Analisi & Commenti

Lettera a un preside

La qualità vincente tra management e leadership

Management e Leadership sono termini usati regolarmente, indifferentemente, per indicare lo status di chi è chiamato a dirigere. I due termini, però, attengono a due diversi concetti che evocano due differenti modi, del resto non inconciliabili, anzi complementari, di affrontare la direzione dell’impresa, dell’azienda, e, nel nostro caso dell’Istituto Scolastico.

Le figure di Preside e di Direttore Didattico sono state sostituite, non solo nominalmente, con quella di Dirigente Scolastico, a cui si connettono le funzioni amministrative, gli aspetti relazionali, il personale docente e il personale ATA, e, con la Legge 107/2015, anche l’indirizzo didattico (PTOF): è un nuovo sistema di governance.

Il Dirigente Scolastico ricopre attualmente la responsabilità della gestione unitaria della scuola. Il processo (non breve) di cambiamento, è stato però caratterizzato dal riordinamento dell’Istituzione Scolastica prevalentemente di tipo amministrativo imprenditoriale (Management), senza tenere debitamente conto, come sarebbe stato opportuno, dei requisiti relazionali e caratteriali per un profilo dirigenziale di Leadership. Questo ha predisposto, nella comunità scolastica, l’espansione di conflitti sia tra docenti e dirigenti, sia tra docenti e docenti, e in molti casi con tutta la comunità scolastica. Non mancano situazioni in cui perfino i genitori sono entrati in conflitto con il Dirigente Scolastico a causa di un profilo di governance inadeguato, inopportuno e/o autoritario.

Una figura più disposta alla Leadership disegna l’unico modo percorribile per attenuare, se non eliminare, questa incresciosa situazione conflittuale che frena la crescita dell’istituzione scolastica, ne danneggia il clima di relazione, sottraendo energie e risorse umane alla didattica e agli alunni.

È imperativo che i Dirigenti Scolastici sfuggano alla tentazione di assumere uno stile di governance di tipo autoritario, avvantaggiando, invece, un reale coinvolgimento dei collaboratori nelle scelte fondamentali di gestione.

Al capo d’istituto è richiesta la capacità di influire sui comportamenti negativi degli altri attraverso una disponibilità al dialogo e al confronto che va al di là della posizione gerarchica, offrendosi al servizio della struttura scolastica come strumento per realizzare, in modo flessibile ed equilibrato, il necessario coordinamento atto a ricondurre a unitarietà le prestazioni dei singoli.

Per questi motivi è indispensabile essere in grado di generare entusiasmo nel lavoro con e tra i docenti, stimolare il consenso, creare legami forti, determinare un clima collaborativo, accrescere la fiducia delle persone nelle proprie capacità, incoraggiare il personale a un continuo riesame del proprio lavoro (per innovarlo e migliorarlo sempre più), distribuire il potere e le responsabilità decisionali, creare opportunità di crescita per tutti, usare la capacità negoziale e dialettica per risolvere i conflitti.

La promozione e la valorizzazione del lavoro d’insieme tra docenti sono una grande opportunità nelle mani del capo d’istituto. Questo può avvenire solo a patto che ci sia un clima sereno e costruttivo all’interno del gruppo, e a condizione che il Dirigente non si elevi a freddo controllore, ma, viceversa, partecipi attivamente offrendo tempo e disponibilità a mettersi in gioco e a correggere eventuali imperfezioni del suo atto di indirizzo.

Prendiamo come esempio le riunioni di dipartimento: la maggior parte delle volte si tratta di gruppi di lavoro abbandonati a loro stessi, magari a seguito di un monotono collegio docenti, “controllati” a vista da un collaboratore del Dirigente, vigile, affinché nessuno firmi il foglio di uscita un minuto prima delle 3 o 4 ore previste. È palese che siamo di fronte non soltanto alla mala-organizzazione più ampia, assenza di relazione, associata al disinteressamento integrale della programmazione didattica, ma anche di fronte alla sconsideratezza. Un siffatto Dirigente Scolastico non è alla ricerca della qualità, ma semplicemente di un’attestazione della sua autorità.

Le osservazioni compiute in psicologia del lavoro offrono strumenti teorici e operativi che il Dirigente Scolastico dovrebbe apprendere, per poi riutilizzarli non solo in seno ai gruppi di lavoro, ma anche, e soprattutto, all’interno degli organi collegiali. Si tratta di un tipo di approccio essenziale per progettare, nell’ambito della scuola dell’autonomia, la propria offerta formativa e il proprio modello di gestione e di funzionamento. Il ruolo del Dirigente nei gruppi di lavoro dev’essere di supporto emotivo e strumentale, di leader, d’incentivazione in questo tipo di lavoro, volto alla valorizzazione dei risultati.

Riuscire a creare e gestire le condizioni ottimali per lavorare in gruppo e in team, rappresenta oggi una dimensione fondamentale della professionalità docente, poiché, nella scuola dell’autonomia organizzativa, didattica, di ricerca e sviluppo, ciò che prevale è essenzialmente la progettazione e la collegialità. Team di progetto, dipartimenti, strutture di ricerca e di formazione, equipe di lavoro didattico per classi e per gruppi di alunni, commissioni e staff non sono il risultato di norme specifiche, ma di opportunità e di necessità organizzative che si formano con il preciso scopo di raggiungere determinati risultati. La funzione del Dirigente Scolastico, in quest’ottica, è, da un lato, quella del leader, che, conoscendo la quantità-qualità delle risorse a disposizione, sa stimolarle e motivarle per la crescita dell’organizzazione, dall’altro quella di manager dove gli si richiedono forti capacità di coordinamento, per equilibrare le risorse, dirimere i conflitti che possono manifestarsi e ottimizzare l’impiego di tutte le risorse nella qualificazione del servizio scolastico.

Alla luce di quanto scritto finora possiamo affermare che non è verosimile che si possa considerare Dirigente di qualità chi non possiede una provata Leadership. La Leadership richiede carattere, ossia delle specifiche qualità personali, che vanno individuate, riconosciute e potenziate.

 

Quale leadership possibile?

Se credi di essere alla guida di qualcuno e nessuno ti sta seguendo allora stai solo facendo una passeggiata.[1]

Elemento indispensabile di un Leader, quindi di un buon Dirigente Scolastico, è il carattere. “La gente non si fida di quei leader nel cui carattere sono visibili difetti e smetteranno di seguirli[2]

John C. Maxwell – uno dei maggiori esperti di leadership del nostro tempo, individua le 21 qualità indispensabili di un Leader, che è anche il titolo di un suo saggio. Tra queste, particolarmente importanti, peculiari di un Dirigente Scolastico: il carisma, la comunicazione, la generosità, l’ascolto … A questi si aggiungono qualità caratteriali di tipo relazionale quali appunto le relazioni, la responsabilità delle proprie azioni e l’essere al servizio.

Steven Berglas, psicologo di Harvard sostiene che:

Gli individui che raggiungono alte vette ma sono privi di quella solidità del carattere che li sostenga nei periodi di difficoltà, sono destinati al fallimento e a sperimentare una o più delle seguenti condizioni: arroganza, solitudine…[3]

Le difficoltà sono un crocevia che pone la persona di fronte a due possibilità: scelta di carattere oppure scelta di compromesso.

Ogni volta che si agisce con carattere si diventa più forti, anche quando la scelta comporta conseguenze negative. Non è verosimile separare il carattere di un leader dalle sue azioni.

Il compromesso non è una scelta, ma un decidere di non scegliere.

Il carattere, sostiene Maxel, non sono solo parole:

Chiunque può affermare di essere una persona onesta, ma è come si agisce a indicare veramente il carattere. Il carattere determina la persona… Non è possibile separare il carattere di un leader dalle sue azioni[4]

A differenza del talento e dell’intelligenza, che sono attitudini che possediamo dalla nascita, il carattere è una scelta e lo formiamo ogni volta che operiamo delle scelte, per cui è possibile “forgiarlo” per diventare un Dirigente Scolastico di tipo Leader, all’altezza del compito. È necessario impegnarsi per la formazione del carattere allo stesso modo che per lo studio della teoria; la prima è spesso trascurata rispetto la seconda, molto probabilmente perché non è materia di valutazione per affrontare il concorso a Dirigente Scolastico, e questo è un male, per il rischio, molto concreto, di trovare poi Dirigenti impreparati.

Il primo degli aspetti caratteriali vincenti di un Dirigente Scolastico è senza dubbio il carisma. Per carisma s’intende la capacità di attrarre gli altri. Un leader carismatico è tale perché ama la vita e, quindi, chi gli sta intorno come parte della sua vita. Non a caso in latino la parola charitas che trae la radice da charisma significa amore nel senso di donarsi e viene dal greco: “chàrisma”; dono, grazia.

Dal lessico cristiano, in cui il carisma era un particolare dono conferito da Dio a una persona per permetterle di diffondere e fare il bene, attraverso la sociologia, passa a indicare un tipo d’influenza magnetica, una dote, da molti considerata innata, propria di alcune personalità elevatissime capaci di grande ascendente sulle persone, ma sempre vòlto al bene (Gandhi, Mandela, Luther King sono stati leader carismatici).

I leader che amano la vita sono molto amati. Coltivare la passione per la vita induce gli altri ad avere fiducia e a essere seguito. Quando si è alla guida di altre persone, è fondamentale dare qualcosa di se stessi. Condividere conoscenze, risorse, esperienze.

Il Carisma, che è rivelare interesse per l’altro, è impedito da: orgoglio, insicurezza, volubilità, perfezionismo, cinismo, tutte caratteristiche che un Dirigente non dovrebbe mai avere.

Un interessante aneddoto tratta la storia di una giovane donna che ebbe modo di condividere una cena con due esperti luminari. Quando le fu chiesto che impressione avesse avuto parlando con loro, raccontò che mentre conversava con il primo di loro, ebbe la sensazione di essere seduta a fianco dell’uomo più intelligente del mondo. Quando, in seguito, parlò con il secondo, invece, la sua sensazione fu di essere la donna più intelligente del mondo. Un grande Leader è colui che sa valorizzare chi gli sta accanto. Nessuno è disposto a seguire chi si ritiene migliore di chiunque altro.

Un secondo aspetto che fa di un Dirigente un Leader è la comunicazione.

Il termine comunicazione deriva dal verbo comunicare che nel suo significato originale (latino) vuol dire mettere in comune ossia condividere con gli altri pensieri, opinioni, esperienze, sensazioni e sentimenti.

La comunicazione non è semplicemente un parlare, ma presuppone necessariamente una relazione e quindi uno scambio.

Nei diversi ambienti, principalmente in quello scolastico, la comunicazione va intesa nel suo vero significato di “mettere in comune” un’idea, un’esperienza, un progetto. La comunicazione così praticata porta alla compartecipazione, e quindi alla qualità del sistema.

La comunicazione è intesa come elemento chiave a supporto del cambiamento in quanto: può creare un clima positivo, accrescere il numero degli attori del processo educativo – far loro condividere finalità e valori – favorire la tempestività nella conoscenza delle attese/bisogni dell’utenza e promuovere la coerenza con l’offerta formativa.[5]

In un concetto di Leadership, pedagogicamente intesa, è fondamentale la comunicazione nella partecipazione, in quanto la sua stessa filosofia è radicata fortemente sul coinvolgimento delle persone […]. Lo stesso esercizio del potere, allora, è esercizio d’intersoggettività comunicativa, di costruzione di senso e di consenso.[6]

Nel condurre gruppi, nell’avviarli facendoli nascere, il Dirigente Leader deve saper impostare i flussi comunicativi interni giacché svolge un ruolo essenziale nella caratterizzazione del clima della scuola e nella caratterizzazione di un ambiente importante per la qualità della didattica[7].

Un altro aspetto, purtroppo poco considerato nella comunicazione, è la modulazione della voce. È pacifico che il Dirigente capace di favorire un clima di collaborazione, partecipazione e comunicazione di tipo orizzontale all’interno dell’organizzazione scolastica, sia a sua volta un esperto comunicatore di tipo verticale, nel rapporto Dirigente/Docente.

La prima forma di comunicazione, non dimentichiamolo, è la tonalità della voce; La Voce è importantissima nella comunicazione perché è alla base della credibilità.

Secondo lo psicologo Albert Mehrabian, la Voce incide per il 38% sui motivi per i quali le persone ci stimano sinceri e credibilili: il modo in cui parliamo conta più di ciò che diciamo (7%)[8]

La Voce è il nostro primo strumento nella comunicazione di tutti i giorni. Per essere gradevole, la voce deve essere “intonata” ai concetti che esprimiamo, generando simpatia quando parliamo di amicizia, fiducia quando parliamo con sincerità.

Un’altra caratteristica della corretta comunicazione è la semplificazione del messaggio. Molte volte s’incorre nell’errore di credere che chi sta in una posizione gerarchica elevata deve essere anche un oratore forbito di un lessico impareggiabile. L’uso eccessivo di un linguaggio colmo di paroloni, a volte con pochi significati, non è indice di abilità oratorie, ma uno sfoggio autoreferenziale per rimarcare uno status gerarchico superiore. Così facendo il Dirigente crea una distanza con gli interlocutori e la comunicazione diventa informazione.

La comunicazione, inoltre, deve essere concentrazione verso la persona con cui si comunica. Un Dirigente non può comunicare efficacemente con un suo docente di cui non ricorda il nome e non sa nulla di lui (lo stesso vale per un docente verso un suo studente). Il buon Dirigente dovrebbe porsi le seguenti domande: Chi è la persona che ho di fronte? Quali sono le sue richieste? Cosa posso fare per lui? Mostrare interesse per la persona è capacità di comunicazione. Il docente crede nel suo Dirigente perché questo crede in lui.

Un’altra qualità da sottolineare è la  generosità.

È difficile essere generosi quando non si è soddisfatti di ciò che si possiede.[9]

Un Dirigente Scolastico che mostra insoddisfazione, sia per la mole di lavoro, sia per le difficoltà burocratiche o per lo stipendio considerato troppo basso insulta e offende il personale della scuola a priori.

Un Leader, invece manifesta soddisfazione per le risorse umane di cui è circondato riconoscendone una preziosa risorsa.

Le persone, per un vero Leader, sono al primo posto. L’unità di misura di un capo non è data dal numero di persone al suo servizio, ma dal numero di persone al cui servizio si pone. Un leader generoso che si spende per il personale eserciterà il controllo di sé, diversamente sarebbero i beni materiali ad avere il controllo su di lui.

Nella generosità si genera e si costruisce una relazione di vicinanza, si fonda un essere insieme attraverso relazioni significative. La generosità ci consente di produrre futuro, attraverso il moltiplicarsi di relazioni nelle quali Io e Tu si riconoscono in uno sforzo di comprensione e diventano Noi, con confini comuni e progetti da condividere. Attraverso la generosità diamo valore a noi stessi preoccupandoci del valore degli altri.[10]

Che dire poi della capacità di ascolto?

L’ascolto dona a chi è ascoltato la possibilità di ascoltarsi[11]

Il Dirigente Scolastico di successo deve sapere che per arrivare al cuore di chi lavora con lui deve conoscere cosa contiene, e lo fa ascoltando. Non si tratta di ascoltare solo i fatti, come chiunque è in grado di fare, ma ascoltare la persona che li esprime: questo vuol dire ascoltare realmente.

Il filosofo greco Zenone (V sec. A.C.) sosteneva che l’uomo ha due orecchie e una sola bocca, per ascoltare di più e parlare di meno. Fin dai tempi antichi, quindi, le varie scuole di pensiero filosofico attribuivano all’ascolto una valenza educativa di primaria importanza.

Il Dirigente Scolastico quando parla non deve mai dimenticare chi ascolta, e deve offrire all’altro il modo di esprimersi, rispettando il suo punto di vista, stimolandolo anche con eventuali domande. Esiste, una stretta reciprocità tra parola e ascolto.

Un Dirigente Scolastico propenso al monologo, si basa sull’individualismo, essendo prevalentemente incentrato sulla propria persona; non permettendo così un feed-back, egli evidenzia nella trasmissione del messaggio la volontà di condizionamento e persuasione dell’altro.

Il Dirigente Scolastico orientato al dialogo, invece, costruisce una relazione comunicativa e pone le basi per uno scambio paritetico d’informazioni; mostra, inoltre, una disponibilità al cambiamento e a una parità di “potere” comunicativo tra gli interlocutori. Mentre nel monologo la comunicazione diventa un cerchio chiuso, nel dialogo, poiché non s‘instaurano barriere o pregiudizi, la comunicazione si arricchisce, diventando una relazione educativa dinamica.

Una celebre frase riportata nel Vangelo di Matteo recita: “Chi vuol essere maggiore sia vostro servitore.”

Nell’ “agenda” di chi esercita la Leadership, gli altri sono al primo posto.

Il Dirigente Scolastico, se ritiene di essere troppo importante per mettersi al servizio degli altri, manifesta una insicurezza di fondo. È invece una qualità esemplare quella di mostrarsi disponibile senza aspettare nulla in cambio. Il Dirigente Leader quando si mette al servizio degli altri non lo fa per promuovere se stesso ma per essere aiuto vero e concreto, frutto di passione per l’obiettivo che si vuole raggiungere e per le persone che ci lavorano intorno.

Anche se sei convinto che tu stia aiutando gli altri, in realtà non è vero; in realtà, aiuti te stesso perché a livello di spirito, siamo tutti una cosa sola. Aiutando gli altri, entriamo in sintonia con la nostra anima, che è la fonte della gioia. (Sri Narayani Amma)[12]

Servire gli altri dà un significato e un valore profondo a tutte le qualità di Leadership. Attraverso la predisposizione al servizio, che sarebbe la disponibilità fine a se stessa, non per dovere, l’impatto che un leader ha sulle persone, si accresce. È anche per questo motivo che Narayani afferma che aiutare gli altri aiuta se stessi. Il Dirigente Scolastico ha un mandato semplice e chiaro, che la scuola funzioni al massimo delle sue potenzialità, attraverso tutte le qualità elencate sopra, e quelle sottese. Una leadership mossa da uno spirito di servizio sarà vincente e quella scuola diventerà un modello di eccellenza.

 

Paolo Luciani

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Note

[1] Proverbio popolare

[2] J.C.Maxwell, Le 21 qualità indispensabili di un leader, Fazi Editore, Roma, 2002 pag. 21

[3] Steven Berglas , The Success Syndrome: Hitting Bottom When You Reach The Top, ed. Springer , London 1986.

[4] J.C.Maxwell, op. cit. pag 20

[5] Mirca Benetton, Scuola e Didattica, Editrice La Scuola n. 3, Brescia 2003

[6] ivi

[7] Ivi

[8] Ciro Imparato, La tua voce può cambiarti la vita, Sperling & Kupfer, Milano 2009, pag 3

[9] cfr. J.C.Maxwell, op. cit.

[10] Gian Maria Zapelli, Mi metto in gioco, edizioni gruppo 24 ore , giugno 2012, pag. 42

[11] Maurice Bellet (13 dicembre 1923) è un presbitero, filosofo e teologo francese.

[12] Cfr. Phil Harkins, In cerca di leadership, Franco Angeli editore, Milano 2013

 

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BIBLIOGRAFIA

Benetton, Scuola e Didattica, Editrice La Scuola, Brescia n. 3 2003

Berglas. The Success Syndrome: Hitting , Springer, London, 1986

Fielder, A theory of leadership effectiveness, McGraw-Hil, New York 1967

B. Habecker, The Other Side of Leadership, ‪Victor Books, Wheaton 1987

Harkins, In cerca di leadership, Franco Angeli editore, Milano 2013

Imparato, La tua voce può cambiarti la vita, Sperling & Kupfer, Milano 2009

Masini, La qualità relazionale e dell’apprendimento nella scuola, Edizioni Prevenire è possibile, Isernia 2001

J.C. Maxwell, Le 21 qualità indispensabili di un leader, Fazi Editore, Roma, 2002

F. Perillo, La leadership d’ombra, Guerrini e associati, Milano 2005

Plutarco, L’arte di ascoltare, Newton-Compton, Roma 2006

Riccardi, Quinto seminario sul tema: Le relazioni di potere nella società contemporanea dalla potenza del tiranno al potere sociale; Rapporto educativo e potere organizzativo nella realtà scolastica, Istituto Alcide De Gaspari, Bologna, 19 gennaio 2011

J. Sergiovanni, Moral Leadership: Getting to the heart of school improvement San Francisco, 1992

H. Vroom, Work and motivation, Ed. Wiley, New York 1964

M. Zapelli, Mi metto in gioco, ed gruppo 24 ore, Milano 2012

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