di Pio G. Sangiovanni.
Il sistema scolastico che si va configurando sembra delineare una figura professionale e giuridica del docente di tipo “impiegatizio”
Il sistema scolastico che si va configurando anche alla luce del nuovo contratto nazionale di lavoro sottoscritto lo scorso 18 gennaio, sembra delineare una figura professionale e giuridica del docente di tipo “impiegatizio” e non come un professionista della conoscenza, dell’educazione e della formazione alla vita delle nuove generazioni.
È quanto è emerso, non senza una certa preoccupazione dalle relazioni e dal successivo dibattito sviluppatosi nell’incontro seminariale organizzato dall’Associazione Nazionale Docenti il primo marzo presso la sala teatro dell’Istituto Comprensivo Spirito Santo di Cosenza. Quello che preoccupa, è l’introduzione del modello della dirigenza che di fatto ha cambiato i connotati della scuola, prodotto di quello che può essere considerato “l’abbaglio dell’autonomia scolastica”, interpretata in modo gerarchico e non democratico, in un sistema che vuole addormentare e ridurre al silenzio la collegialità, i suoi poteri e funzioni.
Nei dieci anni passati in attesa dell’approvazione del nuovo contratto, la legge è intervenuta a modificare aspetti decisivi della governance della scuola, che invece dovevano essere governati dal contratto. La conseguenza è che si assiste ad un clima di tensione e crescente conflittualità, la cui preoccupante dimensione ci viene dimostrata dai dati sul contenzioso che negli ultimi 20 anni è cresciuto del 300%.
A tale proposito un elemento che va evidenziato e manca nel contratto, è proprio una norma che regola il contenzioso, per cui ci si trova di fronte all’assurdo che il dirigente veste contemporaneamente il ruolo dell’accusa e del giudice, mentre è più che mai necessaria l’introduzione di un potere “terzo” che possa svolgere in piena autonomia e libertà tale delicatissimo compito.
Probabilmente anche a causa del clima di tensione e conflittualità che si vive quotidianamente, la scuola che nell’art. 32 del contratto è definita “comunità educante di dialogo, di ricerca, di esperienza sociale, improntata ai valori democratici e volta alla crescita della persona in tutte le sue dimensioni (…), in armonia con i princìpi sanciti dalla Costituzione e dalla Convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia, approvata dall’ONU il 20 novembre 1989”, è diventata una categoria debole, un luogo in cui non si discute più, dove le decisioni vengono assunte senza coinvolgere gli interessati, i docenti in primis.
Discussione e confronto civile e democratico che sono oggi più che mai necessari, per effettuare scelte che diano indicazioni e risposte, in termini di visione, su che tipo di scuola, società, paese e città vogliamo abitare.
Una prospettiva diversa e fortemente innovativa, quest’ultima, che conduce a quella idea di governance proposta dall’Associazione Nazionale Docenti: elettività degli organi di governo della scuola; riconoscimento della dignità professionale dei docenti; progressione di carriera per fasce funzionali non gerarchiche e retribuzioni in linea con quelle percepite dai colleghi dei Paesi d’oltralpe; libertà di insegnamento e autonomia professionale dei docenti garantite da un organismo tecnico rappresentativo, il Consiglio Superiore della Docenza, a cui sia attribuita ogni competenza in materia di stato giuridico, carriera e procedimenti disciplinari.