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La scuola sotto attacco. “Mala tempora currunt” … ma “In questo tempo duro non lasciamoci indurire”!

L’AND rivendica la necessità di un cambiamento di paradigma dell’organizzazione scolastica

di Pio G. Sangiovanni

… come AND rivendichiamo la necessità di un cambiamento di paradigma dell’organizzazione scolastica

È giusto e indispensabile interrogarsi sui casi di aggressioni fisiche sempre più frequenti ai danni di docenti e ora anche di dirigenti, che si verificano all’interno delle scuole italiane senza alcuna distinzione di latitudine, da nord a sud. Anzi, sembra quasi di assistere a un effetto domino, che moltiplica gli episodi e la loro gravità. Si tratta indubbiamente di un fenomeno complesso e articolato che ha radici lontane, riconducibili a tanti pregiudizi e luoghi comuni malevoli, che hanno ingiustamente voluto rappresentare la figura del docente come una sorta di privilegiato che lavora poco e beneficia di tre mesi di ferie all’anno. Accuse gratuite e del tutto false che hanno creato negli anni una sorta di pensiero comune, un vortice di dicerie e opinioni sociali che, veicolate da tanta opinion leader, hanno investito tutta la società e la famiglia, ormai logorata da una profonda crisi esistenziale e di identità. Il tutto è finito per rovesciarsi sul mondo della scuola e sulle tensioni mai sopite e da sempre esistenti, coinvolgendo tutti i suoi protagonisti: studenti e docenti, personale amministrativo, dirigenti e, naturalmente, i genitori.

Così negli ultimi anni, si è assistito a un aumento esponenziale di episodi di aggressioni verbali e fisiche da parte di genitori o studenti nei confronti dei docenti e, in modo sempre più frequente, anche nei confronti degli stessi dirigenti scolastici.

I fatti di cronaca relativi all’ultimo triennio ci danno la misura della gravità allarmante del fenomeno:
A Roma, Milano, Torino, Firenze, Palermo, Catania, Cosenza, Bari, Foggia, Cagliari …: un professore minacciato di morte da un padre perché ha rimproverato il figlio; una docente aggredita verbalmente da una madre per aver dato un brutto voto al figlio; un insegnante insultato e minacciato da un genitore durante un colloquio; una supplente spinta e strattonata da una madre perché ha chiesto silenzio in classe; un docente aggredito fisicamente da un padre per aver fatto una nota disciplinare al figlio; un professore minacciato con un coltello da un genitore perché ha bocciato il figlio; una maestra insultata e aggredita verbalmente da un gruppo di genitori durante una gita scolastica; ma ce n’è anche per i dirigenti: picchiati da genitori, anche in gruppo, per presunte ingiustizie nei confronti dei figli,  per aver redarguito i figli per comportamenti scorretti, ….

E l’elenco potrebbe continuare ancora con gli episodi che si aggiornano in modo allarmante con frequenza quasi quotidiana e che rappresentano la punta di un iceberg ormai pericolosamente alla deriva.

Si tratta di una vera e propria emergenza che lo Stato deve affrontare con immediatezza, adottando provvedimenti adeguati a tutela della sicurezza ed incolumità personale, oltre che dell’immagine dell’istituzione scolastica in quanto tale. La figura del docente va tutelata sia come pubblico ufficiale, che per il ruolo fondamentale rivestito nella formazione ed educazione degli studenti. L’aggressione nei suoi confronti, quindi, oltre ad essere un grave atto di violazione delle elementari regole della convivenza civile e una mancanza di rispetto, si configura come un reato da codice penale.

Ma oltre gli interventi di tipo repressivo da esercitare con l’inasprimento delle pene e l’intervento delle forze dell’ordine, vi sono aspetti altrettanto importanti e delicati da porre al centro dell’agenda socio-politica e culturale degli organi istituzionali ai vari livelli e della società civile in tutte le sue articolazioni, dalla famiglia al mondo dell’associazionismo. Innanzitutto è necessario restituire dignità e rispetto alla scuola operando con intransigenza per riaffermare valori e diritti civili, con saggezza ed equilibrio, senza scadere nel giustizialismo o cedendo a qualche istinto forcaiolo.

In secondo luogo è ormai tempo di procedere ad una profonda revisione dell’attuale modello di organizzazione gestionale della scuola-azienda che, attraverso l’introduzione della figura del dirigente al posto del tradizionale preside, come si era ampiamente previsto, ha generato un sistema squilibrato, percorso da continue tensioni e conflittualità sempre maggiori, in un clima di diffuso disagio che viene vissuto, il più delle volte, in silenzio da gran parte dei docenti. Infatti, dalle segnalazioni che ci giungono, sembra che sia ormai venuto meno quasi del tutto quel fronte comune, quella sorta di alleanza, che esisteva fra preside e docente, che lasciava quest’ultimo in posizione di sostanziale tranquillità, in quanto sicuro di sentirsi tutelato dal capo d’istituto.

Oggi, invece, sembra quasi che fra dirigenza e corpo docente si sia creata una frattura che si allarga sempre di più e viene percepita perfettamente, innanzitutto dagli studenti e, di conseguenza, anche dai genitori. Succede così che, per esempio, quando in ballo c’è la valutazione o le ordinarie dinamiche di gestione della quotidiana conflittualità interna alla classe, il primo bersaglio sono i docenti, che si ritrovano quasi sempre soli e indifesi di fronte alle manifestazioni di supponenza, prepotenza ed aggressività dei genitori. Stessa cosa sembra succedere, a parti invertite, per i dirigenti, nei confronti dei quali si scatenano le ire dei genitori che li individuano come coloro che hanno un potere assoluto e possono decidere su tutto a loro piacimento, per cui qualsiasi decisione assunta, dettata magari da valutazioni di fatto e di diritto, viene percepita come un provvedimento ingiusto e lesivo del diritto inviolabile del “caro figliolo”.

Insomma, sia docenti che dirigenti si ritrovano ad essere isolati e distanti, paradossalmente nella stessa condizione di vulnerabilità in cui devono, per dovere deontologico, mantenere un clima sereno in classe e nella scuola, tale da garantire il suo corretto funzionamento e il diritto all’istruzione ed educazione degli studenti. Dall’altro, si confrontano con genitori arroganti e prepotenti che prima si limitavano ad insultarli soltanto, adesso sono passati alle minacce e alle aggressioni fisiche con tutti i traumi e lo stress che ne consegue. Genitori che in moltissimi casi sono del tutto incapaci di gestire in modo appropriato il rapporto con i propri figli, trasformatisi, nel frattempo, in veri e propri “tiranni” di cui sono completamente succubi.

È chiaro, quindi, che vi sono due livelli di intervento, corrispondenti ad altrettante priorità. La prima è naturalmente quella che le autorità preposte agiscano con urgenza ed efficacia sull’intollerabile emergenza aggressioni, adottando ogni misura necessaria. Contemporaneamente come AND riteniamo più che mai opportuno richiamare e rivendicare la necessità di un cambiamento di paradigma dell’organizzazione scolastica. Appare infatti più che mai evidente il fatto che l’imbarbarimento dei rapporti è figlio del mutamento genetico imposto alla scuola, di quel perverso incesto scuola/burocrazia/management.

Due priorità per dare una risposta credibile all’inaudito attacco portato al mondo della scuola. Di fronte al quale il pensiero va all’espressione latina “mala tempora currunt”, che sembra esprimere un senso di rassegnato ma consapevole realismo, rispetto alla quale riteniamo, tuttavia, sia opportuno rispondere con i versi altrettanto famosi del grande poeta e cantautore tedesco del secondo dopoguerra Wolf Biermann: “In questo tempo duro non lasciamoci indurire / … Non lasciamoci amareggiare in questo tempo amaro”.

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