di risorse e di tempo. Per quanto riguarda il nodo giuridico evidenziato dalle sentenze del Tar del Lazio -l’attribuzione del punteggio per il servizio svolto dagli specializzandi contemporaneamente alla frequenza della Ssis-, noi crediamo che esso confermi l’esigenza di valorizzare al massimo queste scuole, garantendo a chi le frequenta l’ottenimento di una cattedra ma facendo divieto di svolgere attività lavorative, dentro e fuori la scuola, durante i due anni di svolgimento del Corso di specializzazione. Una norma di questo genere costituirebbe un duplice, importante segnale: le Ssis diverrebbero il canale privilegiato di ingresso nel mondo della scuola; chi le frequenta dovrebbe profondere in esse un impegno esclusivo. Sarebbe bene, pertanto, che il Ministero non sottovalutasse il problema, come tende a fare nel suo Comunicato stampa del 2 settembre scrivendo che «la questione del duplice punteggio ha, comunque, una portata limitatissima, poiché i docenti interessati sono poche centinaia e sono, tra l’altro, presenti soltanto in alcune regioni». È vero, infatti, che gli insegnanti interessati non sono molti ma si tratta in ogni caso di un tema centrale, dal quale emergerà sempre più la necessità di qualificare al meglio possibile l’accesso alla professione docente.
Milano, 4 settembre 2002
Il Direttore del Centro Studi
Prof. Alberto Giovanni BIUSO