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Titolo di studio e 24 cfu non danno diritto all’iscrizione in prima fascia GPS

I docenti inseriti a seguito di sentenza di primo grado, ritornano nella seconda fascia

di Rosamaria VENTURA

La Corte d’Appello di Catanzaro, con la sentenza n 340/23 del 15/03/2023, conformandosi ad un orientamento prevalente a livello nazionale, si esprime negativamente sul diritto all’iscrizione nella I fascia delle GPS dei docenti aventi il titolo di studio ed i 24 CFU.

La questione era sorta in seguito all’entrata in vigore del d.lgs. n. 59/2017 che, all’art. 5, attribuisce al conseguimento di 24 CFU in specifiche discipline, il valore di titolo di accesso ai concorsi per il reclutamento dei docenti, al pari dell’abilitazione specifica sulla classe di concorso. Si era ritenuto, pertanto, che si fosse realizzata, da parte del legislatore, una sorta di equiparazione implicita, tout court, tra abilitazione e possesso dei cfu, sia ai fini dell’acceso ai concorsi che ai fini dell’insegnamento.

Come spesso accade in materia di legislazione scolastica, ad una prima prospettazione della questione, la magistratura aveva espresso parere favorevole, generando una notevole mole di ricorsi, con una conseguente, inevitabile, disparità di posizione tra chi aveva proposto l’azione giudiziale, che si vedeva premiato con l’ordine di iscrizione nella I fascia GPS, e chi si era attenuto alle previsioni legislative, che veniva, invece, penalizzato con la permanenza in II fascia.

Esaurita, tuttavia, tale prima fase di accoglimento euforico dei ricorsi, la volubile magistratura di merito ha mutato orientamento. Nel tempo, si è arrivati addirittura all’estrema conseguenza che non solo lo stesso ufficio giudiziario, ma, addirittura in alcuni casi, il medesimo giudice, con motivazione uguale e contraria, sulla base di mere deduzioni logiche di natura interpretativa della norma, ha negato ciò che prima aveva concesso.

l’Ecc.ma Corte di Appello di Catanzaro, nella sentenza de quo, rimarca come i requisiti per l’ammissione al concorso per l’assunzione dei docenti non siano equiparabili ai requisiti per l’accesso alle graduatorie degli aspiranti a supplenza, trattandosi di norme che, essendo volte a disciplinare ambiti diversi, non si pongono in contraddizione tra loro. È solo il superamento del concorso, spiega la Corte, al quale il docente laureato e formato con 24 crediti ha diritto di partecipare, che conferisce idoneità di insegnare. Né vi sarebbe alcun contrasto con le norme e i principi di rango eurocomunitario, richiamate dai docenti interessati,  poiché la disciplina dei titoli abilitanti rimane di competenza dell’ordinamento nazionale, in quanto i sistemi generali di riconoscimento intraeuropeo dei diplomi non regolano le procedure di selezione e reclutamento, limitandosi al più a imporre il riconoscimento delle qualifiche ottenute in uno Stato membro, per consentire agli interessati di candidarsi ad un posto di lavoro in un altro Stato, nel rispetto delle procedure di selezione e di reclutamento vigenti. Da qui la negazione del diritto all’iscrizione in I fascia GPS.

Posto che le sentenze, fino alla loro riforma, vanno rispettate e che è prerogativa della magistratura modificare il proprio orientamento in un’ottica evolutiva del diritto, non si può fare a meno di chiedersi se tale funzione interpretativa, così ampiamente esercitata, non finisca per compromettere la certezza del diritto. Certo, è evidente l’effetto destabilizzante, nel sistema di reclutamento dei docenti, dei ripetuti incoerenti interventi giurisprudenziali. Allo stato, ad esempio, i docenti coinvolti nel giudizio in questione saranno depennati dalle graduatorie di I fascia, ma altri colleghi, beneficiando delle pronunce passate in giudicato, di senso opposto, permarranno in I fascia, e saranno immessi in ruolo prima degli altri.

Altrettanto evidente che un sistema così congegnato sia aberrante e che sia necessario un suo ripensamento, stabilendo, tra la legge e il potere giudiziario, di chi debba essere il primato, ritracciando il confine tra diritto e giustizia, ripartendo dalla certezza del diritto quale fondamento di ogni sistema democratico.

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