09/10/2003
di Antonia Belletti
Mi chiedo: ma è giusto cambiare questa scuola, se è vero che come scrive Maurizio Pistone «nonostante decenni di delirio picconatore, un buon liceo italiano è ancora capace di insegnare qualcosa al mondo»?
E perché molti pensano che ai giovani la nostra scuola non piaccia? Forse perché studiare costa fatica, forse perché non hanno motivi per imparare, perché vivono in una società che offre loro tutto a basso costo; forse perché per essere dei bravi consumatori non occorre essere troppo colti, anzi, troppa cultura fa male. Forse la nostra scuola piacerebbe -invece- a quelle ragazze che vivono nei Paesi Arabi i cui regimi integralisti vietano loro lo studio e per le quali l’acquisizione di una istruzione e di una cultura sarebbe motivo di riscatto sociale.
A me pare che i nostri giovani -col nostro aiuto e coi nostri deliri- abbiano perduto il senso della realtà; ho la sensazione che vivano in un mondo “virtuale”, dove quando fa freddo il termosifone si riscalda, se hanno fame aprono il frigorifero e trovano il cibo, se vogliono parlare con gli amici inviano un sms con foto incorporata, e il “ragazzo” lo trovano via chat; cosa ci sia dietro un termosifone che si riscalda, non lo sanno, come non sanno nulla su come vengono prodotti i cibi che mangiano; hanno forse una qualche ragione per faticare sui libri?
Abbiamo allevato una generazione di perfetti consumisti ai quali basta conoscere “le istruzioni per l’uso”; per questo a loro i nostri licei non piacciono e noi li assecondiamo. E ora permettetemi di girar pagina: ho incontrato studenti come quelli che ho appena descritto, ma ho incontrato anche studenti che hanno voglia di imparare, che traggono gioia da un esercizio che sono riusciti a risolvere, che chiedono, perché vogliono apprendere, non per il mercato del lavoro, ma per se stessi…
Che ci piaccia o no il futuro appartiene a loro; gli altri, qualunque scuola offriremo loro, saranno solo dei consumatori.
(Settembre 2003)