Analisi & Commenti

La deriva della scuola italiana, il coraggio di contestare

di Lucio Ficara

Un Paese che non ha rispetto per i suoi insegnanti è un Paese che non solo non ha un futuro, ma non ha nemmeno un presente. I docenti italiani sono la categoria del pubblico impiego, a parità di titolo di studio, con la più bassa retribuzione e il divario retributivo diventa ancora più grave se messo a confronto a quello dei docenti degli altri Paesi europei.

Esiste una evidente, quanto odiosa, delegittimazione della funzione e del ruolo docente. Per l’opinione pubblica i docenti sono quelli che lavorano solo 18 ore la settimana e stanno in vacanza per almeno tre mesi all’anno, una sorta di privilegiati che lavorano poco e quindi vengono pagati poco, ma anche troppo per il tipo di lavoro che svolgono. In questi ultimi decenni, ma in particolare nell’ultimo decennio, si è scatenata sulla scuola, e su tutti i docenti, un’azione politica neoliberista volta a disonorare la categoria degli insegnanti.

Ecco arrivare l’etichetta del docente fannullone di brunettiana memoria, il docente che ha troppi diritti e privilegi, ma pochi doveri e obblighi professionali, in buona sostanza una figura, quella dell’insegnante, da distruggere, demolire e ricostruire capovolgendo il paradigma dell’essere fannullone e anche poco utile alla società.

Per distruggere la figura di un docente egemone e privilegiato, si è creata una dirigenza scolastica forte, autonoma che andava a sostituire il classico Preside o Direttore didattico considerato come “primus inter pares”. Dalla fine degli anni ’90, ma molto più drasticamente nei primi decenni degli anni 2000, nasce e si prolifera la figura di un dirigente scolastico “virago”, nata per annientare l’idea di una docenza fannullona e poco incline al sacrificio del lavoro.

Nasce e si consolida un’autonomia scolastica che mette al centro della sua azione amministrativa il superuomo dannunziano ovvero un vero e proprio capo capace di accentrare sulla sua persona tutte le decisioni da prendere per il bene della scuola. Nasce il dirigente scolastico “guida e profeta” della scuola.

 

In buona sostanza con il nuovo millennio la scuola passa da un “primus inter pares” ad un “dux mea lux”, secondo una idea aristotelica volta a sostenere che per guidare una comunità servisse qualcuno che fosse realmente superiore agli altri componenti della comunità. Nasce il dirigente scolastico che si impone nella guida della scuola, scardinando, per quanto sia possibile, la democrazia interna delle scuole, creando divisione tra i docenti, generando l’idea verticistica e gerarchica della scuola.

Questo nuovo modello di scuola, sempre meno democratica e sempre più dirigentocentrica, ha annientato la categoria dei docenti sfruttando proprio gli stessi docenti. Docenti sfruttati, sfrattati e sfigati si potrebbe intitolare questo racconto antropologico del cambiamento del sistema scolastico nazionale.

Docenti sfruttati perché delegati a fare tutto, ma sottopagati, sfrattati perché non sono più centrali nella scuola, ma addirittura risultano marginali e hanno perso qualsiasi dignità professionale, sfigati perché lavorano tanto e il loro stipendio è mortificante.

Molti sono i docenti che hanno abdicato al loro ruolo e sono ormai, come avrebbe voluto la legge 107/2015 con gli ambiti e la chiamata diretta, dipendenti del loro capo e non più dello Stato. Il “dux mea lux” che induce, in uno scontro ormai noto e sotto gli occhi di tutti, alcuni docenti ad essere ostili e vessatori contro i loro colleghi. Ebbene nella scuola di oggi è stato sdoganato il concetto dell’”homo hominis lupus”, dove docenti dello Staff di direzione si scagliano contro i docenti che non osannano il capo.

Il nostro Paese merita un modello di scuola democratico, rispettoso della missione che gli ha assegnato la Costituzione, ma sicuramente anche gli stessi docenti dovrebbero avere il coraggio di contestare, in nome di quei principi costituzionali, la grave deriva impressa alla scuola italiana e i cui danni si riverberano sull’intero Paese.

 

 

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