L’ora effettiva di 60 minuti, mentre, da una parte, dovrebbe mantenere inalterata la quantità complessiva della durata delle lezioni per gli studenti, dall’altra, produrrà invece ben altro effetto sugli insegnanti. Per due ragioni. Vediamo come. Prendiamo, ad esempio, gli orari degli istituti tecnici che, come si sa, costituiscono la tipologia di studi più frequentata dagli studenti italiani (un terzo dei 2,5 milioni di studenti delle superiori).
Il nuovo orario settimanale di lezione, secondo il testo approvato in prima lettura, dovrebbe essere di 32 ore (contro le 36 ore che in media erano virtualmente previste con l’ordinamento pre-riforma).
Sono previste poco più di 39 mila classi nel quinquennio dei futuri tecnici. Le 4 ore in meno per ogni classe comporteranno un minor fabbisogno di docenza pari, nell’arco del prossimo quinquennio, ad una quantità di circa 156 mila ore settimanali.
Quel minor fabbisogno di docenza comporterà, quindi, una riduzione graduale di posti di insegnante (parliamo sempre di istituti tecnici) pari a poco meno di 8.900 unità nell’arco del quinquennio. Se il regolamento verrà modificato, portando l’orario medio settimanale, ad esempio, a 33 ore, la riduzione dei posti di docente sarà ovviamente inferiore.
Calcoli analoghi possono essere fatti anche per altri tipi di istituto (professionali, licei scientifici, ecc.) secondo le diverse situazioni orarie vecchie e nuove.
C’è poi un altro effetto conseguente a questo passaggio dall’orario virtuale all’orario effettivo che avrà ricadute sugli insegnanti. In molti casi (non vale per tutti i docenti ma per una buona parte sì) il ritorno all’ora piena farà cadere di fatto una particolare (e molto discussa) disposizione contrattuale che attualmente consente ai docenti di non recuperare quei 10-15 minuti che vengono ridotti per causa di forza maggiore alle lezioni degli studenti. Di fatto, in questo modo, molti insegnanti prestano settimanalmente 18 ore ridotte che consentono di non prestare alla fine anche fino a 180 minuti in meno, con uno sconto che può arrivare, di fatto, fino a tre ore settimanali, non prestate ma pagate. Non sarà più così e la riforma porterà, in questo senso, un maggior carico di lavoro per i professori…