La sentenza impone una scelta: cambiare il sistema di governo delle scuole, preside eletto e organi di governo elettivi
Errare humanum est,
perseverare autem diabolicum
“Il coraggio, uno, se non ce l’ha, mica se lo può dare”, scriveva Manzoni e, pur tuttavia, vi sono momenti in cui non si può più indugiare, chi ha la responsabilità politica di scegliere, deve scegliere! Conservare lo status quo? Conservare un sistema inadeguato alla sua missione o cambiare?
Per cambiare ci vuole coraggio e determinazione, qualità sempre più rare nei nostri politici. Più facile lasciare che il sistema si anemizzi, lasciando poi ad altri la responsabilità ed il coraggio delle decisioni. Oppure no?
Con la sentenza Tar Lazio del 02/07/2019, si è consumata l’ennesima vuota liturgia del concorso per dirigenti scolastici, dando prova, se mai ce ne fosse bisogno, dell’inadeguatezza del sistema di selezione della dirigenza scolastica. La vicenda, l’ennesima, conferma chiaramente, ancor di più delle precedenti, il fallimento del sistema pseudo meritocratico, posto alla base della selezione.
La meritocrazia neoliberista, nella scuola pubblica, che avrebbe dovuto consegnarci il governo dei migliori, in realtà ha prodotto una classe dirigente afasica, incapace di esprimersi se non attraverso comportamenti e linguaggi burocratici e l’esercizio autoritario della funzione che hanno finito per soffocare e atrofizzare la vita delle scuole, ormai ridotte a svolgere una funzione meramente ecumenica, ad occuparsi di tutto tranne che dei saperi che devono formare l’uomo e il cittadino.
D’altronde, per il concorso a dirigente scolastico altro non poteva accadere, visto l’obiettivo della selezione e le tipologie di prove concorsuali stabilite. Basta già considerare la pre-selezione informatica basata su quiz, per rendersi conto che altro non potrebbe far emergere se non le capacità di chi è avvezzo all’uso prevalente delle facoltà mnemoniche, mentre escluderebbe, ab initio, le teste pensanti, da sempre invise a chi mira ad avere una dirigenza ossequiosa e ubbidiente. Basterebbe già questo a confutare gli esiti delle prove? Giuridicamente no, ma opportunamente si, per il bene della nostra scuola.
A ciò si aggiungano tutte le opacità della procedura d’esame che più di un dubbio hanno sollevato. Una procedura che non favorirebbero i migliori! Anzi, sicuramente questi potrebbero risulterare come i veri danneggiati, oltre, naturalmente, la nostra scuola.
In effetti, siamo in piena mediocrazia, un regime fintamente democratico, miope e dal respiro corto, che esalta il conformismo, premia il servilismo e l’opportunismo, mentre non tollera la critica ed il pensiero libero. È il sistema fondato sulla ricerca di soluzioni estemporanee, sul problem solving mutuato dalle aziende al posto della visione politica e globale della realtà, sui test Invalsi al posto della logica o della filosofia e su una dirigenza scolastica quale elemento di cerniera necessaria al suo funzionamento.
L’ultima sentenza del Tar Lazio, fa bene il paio con questo sconfortante contesto. È facile, ora, prevederne gli effetti: gli esperti delle crocette, potranno ripetere le prove scritte, ed impugnarle nuovamente se gli esiti non saranno loro graditi, con nuove motivazioni che non mancheranno di esserci; i vincitori attuali agiranno anch’essi con idonei ricorsi e fondate richieste risarcitorie; il Miur ricorrerà al Consiglio di Stato, le sentenze si moltiplicheranno e c’è da credere che le pronunce non saranno univoche, alimentando il caos invece che dirimerlo.
Un sistema kafkiano il nostro, che necessita un serio cambiamento!
La scelta del preside elettivo, appare oggi più che mai, necessaria, poiché solo ricorrendo ad una figura eletta con metodo democratico è possibile superare le aberrazioni finora prodotte, le antinomie e le lacerazioni che attraversano le istituzioni scolastiche.
Occorre introdurre l’elettività degli organi di governo, ed in primis del capo di istituto, perché solo permettendo l’individuazione in maniera trasparente e partecipata la scelta degli organi di governo si assicura una governance democratica della scuola.
È necessario, pertanto, definire una nuova architettura democratica dell’organizzazione scolastica che garantisca ad ogni componente partecipazione e corresponsabilità nelle scelte e nei risultati, con un ridisegno dei poteri gestionali, distinti da quelli di indirizzo, affidati ad un organo collegiale elettivo, la DIREZIONE ESECUTIVA, dotato di ampie competenze e con un PRESIDE ELETTO e a tempo che, oltre a possedere un alto profilo culturale e professionale, goda anche di quella autorevolezza necessaria che solo la comunità nella quale opera può riconoscergli e che mai nessun concorso potrà accertare.
L’Associazione Nazionale Docenti con varie iniziative da tempo ha posto all’attenzione del legislatore e del Paese la necessità di superare l’attuale modello dirigistico e burocratico di direzione delle scuole.
Oggi, ancor di più, dopo il triste e prevedibile esito del concorso per dirigenti scolastici, è necessario dare alle scuole la possibilità di eleggersi un preside, a tempo e di alto profilo culturale e professionale, un leader educativo riconosciuto come tale dalla comunità professionale.
Con il preside eletto finirebbero le reggenze, nessuna scuola rimarrebbe senza preside!
I risparmi, dovuti al costo dell’attuale dirigenza e dei concorsi, potrebbero essere utilmente impiegati per costruire un sistema di carriera per i docenti e per migliorare i loro stipendi, mentre gli attuali dirigenti scolastici ben potrebbero essere collocati in un ruolo ad esaurimento di ispettori scolastici.
Sono anche questi i motivi per cui chiediamo a tutti i docenti di concorre con noi a costruire una grande organizzazione unitaria della docenza, incominciando con l‘iscriversi all’Associazione Nazionale Docenti e impegnandosi con essa per una Scuola Democratica.
Si prenda il coraggio per operare le scelte necessarie o si lasci ad altri di farlo!